Episodi di I grandi dell'antichità
01. Gaio Ottavio, da Ottaviano ad Augusto, l’uomo che trasformò Roma in un impero
La sala era popolata dal brusio dei senatori che si erano riuniti quando l’uomo si presentò a loro. Aveva un aspetto semplice ma allo stesso tempo affascinante. Non era molto alto e il fisico, pur ben proporzionato, era abbastanza minuto. Aveva un volto che emanava serenità e infondeva tranquillità. Estremamente carismatico, aveva gli occhi chiari così brillanti e luminosi, che spesso chi si trovava a parlare con lui abbassava la testa, credendo che quello sguardo fosse animato dal fuoco divino. Siamo nel Gennaio del 27 a.C. e Gaio Giulio Cesare Ottaviano si presenta in senato a Roma. Sono passati molti anni da quando ha preso le redini dell’eredità del padre adottivo, il prozio Giulio Cesare, ucciso in una congiura. Allora aveva solo diciannove anni, ora è un uomo. Da quel momento ha dato prova di essere non solo un abile stratega e uno statista ma anche di possedere un’intelligenza e una scaltrezza che si adattano perfettamente al clima dei suoi tempi. Dal 44 al 27 ha intrapreso una scalata al potere che lo ha portato a sconfiggere tutti i suoi avversari, spesso anche più vecchi di lui, come Marco Antonio, riuscendo abilmente ad acquisire il favore dell’esercito e del popolo, capovolgendo le sorti a suo favore. Il senato, per sconfiggere Antonio, gli ha conferito i pieni poteri, in seguito gli ha offerto la dittatura; ma Ottaviano, memore del passato e della tragica fine del prozio, sa che la strada da prendere è diversa. Restituisce i poteri al senato e rifiuta l’offerta di diventare dittatore. In cambio può costruire un potere tanto forte, saldo e duraturo, che nessuno prima di lui era mai riuscito ad ottenere. Il senato, per omaggiarlo, lo proclama Augusto che, con il significato di “il venerabile”, consegnerà le vicende del primo imperatore di Roma alla storia. Augusto rimarrà al potere per 40 anni, regalando all’Impero uno dei periodi di pace più lunghi della storia. Il suo modo di gestire il potere, senza stravolgere o cancellare le istituzioni repubblicane, tessendo sempre i fili della propaganda a suo favore, circondandosi di collaboratori fidati e intelligenti; le numerose riforme in tutti i campi della vita pubblica, dall’esercito, alla religione, passando per la giustizia e la cultura, trasformano Roma in capitale di un grande impero e i romani da guerrieri a cittadini. La sua è la storia di un uomo su cui, da giovanissimo, pochi avrebbero scommesso e che, invece, ha dato prova che l’intelligenza, la scaltrezza e la lungimiranza, sapendo usarle, sono l’arma più potente che qualcuno possa avere nelle proprie mani.
02. Dall’infanzia alla battaglia di Azio. L’ascesa al potere di Ottaviano dimostra che l’età, spesso, conta poco, l’importante è l’intelligenza e come si sceglie di usarla.
