Oggi finalmente analizziamo forse il concetto più affascinante quando si parla di focus: lo stato di flow. In questa lezione, lo esploreremo a fondo, per cercare di avere un quadro che sia il più completo possibile… per quanto riusciamo in 10 minuti ovviamente.
Ma bando alle bande e iniziamo!
Il flow è uno stato mentale in cui siamo completamente immersi in un'attività, al punto che tutto il resto scompare. Quando siamo in flow, il tempo vola, le nostre performance migliorano e sperimentiamo un senso di gratificazione e benessere. È quella sensazione di essere 'in the zone' e di operare al massimo delle proprie capacità senza sforzo apparente.
Degli esempi comunemente utilizzati per descrivere questo stato sono quello dell’atleta, quando è talmente concentrato nella sua performance che non percepisce il pubblico intorno a sé, o quello dell’artista, che perde la cognizione del tempo mentre dipinge.
Non per niente, il flow è spesso associato a un alto livello di creatività e produttività.
Ma facciamo un passo indietro. Il concetto di flow è stato teorizzato dallo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi negli anni '70. Csikszentmihalyi è sempre stato interessato a capire cosa rende le persone veramente felici e soddisfatte. Attraverso i suoi studi, ha scoperto che le persone descrivevano uno stato di euforia e soddisfazione durante le attività che richiedevano un alto livello di sfida e competenza.
Csikszentmihalyi ha condotto interviste con individui di vari settori, dai musicisti agli atleti, dagli artisti agli scienziati. Ha scoperto che indipendentemente dal campo, le persone sperimentano lo stesso stato di immersione totale e soddisfazione quando le loro abilità vengono messe alla prova in modo significativo. Questo stato è stato poi battezzato “Flow”, ed è diventato incredibilmente famoso negli ambiti della psicologia e della produttività.
Dal punto di vista psicologico, numerosi studi hanno confermato l'importanza del flow per il benessere e la performance. Uno studio condotto dallo stesso Csikszentmihalyi ha dimostrato che le persone che sperimentano frequentemente il flow tendono a essere più felici e soddisfatte della loro vita. Questo perché il flow è associato a un senso di realizzazione e di crescita personale.
È stato anche esaminato nei contesti lavorativi, e ne è uscito fuori che i lavoratori che sperimentano il flow sono più produttivi e trovano più soddisfazione in ciò che fanno. C’è anche un’associazione alla riduzione dello stress e a un miglioramento del benessere generale.
A livello neuroscientifico invece? Il flow è stato studiato utilizzando tecniche come la risonanza magnetica funzionale (l’fMRI) e l'elettroencefalogramma (l’EEG). Diversi studi hanno rivelato che lo stato di flow è associato a cambiamenti specifici nell'attività cerebrale.
I cervelli in stato di flow mostrano una riduzione dell'attività nella corteccia prefrontale dorsolaterale, un'area del cervello coinvolta nel controllo cognitivo e nell'auto-consapevolezza. Questa riduzione dell'attività potrebbe spiegare perché le persone in flow sperimentano una diminuzione dell'autocritica e una maggiore immersione nell'attività.
In pratica zittiamo la vocina interiore che ci mette costantemente in dubbio.
In un altro esperimento è stato rilevato un aumento delle onde alfa, che sono associate a uno stato di rilassamento e attenzione focalizzata. Questo suggerisce che il flow è caratterizzato da un equilibrio tra eccitazione e rilassamento, che permette alle persone di mantenere un'attenzione sostenuta senza sentirsi stressate. È praticamente la versione premium della concentrazione.
Insomma, a livello psicologico e cerebrale, questo stato mentale fa veramente miracoli. Ed è esso stesso un miracolo.
Ora che abbiamo una comprensione migliore di cosa sia il flow e di come funziona, la domanda è: come possiamo predisporci per raggiungere questo stato più facilmente?
La prima cosa che suggerisco, è familiarizzare con questo stato. Tutti almeno una volta l’abbiamo sperimentato. Il punto è che, una volta usciti, non sappiamo più come rientrarci consapevolemente.
Ed è normale, perché è difficile. Però è importante studiarsi nel momento in cui si vive: cerchiamo di analizzarlo, di comprenderlo, di osservarci prima, durante e dopo averlo sperimentato, in modo tale da riuscire a riconoscerlo più facilmente e, allo stesso tempo, di attivarlo con più facilità.
Oltre a questo, ci sono dei piccoli step da tenere a mente per favorire il processo.
Prima di tutto, stabiliamo degli obiettivi chiari. Per riprendere l’esempio del libro, se dobbiamo studiarne uno, è essenziale avere un’approssimazione delle attività che ci aspettano, una pianificazione di un qualche tipo. Avere un'organizzazione, soprattutto se si tratta di task complessi, ci permette di pensare meno alla quantità di lavoro da fare, e di conservare le energie per fare concretamente quel lavoro.
Questo ci dà una direzione e ci permette anche di misurare i progressi.
Monitorare i progressi è una parte chiave, perché ricevere feedback immediati ci aiuta a correggere il corso delle nostre azioni e a mantenere impegno nell'attività grazie a delle ricompense costanti.
In più, so che non è possibile per tutti, ma è importantissimo scegliere attività che ci piace fare! Il flow è più facile da raggiungere quando siamo impegnati in task che ci attirano e che troviamo significative per qualche motivo.
Se la maggior parte del tempo facciamo un lavoro che non ci appaga, allora cerchiamo di integrare attività che ci soddisfano nella routine.
Ripeto: so che non è facile, ma è importante rimboccarsi le maniche per integrare il più possibile lo stato di flow nella nostra quotidianità dato che, come abbiamo visto, ne va anche del nostro benessere mentale.
Poi, ripetiamolo che non fa mai male: ambiente favorevole al focus! Cerchiamo di costruire un ecosistema che minimizzi il più possibile le interferenze esterne: questo potrebbe significare spegnere le notifiche del telefono, trovare un luogo tranquillo dove lavorare, o utilizzare strumenti che bloccano i siti web distraenti.
Di nuovo ancora: pause! Alterniamo a stati di flow delle belle pause corpose. Durante i momenti di flusso, è difficile accorgerci delle energie cognitive che spendiamo dato che lo sforzo percepito è minimo. Quindi, dopo aver sperimentato questo stato mentale, è ancora più importante riposarsi, altrimenti, senza accorgercene, potremmo ritrovarci con le energie a 0.
Con questi accorgimenti possiamo diventare sempre più bravi a gestire i momenti di concentrazione, aumentando le possibilità che quel focus si trasformi pian piano e sempre più spesso in flow.
È un processo, non avverrà tutto improvvisamente. Va ristabilito prima di tutto un contatto con queste facoltà, poi vanno sperimentate, tanto, prima di riuscire a sentirle familiari.
Dopo diventerà più facile potenziarle, ma è importante avere, oltre che focus, anche pazienza.