Non dimentichiamo quella che è la funzione principale dell’attenzione. Ribadiamola: selezionare stimoli, che siano esterni o interni.
Immaginiamo di essere a una festa. Affollata. Una bella festa… c’è anche il dj set va! Così non manca niente.
Proviamo a chiacchierare con i nostri amici e, seppur con difficoltà e urlando un po’ per farci sentire, riusciamo a decidere di andare tutti insieme a prendere qualcosa all’angolo bar.
Ora, se fossimo scienziati, vedendo la scena, ci domanderemmo: com’è possibile che quei tizi siano riusciti ad ascoltarsi a vicenda con tutto questo rumore assordante attorno?
La risposta ovvia sarebbe: beh, perché hanno urlato!
Ma noi siamo scienziati, e non ci fermiamo mai all’ovvio!
Il fatto che abbiamo urlato è una risposta parziale. Siamo riusciti a comunicare grazie soprattutto alla nostra attenzione. Questa situazione è stata realmente studiata negli anni 50’, dallo scienziato cognitivo Edward Cherry; gli ha dato anche un nome: “Cocktail Party Effect”, ossia un fenomeno in cui il cervello focalizza l’attenzione su un singolo stimolo in particolare, escludendo un vasto range di altri stimoli dall’elaborazione cosciente, esattamente come succede in una festa affollata e con la musica al massimo mentre proviamo ad ascoltare cosa dicono i nostri amici.
Nella quarta lezione abbiamo visto che esistono un’attenzione volontaria, una automatica e un sistema supervisore.
Ma per avere un quadro completo, c’è da aggiungere anche un’altra suddivisione. E per farlo, non possiamo non menzionare Donald Broadbent, uno dei più importanti psicologi sperimentali del secolo scorso.
Donald ha formulato per primo un modello chiamato “filter model”: durante le sue ricerche è venuto fuori che la maggior parte dei partecipanti ricordava con precisione le informazioni a cui prestavano attivamente attenzione. Ciò ha portato Broadbent a concludere che doveva esserci un meccanismo di "filtraggio" nel cervello capace di bloccare le informazioni non selezionate.
Questo è fondamentale perché, come ripeto spesso nei miei video e percorsi, la cosa importante per riuscire ad acquisire un buon focus non è tanto l’essere in grado di rimanere su un singolo stimolo, quanto l’essere bravi a filtrare fuori tutti quelli che non ci interessano.
Ricordate? Trasformare le feci in diamanti.
Da qui, nasce la formulazione di altre due tipologie di attenzione: quella selettiva e quella sostenuta. Tra l’altro, questa seconda, è gemella del concetto di vigilanza di Mackworth. Capirete perché continuando l’ascolto.
Integrandole nella suddivisione che abbiamo visto prima con Norman e Shallice, potremmo dire che quella selettiva può essere messa in pratica sia volontariamente che automaticamente, mentre quella sostenuta parte come volontaria, ma può diventare automatica. Vediamo in che modo con degli esempi.
L'attenzione selettiva può essere volontaria quando scegliamo consapevolmente di ascoltare una conversazione in un ambiente rumoroso. L’abbiamo visto, è l’effetto Cocktail Party, ma può essere anche automatica nel momento in cui il nostro cervello rileva spontaneamente il nostro nome in mezzo a tante voci; la selezione c’è stata, ma involontariamente.
L'attenzione sostenuta la utilizziamo come strumento per rimanere focalizzati su uno stimolo per un periodo di tempo prolungato ma, generalmente, è uno stimolo che non richiede un lavoro cognitivo di grande intensità. Immaginiamo di essere un vigile urbano che deve controllare il traffico per ore, senza perdere di vista le macchine. È certamente un compito delicato, ma dopo un po’ diventerà estremamente ripetitivo; quindi all’inizio l’attenzione sostenuta sarà volontaria, per poi sfumare pian piano in modalità automatica.
In pratica è come la vigilanza di Macworth, solo che lui è arrivato prima e gli ha dato un nome più creativo.
Qui c’è da fermarsi un secondo per compiere una distinzione importante: per quanto possano sembrare simili, c’è da separare l’attenzione sostenuta dalla concentrazione.
L’attenzione sostenuta è importante nella fase iniziale di un task che richiede focus, ma come abbiamo visto per il vigile urbano, se il compito è monotono e ripetitivo, quell’attenzione rimarrà sostenuta, senza trasformarsi in nient’altro.