È il 23 Settembre del 63 a.C., siamo in una casa sul Palatino a Roma. Azia Balba Cesonia, figlia di Giulia, sorella di Giulio Cesare, dà alla luce un bambino a cui viene dato lo stesso nome del padre, Gaio Ottavio. Il padre, però, muore prematuramente lasciando il piccolo orfano a soli quattro anni. È in questo momento che subentra il prozio, Giulio Cesare, che decide di occuparsi della sua educazione e lo manda ad Apollonia, nell’odierna Albania, a studiare. Ed è proprio qui che il giovane, ormai diciannovenne, accampato con alcune legioni, riceve la notizia che stravolgerà la sua vita. È il 44 a.c., l’anno in cui Giulio Cesare muore assassinato. Il suo testamento viene aperto e, tra lo stupore generale, si scopre che il defunto dittatore ha adottato il pronipote e lo ha reso suo erede e successore. Ancora giovanissimo il futuro Augusto si trova a dover prendere una delle decisioni più importanti della sua vita. Tornare a Roma, da erede di Cesare, rischiando la vita, o mettersi al sicuro ma lasciare il potere di Roma nelle mani di altri. Sceglierà la prima strada, nonostante il parere contrario degli amici e della famiglia. Adotta il nome del padre adottivo, diventando Gaio Giulio Cesare Ottaviano, e torna a Roma. Qui subito si trova a dover fronteggiare una situazione tesa. La città è dilaniata e divisa. Molti lo vedono troppo giovane e lo sottovalutano, compreso Marco Antonio, fidato amico e luogotenente di Cesare, che si rifiuta di dargli l’eredità lasciatagli dal padre. Lo scontro fra i due sembra inevitabile, perché anche Marco Antonio si ritiene erede del potere di Cesare e non vuole mollare la presa. Ottaviano però è scaltro e sa che la priorità è sconfiggere una volta per tutte gli uccisori di Cesare, capeggiati da Bruto e Cassio, e sa che non può farlo da solo. Così, dopo alterne vicende, riesce a giungere ad un accordo con Marco Antonio, grazie anche all’intercessione del ricco Marco Emilio Lepido. I tre si incontrano a Modena dove formano quello che passerà alla storia come il “secondo triumvirato”. Il patto prevede per i tre la carica di console per 5 anni e la divisione dei territori da governare. Fatto questo, vanno incontro ai cesaricidi, rifugiatisi in Oriente. La resa dei conti avviene a Filippi, in Grecia; i cesaricidi vengono sconfitti e Bruto e Cassio muoiono, segnando il tramonto della Roma repubblicana com’era stata intesa fino a quel momento. A questo punto i tre triumviri si separano e con alcuni accordi, firmati nel 40 a Brindisi, i territori vengono ulteriormente divisi. Così, mentre a Lepido va l’Africa e Antonio va in Oriente, Ottaviano torna a Roma per governare l’Occidente. Questo equilibrio, però, non è destinato a durare molto. Antonio intraprende una relazione con la regina Cleopatra d’Egitto, che lo porterà a ripudiare la moglie, sorella di Ottaviano. Il tutto mentre Lepido, commentando un passo falso, decide di reclamare per sé la Sicilia. Ottaviano, a questo punto, si sbarazza di Lepido e lo estromette dal triumvirato, che diventa, quindi, un accordo solo tra Antonio e Ottaviano. Siamo arrivati al 32 a.C. e a Roma inizia a serpeggiare il timore che la relazione tra Antonio e Cleopatra possa far spostare troppo l’ago del potere verso oriente. Ottaviano capisce che quello è il momento giusto per sconfiggere il suo avversario. Con un’abile propaganda ottiene dal senato i pieni poteri, descrivendo Antonio come un uomo soggiogato e manipolato da Cleopatra, pronto a tradire la sua stessa patria. Viene dichiarata guerra e la resa dei conti avviene nel 31 a.C. ad Azio, in una celebre battaglia navale, che porterà alla sconfitta definitiva dei due amanti che finiranno per suicidarsi. Ottaviano a questo punto è l’unico al potere e ha l’appoggio incondizionato dell’esercito, ai cui veterani dona alcune colonie dell’impero.
03. Augusto divenne imperatore senza cancellare, almeno teoricamente, le istituzioni repubblicane. In questo modo ottenne un enorme potere, senza però correre i rischi che aveva corso Giulio Cesare
Eccoci tornati al Gennaio del 27 a.C. Ottaviano decide di restituire al senato i poteri conferitigli per la guerra contro Antonio e rinuncia a tutte le cariche speciali. In cambio ottiene per sé non solo il titolo di Augusto, ma un potere molto più sicuro di quanto il padre adottivo avesse avuto da dittatore. Quasi ogni anno riesce a farsi conferire la carica di console, tanto che nel 19 diventerà una carica a vita; viene nominato 21 volte “imperator”, ossia comandante in ambito militare; nel 12 diventa pontefice massimo, diventando capo anche in ambito religioso; ottiene il titolo di “Princeps”, ossia di primo fra i pari, e gli viene conferito il potere di condurre trattative, dichiarare guerra e stipulare trattati di pace; nel 23 gli viene conferita la carica di "tribunicia potestas a vita”, che gli garantisce l’inviolabilità, il diritto di veto su tutte le decisioni e l’intervento su ogni questione amministrativa. Ottiene, fra le altre cose, anche le cariche di censore e di legislatore; inoltre, controlla direttamente l’esercito e le province dove sono stanziate le legioni. Allo stesso tempo, però, è sempre attento a mostrarsi devoto alle istituzioni repubblicane che, almeno in teoria, non vengono cancellate e il popolo stesso non pensa di vivere in un impero ma in una repubblica. Per fare un esempio, le province vengono divise in senatorie ed imperiali e quelle senatorie sono rette e controllate dal senato. Probabilmente fu proprio questa la sua maggiore abilità, creare l’impero e diventare imperatore, senza che gli altri se ne rendessero del tutto conto e anzi ottenendo il loro aiuto e il loro benestare.
