Retorica e politica
Come possiamo distinguere la logica dalla manipolazione nei discorsi dei politici?
12min
Come possiamo distinguere la logica dalla manipolazione nei discorsi dei politici?
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Lo sviluppo dell’arte retorica è strettamente legato a quello della politica e in particolare alla nascita della democrazia. Perché in un contesto in cui i rappresentanti devono essere eletti diventa fondamentale saper convincere quanti più elettori possibile della bontà delle proprie proposte e quindi sviluppare una certa capacità oratoria.
Pensate all’Atene periclea, o meglio ancora alla repubblica romana dove Cicerone e gli altri senatori si sfidavano a colpi di discorsi in Senato. Ecco, chiaramente lì dove è più diffusa la retorica è anche più facile che faccia capolino la sofistica, ovvero la facoltà di persuadere a volte anche utilizzando argomenti non del tutto validi ma ugualmente convincenti. Non ci stupisce d’altra parte che la voce del serpente come noi l’abbiamo chiamata si faccia sentire di più nell’agone politico perché ancora oggi i talk show in prima serata o i dibattiti tra esponenti dei partiti sono spessissimo un coacervo di fallacie logiche.
Oggi allora andiamo a sviscerare qualche sgambetto comunicativo raccontando una storia che ha anche fare con la politica. E se abbiamo appena parlato di democrazia antica, ora vi voglio portare a quella che è la prima e senza dubbio la più importante tra le democrazie contemporanee. Chiaramente sto parlando di quella americana.
Siamo nel 2008. Gli statunitensi arrivano da 8 anni di amministrazione Bush. Anni in cui succedono almeno 3 fatti disastrosi. Il primo accade la mattina dell’11 settembre 2001, quando gli aerei dirottati dai terroristi di al-Qaeda si schiantano contro il WTC e contro altri palazzi governativi segnando un punto di non ritorno nella storia dell’Occidente. Il secondo fatto è una diretta conseguenza del primo ed è lo scoppio della guerra in Afghanistan, e poi nel 2003 anche del conflitto in Iraq. La terza è la grossissima crisi immobiliare che si apre nel 2006 e che investirà di lì a poco anche la vecchia Europa e il nostro Paese. Insomma, nel 2008 gli americani sono avvolti dalla guerra, dalla paura dello straniewro, e dalla minaccia della povertà. Ma in quell’anno è tempo di elezioni. Lo sfidante per il partito Repubblicano è un vecchio capitano dell’aviazione, il senatore John McCain, le primarie del partito Democratico invece sono vinte da un senatore dell’Illinois piuttosto giovane, non particolarmente famoso e dalla pelle nera. Una caratteristica non proprio favorevole per chi voglia fare politica in un paese dove il problema del razzismo è ancora così diffuso. Ovviamente oggi tutti noi ci ricordiamo il nome di quel senatore, Barack Obama, e possiamo anche dire che Obama seppe vincere quelle elezioni per due ragioni. La prima fu certamente la capacità di dare ai suoi connazionali una prospettiva nuova di speranza verso il futuro e di rinascita. Ma la seconda è a parer mio ancora più importante, fu la sua grandissima capacità di comunicare e di parlare alle persone. Già dalla presentazione delle locandine elettorali la differenza tra i due candidati è notevole. McCain ha il proprio nome in bianco su uno sfondo blu, la cosa più banale che si possa immaginare. Obama invece ha un ritratto, modificato in stile pop art, con i colori della bandiera americana, lo sguardo è rivolto verso l’orizzonte e anziché il proprio nome, porta una scritta, divenuta anch’essa iconica: yes, we can.
Non vogliamo qui entrare nel merito della carriera politica di Obama, né fare un’apologia in suo onore, anzi vogliamo mostrare come anche un politico di tale fama, su cui il giudizio generalmente è positivo, non sia esente da errori di cattiva argomentazione. Partiamo.
Come si può facilmente immaginare, parte di quella campagna elettorale si gioca proprio sul tema della crisi immobiliare. E c’è uno spot intitolato Seven in cui il partito Democratico attacca il proprio avversario proprio su questo tema. viene presa una frase del senatore McCain, il quale dice che i fondamenti dell’economia americana sono forti e la si affianca a un video in cui Obama come gli americani fatichino invece a pagare il mutuo, facendo capire con ciò che l’economia americana non sta andando così bene come sostiene il partito repubblicano. Se il ragionamento vi sembra filare, sappiate invece che nasconde non una ma due fallacie argomentative, non così semplici da individuare ma che avvelenano moltissimi dei nostri dibattiti politici e non solo. La prima è la fallacia del contesto assente. Usatissima ad esempio da molti giornalisti. Consiste nel prendere una frase, un’affermazione, un argomento ed estrapolarlo totalmente dal contesto di origine in modo che risulti più facilmente attaccabile, che il suo significato possa essere in questo modo reinterpretato alla luce di un contesto del tutto nuovo. Che cosa significa? Beh, significa che … Certo, sappiamo che McCain ha detto che i fondamenti dell’economia americana sono forti, ma non sappiamo in che occasione l’abbia detto! E quali argomentazioni siano seguite a tale affermazione. Perché per quanto ne sappiamo, McCain avrebbe potuto trovarsi nel pieno di una lezione di storia e stare parlando di un'epoca diversa dalla presente, insomma quando prendiamo una frase dell'interlocutore, dovremmo sempre riferirci al contesto in cui viene utilizzata. Ma lo sgambetto argomentativo più subdolo è forse il secondo, cosiddetta fallacia dello straw man argument, o in italiano dell’argomento fantoccio. La metafora è già di per sé abbastanza esplicativa, si cade nello straw man argument tutte quelle volte in cui la tesi dell’avversario viene furbescamente sostituita con un’altra tesi molto simile, che possa essere confusa con la tesi originale da chi sta ascoltando, ma in fin dei conti diversa e decisamente più facile da attaccare. Insomma, sarà capitato a tutti che le nostre parole vengano reinterpretate e modificate a piacimento dall’avversario per poi essere attaccate e se questo atteggiamento ci dà un estremo fastidio, dovremmo allora fare attenzione a non usarlo noi stessi per primi.