La concentrazione, invece, si manifesta nel momento in cui c’immergiamo completamente in un compito, tendenzialmente complesso, bloccando automaticamente tutte le interferenze. Pensiamo a quando studiamo intensamente, che sia per diletto o per un esame, ignorando tutto ciò che ci circonda. È come puntare un raggio laser che si fa sempre più caldo, su un punto specifico.
Quindi, l'attenzione sostenuta è mantenere il focus per tanto tempo, mentre la concentrazione è focalizzarsi profondamente su una cosa precisa. Solita differenza tra quantità e qualità.
Sottile, ma importante distinzione.
Diventa man mano più chiaro il percorso da fare per arrivare a uno stato di focus intensivo.
Tutto parte dall’attenzione selettiva, che seleziona ciò su cui vogliamo investire risorse cognitive. Poi la palla passa a quella sostenuta, che mantiene il mirino su quell’attività per un tot di tempo. Dopodiché, sulla base di quanto diventa intensa quell’attività, si va ad attivare la concentrazione, quella facoltà mentale che ci permette di focalizzarci attivamente su un compito.
Ora il punto è: come si rimane concentrati per più tempo?!
Diciamo che, in gran parte, le risposte a questa domanda le abbiamo viste nelle scorse lezioni: una buona salute del sonno, un buon bilanciamento tra attività e pause, un ambiente che favorisca la concentrazione, sono tutte cose essenziali, senza le quali è davvero difficile riuscire a raggiungere un buon livello di performance.
Per cui, queste sono le prime cose da mettere a posto.
Ci sono poi dei trucchetti che possiamo imparare, per rendere le nostre sessioni di focus più efficaci. E questi trucchetti non sono altro che metodi.
Apprendere dei metodi è la strategia più efficace per sistematizzare e serrare un processo, in modo da affinarlo man mano, rendendolo sempre più nostro.
Come al solito, la parte più difficile è cominciare: spostare un pesante oggetto immobile è complicatissimo, ma diventa più facile nel momento in cui inizia a smuoversi un po’.
All’inizio, parte delle nostre risorse le utilizzeremo per creare una condizione favorevole al focus, ma andando avanti, il processo diventerà sempre più automatico; ce l’hanno insegnato le varie attenzioni nel corso di questo viaggio. È così che funzioniamo.
Per cui, condividiamo qualche tecnica e metodo per stimolare la concentrazione.
Partiamo dal più conosciuto: la tecnica del Pomodoro. Questa tecnica consiste nel lavorare intensamente per 25 minuti, seguiti da una breve pausa di 5. Dopo quattro sessioni di lavoro (chiamate "pomodori"), si fa una pausa più lunga di 15-30 minuti. Questo metodo sfrutta il ciclo naturale di attenzione e riposo del nostro cervello, migliorando la produttività e riducendo l'affaticamento mentale.
Nel percorso completo, vediamo delle varianti molto interessanti di questa tecnica, che possono essere molto più efficaci. Ma qui abbiamo poco spazio, quindi proseguiamo con la successiva.
La chiamo “La Tecnica dei 5”. Ogni sera, scriviamo una lista delle 5 cose più importanti che dobbiamo fare durante la giornata successiva. Dopodiché, concentriamoci solo su una di queste alla volta e cerchiamo di non passare alla successiva finché non abbiamo completato quella in corso. Questa tecnica aiuta a segmentare la nostra giornata, mantenendo il focus sulle attività più importanti senza farci distrarre da compiti meno rilevanti.
Anche qui, nel percorso c’è una versione estremamente potenziata di questa tecnica,
Infine, un must have: la mindfulness. È la tecnica delle tecniche, perché allena il muscolo dell’attenzione, utilizzando l’attenzione in sé. Una vera e propria palestra.
Praticare la mindfulness regolarmente aiuta a ridurre il mind wandering e a migliorare la capacità di rimanere concentrati su un compito specifico.
Ma ora arriviamo al bello. Abbiamo analizzato l’attenzione, vedendone le varie componenti; siamo andati più in profondità nella concentrazione, vedendone delle caratteristiche fondamentali. Abbiamo dato qualche trucchetto per mantenere fresche queste facoltà mentali.
Adesso, capiamo qual è lo stadio successivo: nella prossima lezione, andiamo alla scoperta dello stato di flow.