Cos’è il focus? Come si è mossa la scienza nel corso del tempo per studiare questa dinamica mentale? L’attenzione è una proprietà unica o è composta da più pezzi?
Questo campo di studi viene indagato da secoli.
Già nell'antichità, filosofi come Aristotele riflettevano su cosa significhi "prestare attenzione". Aristotele, che ha studiato pressoché qualsiasi cosa, riconosce l'importanza dell'attenzione nei vari processi di percezione del mondo. Nel medioevo poi, teologi e filosofi, tra cui Sant'Agostino e Tommaso d'Aquino, parlavano di attenzione in termini di focalizzazione della mente e della coscienza.
Oggi non sappiamo né cos’è la mente né la coscienza, ma con l'età moderna e l'avanzamento delle scienze, in particolare dopo il Rinascimento, l'interesse per l'attenzione come oggetto di studio scientifico è cresciuto tanto. Il termine "attenzione" inizia a comparire con maggior frequenza in sempre più trattati.
Ma il vero sviluppo di questa branca scientifica inizia nel XIX secolo con la nascita della psicologia sperimentale. William James, uno dei padri della psicologia moderna, ha trattato ampiamente l'attenzione nel suo lavoro "Principi di Psicologia" del 1890.
La sua descrizione del focus è forse quella più concisa e completa. “Questo processo”, dice, ”consiste nella presa di coscienza da parte della mente, in forma chiara e vivida, di uno dei tanti oggetti o pensieri presenti simultaneamente”.
Pensate che già James ha compreso subito l’importanza di questa facoltà. Ai tempi, ha elaborato l’idea di un training attentivo per bambini, proponendo quest’idea come un sistema di “educazione per eccellenza”.
Poi sono nate nuove branche, come quella delle nostre amate neuroscienze, e la qualità della ricerca è andata crescendo in maniera esponenziale. Ora sappiamo molto di più rispetto alla nostra mente in generale, quindi anche rispetto a tutte queste abilità mentali, e possiamo provare sbirciare parecchio a fondo all’interno del nostro cranio, guardando il cervello più da vicino.
La scienza del focus e dell'attenzione è intrinsecamente legata allo studio delle funzioni cognitive e al loro impatto sulla produttività, l'apprendimento, e il benessere psicologico. La ricerca indaga vari aspetti che coinvolgono anche problematiche relative, come il famoso Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD).
L’interesse per il focus come facoltà mentale può essere individuato fino all'antichità, l’abbiamo visto, ma la sua esplorazione scientifica è relativamente recente. Per cui, anche se in questo viaggio proviamo a racchiudere tutto ciò che c’è lì fuori riguardo l’attenzione, dobbiamo comunque fare i conti con il fatto che anche il più esperto del tema è in realtà un novellino.
Bisogna studiare con una mentalità che sia il più possibile aperta, perché l’argomento è fresco, ed è necessario affrontarlo con flessibilità per apprendere tutto al meglio, per favorire il legame tra i vari concetti e, soprattutto, per mettere in pratica in maniera più efficace possibile ciò che andiamo a imparare.
Perché si parte dalla scienza, ma per chiudere il cerchio serve poi espandere il tutto alla quotidianità. Cercare di applicare nozioni e teorie, per riuscire a migliorare il nostro benessere mentale e il nostro comportamento: questo è l’obiettivo.
Poi certo, nulla contro chi è solo curioso e vuole apprendere cose nuove. Ma non provare a mettere in pratica, tra l’altro delle conoscenze che hanno già in sé l’aspetto pratico, è come mangiare un Fonzies senza leccarsi le dita. Passato il concetto?
Ora, ai tempi di Aristotele, la realtà era totalmente diversa da quella attuale. Lui e i suoi colleghi filosofi, studiavano una mente immersa in un contesto che aveva molto poco in comune con quello moderno, quindi possiamo dire che anche ciò che studiavano era completamente diverso da ora. La mente sotto il microscopio di Aristotele è diversa dalla mente sotto il microscopio di William James, che è ancora diversa dalla mente che è sotto il nostro microscopio.
Un antico greco, un notaio medievale o uno scienziato post industriale, avevano più o meno gli stessi passatempi. Quelli più ricorrenti erano limitati in un sistema che però favoriva il benessere mentale. I libri, ad esempio, sono sempre stati interpretati come lo svago mentale per eccellenza e chi addirittura ci lavorava, come scienziati e studiosi, veniva ritenuto (e si riteneva) estremamente fortunato.
Perché leggere allena la mente, affina la memoria, favorisce la formazione di nuove idee, di nuovi pensieri, punti di vista, chiavi di lettura sul mondo e potenzia anche l’abilità di mantenere l’attenzione focalizzata su un singolo stimolo. Poi Aristotele è probabile che leggesse non in un appartamento al 5° piano col rumore di automobili che bussano e martelli pneumatici che battono, ma sotto l’ombra di un accogliente albero dove l’unica distrazione, se gli andava male, era il cinguettio di un uccellino.
Oggi, l’essere umano medio, passa circa 6 ore al giorno davanti a degli schermi, e interagisce con i propri dispositivi mobili una media di 3000 volte, sempre al giorno. Tirate voi le somme.
Sono due contesti completamente diversi. Potremmo dire che prima il focus aveva terreno molto più fertile.
Però c’è da fare attenzione , appunto, perché i bias sono sempre dietro l’angolo. Sicuramente abbiamo un sacco di distorsioni rispetto al passato. Lo vediamo come periodo idilliaco, in cui si era spensierati, senza troppi problemi. Come fosse un sogno. Esiste proprio un tipo di nostalgia, chiamata nostalgia storica, che identifica quella sensazione di rimpianto verso un passato che non abbiamo mai vissuto.
Questo accade perché la nostra visione del “prima” viene costruita da storie impacchettate, che ci vengono consegnate sotto forma di film, serie TV o libri, tutti con la classica struttura a lieto fine.
Ma basta pensare a tutte le cose atroci che sono successe e subito ringraziamo il cielo che il nostro culo sia poggiato su un morbido e accogliente divano.
Tuttavia, non possiamo non riconoscere che il mondo di prima ha una struttura che, almeno per quanto riguarda la cura e l’esercizio di abilità mentali come il focus, è sicuramente più funzionale e, in una certa misura, sana.
Certo, dobbiamo assolutamente evitare di utilizzare questo confronto come scusante per deresponsabilizzarci e arrenderci alla distrazione, perché sarebbe una mossa totalmente inutile e distruttiva.
Anche nel mondo moderno abbiamo tutte le potenzialità per sfruttare la nostra mente e per fare focus. Solo che siamo in una situazione che ci dà l'illusione che sia praticamente impossibile.
Per questo, nella prossima lezione, cerchiamo di capire perché, nell’era moderna, concentrarsi è diventato così difficile.
Perché mantenere il focus su un singolo stimolo per un tempo prolungato è diventata una cosa che viene vista quasi come magia?
Non provate ad anticipare la risposta, perché non c’entrano solo i social o i rumori della città. La questione è intrecciata… complessa.
Scendiamo.