04. La pax romana e l’amministrazione augustea. Le riforme e la propaganda
Un uomo, ormai anziano, giaceva fra le braccia della moglie. Era estate e la calura si abbatteva sulla città di Nola, dove l’uomo si trovava. La vita stava per abbandonarlo e lui, sereno, salutava la consorte che lo aveva accompagnato per tanti anni. Quando ebbe esalato l’ultimo respiro, il suo corpo venne portato in processione fino a Roma. Augusto muore a Nola, in Campania, il 19 Agosto del 14 d.C. dopo più di 40 anni di regno, ultrasettantenne, fra le braccia della moglie Livia Drusilla, la donna che ha sposato più di 50 anni prima. Il suo corpo viene portato in processione a Roma, viene proclamato il lutto in tutto l’impero e lui viene divinizzato. Alcuni storici riportano che, poco prima di morire, pare abbia detto la famosa frase: "Ho trovato una città di mattoni e ho lasciato una città di marmo”. Ed effettivamente sembra essere proprio così. Roma, in quei lunghi anni, aveva goduto di una lunga pace, la “Pax romana”, interrotta solo sulle frontiere, dove era necessario mantenere i confini delle terre conquistate. Pur dovendo sempre stare attento al modo migliore per governare, e pur affrontando sfide e talvolta sconfitte difficilissime, riesce a gestire il potere in modo abile, facendosi assegnare le cariche sempre dal senato, in modo che non appaiano mai una sua iniziativa. Grazie a questo può riformare tutti i settori dello stato. Introduce leggi a sostegno della popolazione più povera, ad esempio con elargizioni di grano; fa in modo che vengano migliorate le comunicazioni all’interno dell’impero, istituendo un nuovo servizio postale, il “Cursus publicus”; da il via alle costruzioni di importantissime opere pubbliche come gli acquedotti. Ma, soprattutto, si sceglie i collaboratori migliori; fra cui i due suoi migliori amici, quelli che lo hanno seguito fin da giovane ad Apollonia, Gaio Cilnio Mecenate e Marco Vipsanio Agrippa. Mecenate sarà per lui un vero e proprio ministro della cultura, aiutandolo nella creazione di una corrente culturale a favore del suo messaggio propagandistico e di cui la massima espressione fu il cosiddetto “Circolo di Mecenate”, a cui aderirono poeti, letterati ed intellettuali come Virgilio e Orazio. Anche Agrippa fu un personaggio fondamentale e, in qualità di architetto, lo aiuterà a trasformare Roma con la creazione di templi, teatri, palazzi e luoghi splendenti come il Pantheon, uno dei monumenti, ancora oggi, più celebri della capitale. Infine, Augusto trasforma Roma non solo attraverso riforme specifiche, ma anche attraverso le arti e la cultura, intuendo che, per renderla davvero capitale del mondo, occorre innanzitutto rendere cittadini del mondo coloro che ci vivono. Per farlo attua una propaganda volta a promuovere il suo operato, restando però sempre ben accorto ad apparire come un pacificatore, devoto alle istituzioni, potente si, ma umile, quest’ultimo aspetto sottolineato dal fatto che vivrà, per tutta la vita, sempre nella stessa casa sul Palatino. Così facendo non solo ha cambiato radicalmente Roma, trasformandola in un impero che si estendeva su tre continenti diversi; ha anche dimostrato che nella vita, spesso, non hanno importanza né l'età né l’aspetto fisico, importante è l’intelligenza, come si sceglie di nutrirla, modellarla e metterla in opera.
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