
La Sofferenza
Anche la sofferenza è necessaria per essere felici
10min

Anche la sofferenza è necessaria per essere felici
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Episodi di 7 ingredienti per la felicità
G: Ciao ragazzi, io sono Giuseppe di Progetto Happiness e insieme a me c’è come sempre Lorenza, la mia psicologa di Stimulus.
L: Ciao Beppe, ciao a tutti.
G: allora, oggi Lorenza ti propongo un episodio bello tosto perché si parla di sofferenza.
L: La felicità…
G: … è uguale alla sofferenza. O è sofferenza? Lo scopriremo insieme. Perché ti ho voluto portare come ingrediente alla felicità? Partiamo subito a cannone: oggi ti faccio viaggiare con me in Cina, nelle montagne sacre del Wudang. Pensa io sono andato lì per intervistare Jake Pinnick, un americano che 10 anni fa ha deciso di cambiare la propria vita e dedicarsi al kung fu. Lui per 10 anni ha studiato giorno e notte, tutti i giorni l’arte del kung fu. Immaginati queste montagne innevate con 20 studenti che si muovono all’unisono praticando il kung fu, e tra tutti questi cinesi c’è un occidentale, l’unico: Jake Pinnick, che ha cambiato la sua vita trasferendosi in queste montagne, lontano dalla sua famiglia, lontano da tutti, e l’ha trovata forse, perché quando io vi ho fatto la fatidica domanda “cos’è per te la felicità?” sai che mi ha risposto? Te la leggo perché è bellissima. Jake mi dice: “La felicità è una vita temprata dalla sfida. Hai bisogno di sfide ed esperienze per capire com’è essere veramente felice, e che sei già felice.” Questa è la cosa più bella perché lui mi ha detto in poche parole, senza sofferenza, come puoi sapere di essere felice? Devi prima fare esperienza della sofferenza, della difficoltà, della non felicità, per renderti conto che cos’è la felicità e che probabilmente sei già felice e quindi è stato illuminante questo incontro.
L: Mi vien da dire subito una cosa, che la frase che ti ha detto secondo me riassume tutte le cose che ci siamo detti fino adesso. Se la leggi bene, Jake ha trovato il suo Ikigai, perché ha trovato la sua missione, in più la sua definizione di felicità è “una vita temprata dalle sfide”, un po’ antifragile quindi, è grato di dove è anche se probabilmente ha una vita molto semplice, molto umile in mezzo alle montagne e per arrivare fino a lì Jake, un uomo occidentale, mi immagino che cosa ha fatto, quale comfort zone ha superato per arrivare fino a lì.
G: Ha ingrandito, la nostra comfort zone si ingrandisce, non si supera. L’abbiamo inventata noi questa e ce la dobbiamo tenere stretta.
L: Assolutamente, ce la dobbiamo tenere molto stretta!
G: E hai ragione, hai perfettamente ragione. Ho visto una persona molto centrata che mi ha insegnato come sofferenza e felicità sono due opposti ma complementari che si autoalimentano e si influenzano a vicenda. E parlando proprio di arti marziali, di Cina, non ci può essere un simbolo migliore del cerchio del Tao, lo yin e lo yang, il bianco che ha un po’ di nero, il nero che ha un po’ di bianco e quindi si fondono, l’ombra, la luce, e quindi la felicità nella sofferenza e la sofferenza nella felicità. Io credo che questo sua meraviglioso, stiamo toccando dei picchi di filosofia anche orientale, quindi incredibile ragazzi.
L: È vero, e mi piace molto questo concetto. Vorrei fare una precisazione perché quello che ti ha detto Jake mi sembra sia una sofferenza legata più al continuo sfidarsi, quindi una vita fatta non di omeostasi, una vita fatta di sfide, di stress giusto, nella giusta misura, per poter essere una vita attiva, una vita piena. La sofferenza è un termine un po’ difficile secondo me, il nostro mondo occidentale la sofferenza viene proprio vista come il contrario della felicità, un qualcosa di totalmente lontano e anzi la sofferenza viene evitata. Sembrare felici è diventato un po’ un obbligo e se abbiamo un momento no, un momento in cui ci sentiamo affaticati in cui la vita è appunto piena di sfide, allora pensiamo di essere sbagliati e cerchiamo un po’ di rifuggire, di trovare un rimedio per scacciare queste emozioni spiacevoli e tornare a funzionare nel modo più “giusto” per noi. Mentre quella visione di Jake mi piace, cioè integra tutte le emozioni, quindi la fatica, la sofferenza, la tristezza anche, nella felicità rendendola forse un po’ più completa? Forse un po’ più vera?
