
L'Antifragilità
Come l'antifragilità ci rende più felici
13min

Come l'antifragilità ci rende più felici
13min
Episodi di 7 ingredienti per la felicità
Ciao a tutti, io sono Giuseppe di Progetto Happiness e son in compagnia della mia psicologa preferita, Lorenza di Stimulus Italia
L: Ciao Beppe, ciao a tutti!
G: Ciao Lorenza, oggi parliamo del terzo ingrediente della nostra formula della felicità, della nostra ricetta. Facciamo un piccolissimo recap degli ingredienti che abbiamo trovato per adesso.
L: Prima di tutto: comfort zone. L’abbiamo un po’ bistrattata ma alla fine abbiamo capito che ci serve.
G: Quello era un po’ un ingrediente bonus, un ingrediente 0 per partire per un viaggio insieme a noi: apprezzare la comfort zone
L: Apprezzare la comfort zone, per poi apprezzare le piccole cose e quindi la nostra gratitudine.
G: Gratitudine primo ingrediente. Secondo ingrediente?
L: La generosità. Abbiamo visto essere un ingrediente difficile, un po’ insidioso, un po’ spinoso che però abbiamo visto essere forse anche un po’ un ingrediente che è un po’ una pillola: quando siamo in un momento particolarmente difficile abbiamo capito che fare qualcosa per l’altro può sicuramente darci del beneficio, farci stare bene.
G: Ed è giusto così, non bisogna sentirsi in colpa fare un gesto per un’altra persona per sentirsi bene, e questo è un po’ il problema che ti raccontavo l’altra volta. Ma oggi parleremo di antifragilità.
L: Non mi aspettavo proprio il concetto di antifragilità, mi sarei aspettata più la resilienza
G: Lo so, ma resilienza ormai la vediamo tatuata dappertutto, sui social viene millantata, ne parlano tutti quanti. Però io ho scoperto il concetto di antifragilità negli USA. Infatti ti porto lì,a Los Angeles, dove ho incontrato un annetto e mezzo fa Zion Clarke. Zion Clarke è un wrestler, uno dei wrestler più forti americani, e tu mi dirai “vabbeh, è un atleta… qual è la sua specialità?” beh… Zion non ha le gambe. Zion è nato senza gambe. Immaginati la storia di un ragazzo che non solo nasce con una discapacità molto grave rispetto agli altri, non si arrende nonostante la sua infanzia venga segnata da bullismo, da abbandoni, non ha una famiglia, viene adottato, poi riabbandonato, una vita difficilissima. Quanto è facile mollare in una situazione del genere? Quanto è facile piangersi addosso? Mentre lui ha cambiato la sua vita basandola sul concetto di antifragilità. Proprio in quel momento io ho sentito per la prima volta questo concetto, che è interessantissimo. Quando lui me ne parlava mi raccontava di come fosse per lui necessario aggrapparsi al concetto di antifragilità ed esserlo perché lui aveva necessità di trarre vantaggio dai traumi e dagli scossoni che la vita inevitabilmente ti propone, ti pone davanti.
L: E io sono qui che cerco di capire la differenza tra resilienza e antifragilità, perché io ho sempre sentito parlare di resilienza. Però ora che tu mi hai raccontato questa storia mi stanno venendo in mente delle cose. La resilienza forse può essere legata al termine resistenza, è un po’ resistere contro le cose della vita, contro ciò che ci succede, è un termine che non è nato in psicologia e che nasce dalla metallurgia e serviva per testare quanto glie elementi tornassero alla loro dimensione originale dopo aver subito un urto. Quindi in realtà la resilienza promuove quella capacità di ritornare ad essere come prima anche se hai subito degli urti, dei cambiamenti, delle cose gravi nella tua vita, ritorni ad essere come prima. Mentre l’antifragilità mi sembra che metta un pizzico in più
G: È come se fosse una resilienza 3.0, perché nella resilienza tu ritorni al tuo stato precedente, è come se ricevessi un colpo fortissimo, non molli, non ti rompi, non ti spezzi, ma ritorni come prima, è come se non avessi registrato quell’esperienza del colpo. Mentre con l’antifragilità assorbi quel colpo, lo fai tuo, impari, evolvi, e quindi cresci. È questa la differenza tra resilienza e antifragilità e per questo che l’antifragilità è virtuosa ed è necessaria per ogni essere umano. E l’ho capito proprio grazie a lui, guardandolo, osservandolo, perché come ti dicevo lui è un wrestler che combatte persone normodotate, poteva anche fermarsi, poteva anche non imparare dai duri colpi che gli aveva dato la vita, mentr lui ha deciso di evolvere, ha deciso di imparare ad essere antifragile… e questo è l’insegnamento più bello che mi ha lasciato: si può imparare ad essere antifragili.
