Cucina ingannevole
Scopri come le false argomentazioni possono nascondersi dietro le tue scelte alimentari e come evitare di cadere in trappola
9min
Scopri come le false argomentazioni possono nascondersi dietro le tue scelte alimentari e come evitare di cadere in trappola
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Quando parliamo di alimentazione, di cibi, di diete, siamo tutti più o meno concordi nel dire che il fatto di mangiare non è di per sé qualcosa di giusto o di sbagliato, ma che dipende chiaramente da che cosa mangiamo e dal modo in cui curiamo la nostra dieta. Ecco, potremmo dire allora che la comunicazione è un po’ come l'alimentazione. Il dibattito non è di per sé qualcosa di buono o di cattivo, ma la bontà o meno dei nostri discorsi dipende dagli argomenti che scegliamo di utilizzare e dallo scopo che ci prefiggiamo. Se gli argomenti saranno equilibrati, il nostro scopo sarà quello di migliorare la salute del discorso, allora il dibattito sarà qualcosa di buono. Se invece il nostro obiettivo è solo quello di avvelenare l’avversario con argomenti putrescenti, allora il nostro dibattito sarà inevitabilmente cattivo. Ma a proposito di cattivi argomenti, lo sai quando in Europa si è iniziato a mangiare le patate? Oggi ti voglio raccontare una storia interessante, una storia che inizia sul principio dell’età moderna.
Come tutti sappiamo, le patate arrivano dall’America, che è stata scoperta nel 1492. Questo tubero dall’aspetto bitorzoluto arriva dunque nel vecchio mondo agli inizi del ‘500, ma non viene servito in tavola. Generazioni e generazioni di europei hanno preferito dare questo alimento in pasto ai maiali e per arrivare al piacere di godersi un bel piatto di patate bisognerà attendere il 1700, quando Federico II di Prussia scoprirà due fatti molto interessanti. Il primo non è dettato da amor di scienza, ma da un vizio che ha accompagnato gli uomini di ogni epoca: l’alcool. Si scopre infatti che le patate possono essere distillate, per ottenere quella che poi diventerà la vodka e che poteva essere data ai soldati al fronte per incoraggiarli nell’azione. E dal momento che possono essere distillate, si pensa che forse le patate potevano anche essere mangiate, e che magari nel freddo della Prussia sapevano resistere molto meglio dei cereali, che avrebbero potuto aiutare ad evitare le carestie. Da lì in poi sarà un tripudio di patate. Fritte, lesse, al forno, in purè, oggi le mangiamo in tutti i modi. Molto bene. Però non abbiamo chiarito una cosa importante, non abbiamo detto perché non si mangiavano le patate. E le ragioni sono molteplici, una di queste è che la pianta esterna è tossica e causa dei forti mal di pancia. Ma una ragione altrettanto importante per la quale le patate non facevano parte della dieta di noi europei oggi potrebbe farci sorridere. Questo tubero molto nutriente non veniva mangiato perché cresceva sottoterra. E dal momento che sottoterra ci stava il diavolo, la patata doveva senz’altro essere un frutto diabolico.
Da un punto di vista argomentativo, questa è una fallacia di appello alla superstizione. Si ritrova tutte le volte in cui una tesi - in questo caso “la patata è cattiva” - viene giustificata facendo appello a superstizioni popolari. Ancora oggi molti comportamenti e molti discorsi, specialmente in alcuni contesti meno istruiti, sono dettati dalla superstizione. Prova a pensare al gatto che attraversa la strada, a rompere gli specchi, ma anche a chi fonda le proprie scelte quotidiane su oroscopi e astrologia.
Ma quando al giorno d’oggi parliamo di alimentazione c’è un altro errore argomentativo, per certi versi molto simile, che commettiamo molto più di frequente. È la fallacia dell’appello alla natura. Consiste nell’affermare che qualcosa è più buono, più giusto e insomma preferibile semplicemente perché è più naturale, e spesso viene utilizzata per venderci dei prodotti che dal punto di vista nutrizionale o ambientale magari non sono poi così migliori di altri. Ma perché quando diciamo che un cibo è più buono perché è più naturale stiamo commettendo un errore? Beh, anzitutto perché dovremmo chiederci cosa intendiamo con “naturale” e chiederci se davvero l’uomo e le sue attività non facciano anch’esse parte della natura. Ci sono molti casi limite. Siamo tutti più o meno concordi nel dire che un bosco è qualcosa di naturale e un’automobile no, cosa ne pensiamo invece di cose come la cultura, la filosofia, la musica? Sono naturali o sono umane? In secondo luogo, se anche concordassimo nel dire che “naturale” è tutto ciò che non è manipolato in alcun modo dall’uomo, siamo poi così sicuri che questo naturale sia sempre migliore? In natura infatti si trovano un sacco di cose dannose, pensiamo alle malattie, ai terremoti, ai fenomeni di questo tipo. Mentre molte cose non naturali sono ritenute buone, per esempio le medicine che salvano la vita a milioni di persone ogni giorno.