Per capirci meglio, guardiamo all’esempio in questione più da vicino. Nello spot del partito democratico, come detto, Obama contraddice l’avversario mostrando come l’economia americana non vada affatto a gonfie vele e che molte persone fatichino a pagare il mutuo. Però a guardar bene, McCain non ha mai affermato il contrario. Dire infatti che i fondamenti dell’economia americana sono solidi non va in contraddizione con il dire che ci sia una crisi economica.Il discorso completo avrebbe potuto essere un qualcosa del tipo “la crisi imperversa in tutta l’America e molti cittadini non riescono a pagare il mutuo, ma i fondamenti della nostra economia sono solidi e con uno sforzo comune potremmo risollevarci." Ecco, confesso che non sono andato a cercare il discorso originale per vedere che cosa effettivamente intendesse dire il senatore repubblicano, ma ciò che qui ci importa è che in quello spot di interpretazione delle parole di McCain è priva di contesto e del tutto arbitraria.
Ora, la mia intenzione non è certo quella di demolire la campagna di Obama che ho preso come esempio proprio perché le sue doti di comunicatore sono riconosciute anche dagli avversari. Ciò che però intendo dire è che il dibattito politico è pieno di questo tipo di ostacoli e che sta a noi imparare a riconoscerli, non soltanto nei nostri avversari ma forse soprattutto e prima di tutto nei politici che consideriamo più affini alle nostre idee. In ogni caso, per rispetto della par condicio, ci tengo a mostrare anche una fallacia utilizzata da McCain, e prendiamo per questo un altro spot pubblicitario di quell’incredibile campagna elettorale, questa volta del partito repubblicano, che non si apre con le parole di McCain, ma con questa registrazione.
[Registrazione]
Gli appassionati di storia avranno sicuramente riconosciuto la voce di Winston Churchill, il primo ministro inglese considerato soprattutto in ambiente conservatore un eroe della democrazia e della libertà. Uno dei grandi nomi del passato da cui prendere ispirazione. e in quel video la voce di Churchill non è la sola, c’è anche quella di theodore Roosevelt, uno dei 4 presidenti USA scolpiti sul Monte Rushmore. E poi ovviamente intervallata da questi due, c’è la voce di John McCain. Ora questa strategia retorica che punta al cuore degli americani più patriottici, sfrutta un meccanismo che è quello dell’appello alla tradizione e dell’appello all’autorità. McCain si richiama ai grandi nomi della tradizione democratica per mostrare come egli stesso faccia parte di quella tradizione. Però, si badi, senza argomentare per quale ragione egli dovrebbe esserne considerato parte. Ecco. Tutte le volte che nei discorsi politici le uniche argomentazioni che sentiamo sono gli appelli ai padri della patria o le origini nobili degli ideali, dovremmo alzare le orecchie perché stiamo assistendo a una fallacia di appello alla tradizione.
Mi fermo qui perché il nostro tempo è quasi finito ma evidentemente si potrebbe andare avanti delle ore a svelare tutti i modi con cui la voce del serpente si intrufola nei dibattiti politici. Chiaro è che bisogna fare una specifica. Come abbiamo detto all’inizio, infatti la politica è in buona parte un gioco di oratoria, e dunque l’utilizzo di certe figure retoriche fa parte del gioco e non dovremmo aspettarci che i politici smettano di utilizzarle. Ciò che possiamo fare invece è addestrare il nostro intelletto a riconoscerle e a non cascarci ricercando sempre quella che è la logica dietro a ogni posizione espressa. In questo modo potremo migliorare di molto il livello del nostro dibattito politico ed evitare di inquinarlo con sofisticherie, giochi sporchi e complottismi vari. Ah, a proposito di complottismi, nella prossima puntata parleremo proprio di questo, dei terrappiattisti e di quali sono i principali errori comunicativi che si celano dietro alle più famose teorie cospirazioniste. Mi raccomando quindi, ci riascoltiamo presto.