L: Mi sembra che arrivi il concetto del “miglioro grazie agli urti che subisco”, li faccio miei e ne traggo un vantaggio. È come se io migliorassi o imparassi qualcosa di nuovo o cambiassi me stesso, chi sono, in base a ciò che ho subito nella mia vita.
G: Sì, ed è anche naturale se ci pensi. Poi lui mi aveva fatto un esempio: immaginati un osso, un braccio che si rompe, una tibia che si rompe… quando ritorna, quando si risana, è molto più forte e resistente di prima, ed è lo stesso concetto di antifragilità detto in due parole. Ed è bellissimo perché è naturale, è necessario per evolvere, per andare avanti, per rafforzarsi.
L: Io però voglio portarti anche quest’altro concetto. Io non voglio portare in questo podcast l’idea che un concetto alto, un concetto lontano da noi, una cosa inarrivabile, noi siamo umani e forse siamo un po’ fatti per essere antifragili. Tutti noi nella nostra vita abbiamo subito un qualcosa e siamo portati a cambiarci in base a quella cosa che ci è successa. Noi andiamo avanti contro le difficoltà e cambiamo e ci evolviamo, forse il punto è notare questa cosa qui, notare quello che ci è successo. Spesso un dolore che proviamo prende e passa e non ce ne accorgiamo neanche… ma forse il notare quanto ci ha cambiato quella cosa è già un po’ essere antifragili.
G: Sì, e sai che mentre parlavi mi è venuta in mente una frase che hai usato nel primissimo episodio. Tu hai detto “non c’è male che non sia un bene” e forse è un po’ forzato come collegamento, ma mi fa venire in mente l’antifragilità, ossia in ogni ostacolo che ci offre la vita possiamo crescere, possiamo evolvere, lo possiamo trasformare in un trampolino. È l’effetto dell’elastico: tocchi il fondo ma in realtà stai prendendo la spinta. E quindi non so, l’antifragilità io la vedo così: un’opportunità per crescere, è un dolore, una difficoltà, un ostacolo, un fallimento, fanno male queste cose, però sono grandi opportunità.
L: Mi viene in mente anche quello che hai detto tu nel primo podcast che abbiamo fatto, ossia il tuo primo viaggio che hai fatto, il primissimo, alla fine possiamo dirlo: era pieno di difficoltà!
G: Sì, è come se ci fossero state tante microfratture - parlando di ossa - che si sono sanate e mi sento sempre più forte, solido, sicuro. Quindi questo è anche il concetto di antifragilità che forse si collega alla nostra visione di comfort zone. Adesso forse stiamo un attimo divagando, però mi piace dove stiamo andando perché quel concetto di comfort zone che abbiamo portato, innovativo, questo è il nostro concetto di comfort zone, lo vedo un po’ così, lo vedo un po’ come cadere, crescere per ampliare, per ingrandire quella comfort zone. E grazie all’essere antifragile la comfort zone si ingrandisce. Immaginati ricevere o subire un fallimento, rialzarsi al fallimento fa ingrandire quella comfort zone, è tutto collegato.
L: Mi piace!
G: Non era preparato ma è tutto collegato, incredibile!