G: Un po’ è più vera, più reale. Perché alla fine noi stiamo parlando di felicità come qualcosa che riguardi soltanto delle sensazioni positive, sensazioni belle, senza pensare a cosa ti può portare la felicità. Quindi la felicità si basa anche su forse una sofferenza precedente.
L: Forse è un po’ anche quello che abbiamo detto nelle altre puntate, cioè per essere antifragile devi aver superato delle sfide, delle difficoltà, per aver allargato la tua comfort zone devi aver rischiato, perché altrimenti non riesci ad allargarla. Quindi la felicità alla fine è completa soltanto se è integrata a tutte queste altre emozioni e il dolore, la sofferenza devono far parte di questa felicità ma soprattutto secondo me dobbiamo un po’ starci.
G: Accettare questa sofferenza.
L: Accettarla ma starci, cioè proprio il concetto di stare con il dolore, stare con la sofferenza per riuscire a fare emergere tutto quello che ci può portare è il concetto basilare. Quello che ho detto prima, che noi tendiamo a allontanarla quando siamo arrabbiati, quando siamo tristi, tendiamo ad evitare queste emozioni spiacevoli è vero. Mentre la vera sfida è un po’ starci. L’etimologia di “soffrire” è proprio il portare su di sé, sopportare, quindi in realtà sopportare il dolore è una cosa positiva, portarlo sulle spalle il tempo necessario per far sì che questo dolore diventi uno strumento di scoperta. Stare con la sofferenza senza scappare è quello che ci rende più forti e forse anche più felici.
G: Io anche in questo caso lo vedo come un esercizio, un allenamento, forse perché anche Jake non era un atleta, era un praticante di arti marziali (che poi diventa uno stile di vita), ma nelle sue parole, nei suoi gesti, nelle sue espressioni, era come se lui avesse accettato completamente il dolore, che faceva parte integrante della sua vita, e quindi era normale sentire quel dolore, era non solo accettato ma anche allenato. Lui era contento di portarlo sulle spalle come dici tu, perché solo grazie a quello poteva ambire ad assaporare la felicità, a toccarla.
L: Sai che scoperta questa! Questa è una cosa importante perché in un mondo che ci porta e ci obbliga al vedere solo la felicità come un’emozione un po’ ingenua, alta, inafferrabile, noi la stiamo portando nella vita di tutti i giorni, perché la vita di tutti i giorni è anche un po’ sofferenza. e starci con quella sofferenza, accettarla, non giudicarla è quello che secondo me è la vera scoperta. E gli esercizi quello che ci possiamo portare a casa, forse è un po’ quello, imparare a stare nella sofferenza come atto rivoluzionario della nostra vita, della nostra cultura, non giudicarci se è un momento no, se proviamo della rabbia, se proviamo della paura, dell’ansia, della tristezza, ma essere consapevoli che ogni emozione è importante per noi e ha un ruolo. Il dolore ci insegna sempre qualcosa, l’ansia va bene, l’ansia è sana perché ci sta dicendo qualcosa di noi, non dobbiamo scacciarla, dobbiamo forse un po’ prendercene cura.
G: E se ci pensi però sofferenza strideva un po’ con il tema della felicità, sembrava che non c’entrasse niente appena abbiamo iniziato, e invece lega tutti i personaggi che abbiamo citato, tutte le storie che ti ho portato qui, tutti i viaggi che abbiamo fatto sono legati dalla sofferenza, dalle difficoltà, dagli ostacoli della vita, che però i nostri protagonisti hanno accettato e la sofferenza che hanno vissuto è stata quello stimolo che li ha portati a reagire, a trovare la propria strada e quindi la propria felicità.
L: È vero. Ti dico anche questo: il dolore, la sofferenza lasciata lì non serve a niente. Bisogna prendersene cura e solo così diventa risorsa. Il dolore che una persona prova se lasciato lì da solo, magari anche guardato male, magari evitato, magari dove lo guardiamo ci lamentiamo un po’, però non ce ne prendiamo cura, non ci serve. Ci serve come hanno fatto questi personaggi che sono un po’ i nostri spiriti guida in questa ricerca della felicità, loro ne hanno fatto veramente un valore alla ricerca della loro felicità.
G: Lorenza, grazie. Ci siamo portati a casa un altro ingrediente della felicità: la sofferenza.
L: Bene, mi piace!
G: Il prossimo episodio invece sarà sulla consapevolezza. Quindi siamo quasi alle battute finali, siamo quasi arrivati alla fine del nostro viaggio, quindi gli ultimi episodi sono imperdibili. Ci vediamo al prossimo!
L: Grazie!
G: Ciao ragazzi!
L: Ciao a tutti.