La realtà insomma è molto più complessa di quanto non sembri. Come ci insegna, per rimanere sul tema, la storia di un altro grande protagonista cucine, forse la star indiscussa della cucina italiana: sua maestà il pomodoro. Se pensi che il pomodoro sia sempre stato così come oggi lo conosciamo ti sbvagli di grosso. Quando arriva dall’America, anch’esso agli inizi del 500, è molto più piccolo, di colore dorato e viene usato per scopi ornamentali perché risulta totalmente indigesto. È solo dopo una lunga selezione, dopo incroci genetici operati dall’uomo che acquista l’aspetto che oggi conosciamo. Quindi, quando sei tentato di cadere nell’appello alla natura pensa sempre al pomodoro. E visto che parliamo di pomodori, ciclicamente esce qualche articolo o qualche video che ci spiega come il pomodoro non è una verdura nonostante - a differenza di pere e fragole - lo si mangi in insalata. Sarebbe invece un frutto, perché è lo sviluppo del fiore della pianta. Ma insomma è un frutto o una verdura? Come si esce da questa amletica questione? Facile. Mostrando che si tratta semplicemente di un errore di comunicazione. Un esempio di quell’errore usatissimo nel dibattito quotidiano, che va sotto il nome di classificazione erronea. Piccola premessa: quando si opera una classificazione, è necessario che il gruppo cui si sta facendo riferimento, venga diviso in classi omogenee ed esaustive. Significa che non devono esserci classi che si sovrappongono tra loro e che non devono esserci elementi che rimangono fuori da queste classi. Un esempio perfetto di buona classificazione è la tavola periodica, dove gli elementi rientrano tutti in diverse classi, metalli, non metalli, gas nobili e via dicendo, e queste classi non si sovrappongono mai l’una con l’altra. Capita invece quando si parla di etnie, di religioni, di sessualità, di ricorrere a volte anche volutamente a classificazioni erronee con la volontà di escludere qualcuno dal discorso o di creare confusione nell'interlocutore. Quando diciamo che il pomodoro è una verdura ci stiamo infatti riferendo all’ambito alimentare in cui i vegetali vengono solitamente divisi in frutta (quella dolce che viene mangiata a fine pasto) e verdura (che solitamente viene usata come contorno). Ma quando diciamo che il pomodoro è un frutto in senso botanico, stiamo cambiando ambito perché botanicamente non esiste la verdura. Insomma, il pomodoro è sia un frutto, dal punto di vista botanico, che una verdura, dal punto di vista alimentare. E porsi la domanda sarebbe un po 'come chiedersi se i sudafricani sono abitanti dell'Africa e se sono invece persone dalla pelle bianca; e da quest’ultimo esempio possiamo capire come la classificazione erronea può avere conseguenze anche molto serie e pericolose. Bisogna in realtà fare una specifica quando discutiamo infatti alle volte siamo costretti a ricorrere a delle classificazioni non proprio corrette, il linguaggio infatti per sua propria struttura tende a generalizzare. Ma è importante esserne coscienti per non rischiare di essere raggirati e di cadere vittima di sofismi retorici.
Come abbiamo visto allora, la voce del serpente sussurra spesso anche alle nostre tavole. Se però è vero che siamo ciò che mangiamo, è importantissimo che la nostra alimentazione non sia dettata da cattive argomentazioni. Se pensi che le fallacie in ambito alimentare non siano poi così rischiose, nella prossima puntata ti parlerò di un ambito estremamente serio che riguarda tutte le nostre vite. Quello della politica. Spiegandoti alcuni sgambetti retorici che purtroppo vengono usati spessissimo anche in questo contesto. Alla prossima.