L: Mi piace questa visione. Vorrei portare adesso l’attenzione al “come farlo”, perché la domanda che mi è sorta è “oh mammamia, ma come è difficile fare questa cosa, metterla in pratica”. È un po’ quello che abbiamo già detto ci viene in aiuto, ossia per imparare ad essere antifragili - anche se l’abbiamo detto è una capacità che abbiamo insita in noi - possiamo fare 3 passi, 3 cose: prima di tutto può essere il fatto di - un po’ quello che hai detto tu - sappiamo che se cadiamo possiamo vedere quanto cadiamo in piedi comunque. Si cade in piedi. Dobbiamo avere sì è vero, un piano B, ma la consapevolezza che se cadiamo ci facciamo male ma poi neanche così tanto, come hai fatto tu nel tuo progetto, come può essere successo a me o alle persone che ci stanno ascoltando: quante volte siete caduti, quante volte avete fallito, cosa è successo di così grave? Nulla alla fine
G: Vorrei aggiungere un punto. Il fatto di normalizzare il fatto che all’inizio potrebbe sembrare un dramma ogni volta che subiamo un fallimento viviamo un dolore, è un dramma per tutti. Adesso io sto parlando di antifragilità con Lorenza, però chiaramente c’è quel momento di dramma, di instabilità, l’importante poi è riuscire a riacchiappare quella lucidità che ci rende antifragili. Volevo soltanto sottolineare il fatto che è normale il fatto di non ritrovarla subito. Questa conversazione tra me e te riusciamo ad essere antifragili così!
L: Assolutamente no! Anzi, la vita non è fatta soltanto di momenti in cui ci rialziamo, la vita è fatta di tanti momenti in cui cadiamo, momenti in cui ci concediamo di soffrire liberamente, senza freni, ed è normale e giusto così perché soltanto concedendoci di soffrire, di capire che cosa è successo, di capire anche quel dolore, quel fallimento, è da lì che ripartiamo, se noi saltiamo questa parte il resto non arriverà mai, non arriverà mai essere antifragili. Io immagino Zion Clarke… io non penso che la sua vita così da un giorno all’altro, dall’essere nato senza gambe poi sia passata successivamente all’essere un campione di wrestling, penso sia passata in mezzo tanta vita, tanto dolore, tanto fallimento, ma poi alla fine la meta finale è un’altra ma tutto quello che c’è in mezzo non dev’essere dimenticato.
G: No, per lui è una lotta quotidiana. Ogni giorno lui elabora, sviluppa, accresce il suo concetto di antifragilità. È molto complesso per lui, però ha il coraggio di parlarne, ha il coraggio di impegnarsi in questo percorso l’antifragilità. Quindi io ho apprezzato tantissimo questo incontro, chiacchierare insieme a lui, è stato veramente illuminante per me anche perché non conoscevo questo concetto, io pensavo che resilienza volesse dire questo ma etimologicamente parlando è completamente diverso, quindi noi per essere felici abbiamo voluto portare il concetto di antifragilità perché credo valga la pena…
L: Vale la pena notare notare e sentire che cosa è successo nel prima per poi andare avanti. Quindi anche l’esercizio che possiamo lasciare questa volta è: provate a pensare a tutte quelle volte che avete affrontato una difficoltà, che avete fallito qualcosa, un esame,un passaggio importante al lavoro, un qualcosa che è andato male e provate a soffermarvi su quello e a vedere come potete riutilizzare quello che è successo, come potete ripensarlo, come potete riutilizzarlo per vederlo in un altro modo e per essere anche in un altro modo, quindi trasformandovi in qualcosa... ed è proprio quella l’antifragilità.
G: mi piace. Quest’episodio l’ho sentito tanto perché aiuta tanto anche me, quindi gli esercizi serviranno, soprattutto a me. Oggi sono molto riflessivo, te lo dico. Però mi è piaciuta moltissimo, grazie mille Lorenza per avermi accompagnato in questo episodio sull’antifragilità, nel prossimo episodio parleremo di Ikigai, occhio
L: Ah! Attenzione!
G: Ciao ragazzi!
L: Ciao a tutti!