Lo stato mentale
Cosa è lo stato mentale (mindset) e come influenza le nostre vite
10min
Cosa è lo stato mentale (mindset) e come influenza le nostre vite
10min
Ben ritrovati! Partiamo subito. Stato Mentale. Significato. In inglese “Mindset”. È uno stato in cui la mente orienta l’individuo verso un particolare set di associazioni... e aspettative.
Già da questa frase possiamo capire una serie di cose interessanti. La prima è che non parliamo semplicemente di emozioni, cosa su cui molti si confondono.
Qui è la mente che ci orienta verso uno specifico modo di vedere ed interpretare gli eventi che ci circondano. Lo stato mentale è la chiave di lettura con cui leggiamo il presente. Passettino indietro.
La realtà non esiste. Occorre essere d’accordo su questo, è una colonna portante di tutto, questa. La realtà non esiste, e se invece esiste, non ci è accessibile. Noi percepiamo il mondo attraverso i nostri sensi, il nostro corpo. E già qui, i sensi sono degli input limitati rispetto alla vastità del mondo là fuori.
L’udito? È un microfono. Prende il suono, ma ne prende una versione limitata, con delle frequenze limitate. La vista? Vediamo poco rispetto ad altri animali. Il mondo per noi è limitato. Ma lo è per qualunque essere vivente. Tutto ciò che configura il nostro modo di percepire il mondo esterno è detto Umwelt, termine tedesco che significa “ambiente”. Ora questo non è niente. Perché se fosse così, in quanto umani saremmo anche simili nel percepire ciò che è reale.
Ma tutto ciò che arriva come input dal corpo, deve essere poi elaborato. Il nostro cervello quindi prende questi dati, e li confronta con... l’esperienza di vita vissuta. Ed ecco che ciao. Io sono diverso da te, che sei diverso da quella e quell’altro e così via. In una determinata situazione ciò che per me può essere agio, per te può essere disagio. Per me quel rosso può significare amore, per te sangue, trauma. Come dice il neuroscienziato Anil Seth: “Alluciniamo tutto il giorno. E quando ci troviamo d’accordo, la chiamiamo realtà”. Ovvero, non siamo quasi mai d’accordo e ognuno di noi vive la propria realtà.
Capite quanto questa sia la base per la comprensione degli stati mentali. Se pensiamo che una data persona sia in uno specifico mindset, e ne siamo convinti solo perché noi, al posto suo, saremmo in quello stato mentale... beh non abbiamo capito niente.
Nel percorso faccio l’esempio di un piatto di pasta, per aiutarci a consolidare questo concetto. La visione di un piatto di pasta, o lo stesso immaginare, un piatto di pasta, in questo momento, è già diverso per ognuno di noi. Possiamo aver appena mangiato. Un pranzo pesante. Vediamo questo piatto. Questa pasta bella tutta condita.. e può non dirci niente. Può anche darci un senso di allontanamento. Solo l’odore, nausea, ho mangiato troppo. Poi è diversa da come la farei io. Però io potrei aver tardato il mio pranzo per via di questa registrazione. E quindi appena vedo quel piatto di pasta, non solo la mia esperienza mentale è diversa: la voglio, ho fame. Ma anche a livello fisiologico, sono diverso. Le mie papille gustative si attivano, produco energia, lo stomaco brontola. Idealmente sarà una bella pasta anche se in altre condizioni non lo sarebbe. Sono condizionato dal mio passato (non ho pranzato), e dal mio futuro (non sono preoccupato di ingrassare, ho bisogno di saziarmi). L’odore sarà un profumo, e insomma ora ho fame. Vabbè.
Se vogliamo davvero provare a fare l’esercizio del guardare qualcuno e pensare come stia vivendo una data situazione, dovremmo partire dal fatto che siamo diversi, che come noi ci sentiamo non è un dato su cui basarsi - molti credono che l’empatia consista in questo, ma non è così - e che non dovremmo solo basarci su quello che vediamo.
Non solo, oltre all’esperienza di vita vissuta che quell’individuo utilizzerà per comporre il suo quadro della realtà di quel dato momento, c’è da considerare “il set di associazioni e aspettative” che ha. Esempio: film nuovo.
Lo vado a vedere in anteprima: bellissimo. Passano 2 settimane. Ne parlano tutti allo sfinimento. Arrivi tu che ti organizzi per vederlo, perché insomma… dev’essere proprio bello. Finalmente te lo spari… e ti fa schifo. Associazione. E aspettativa. Noi crediamo di sapere cosa ci piace e cosa non ci piace.
Come crediamo di avere controllo dei nostri stati mentali. Ma il primo passaggio verso la comprensione degli stessi è quello di scordarsi questa cosa. La consapevolezza che non siamo in controllo quanto pensiamo. Siamo pieni di pregiudizi, e facilmente condizionabili da moltissime cose, per lo più subconsce.
Questi pregiudizi, i cosiddetti bias cognitivi, sono tanti. Ad oggi ne contiamo un paio di centinaia. Ma non è che se li conosciamo bene tutti, poi non ne siamo soggetti. La forza della consapevolezza e della conoscenza, in merito ai bias, sta nel saper “riconoscere” che sei soggetto o soggetta ad una data piega della realtà in funzione di un tuo pregiudizio. Non si tratta di schivarli.
Si tratta di riconoscere di esserne soggetti in una situazione, e quindi iniziare a comportarsi in modo differente. Il nostro cervello è una macchina predittiva. Tenterà sempre di trovare scorciatoie per velocizzare il processo di calcolo e investire meno energie cognitive possibili. Anticipare situazioni significa calcolare dove ci sono maggiori possibilità di sopravvivenza. Che ad oggi fa un po’ ridere, ma il cervello è sempre quello di un centinaio di migliaia di anni fa, mica è cambiato. Anzi. Siamo vivi grazie a questo. Quella bacca non la mangio perché a me le bacche così colorate non ispirano fiducia. Eh… pregiudizio, ma anche azzeccato.
Ad oggi, che possiamo permetterci di cercare delle risposte più oggettive, possiamo agire in modo più sofisticato. E il nostro primo esercizio per comprendere il nostro stato mentale e quello degli altri può diventare proprio quello di ritardare il nostro giudizio. Di tentare di rimanere più bilanciati possibili rispetto a due scelte opposte, per tentare di sforzarci un po’ di più, nel decidere come interpretare una data situazione. Non si tratta di razionalizzare. Quello è il processo successivo. Si tratta, per ora, di non scivolare nel prendere una posizione troppo in fretta.
È un esercizio che si può fare numerose volte nell’arco di una giornata, in ogni momento in cui potreste dare un opinione, o decidere cosa vi piace o cosa fareste. Lasciatevi pure pervadere dal pregiudizio, ma poi analizzatevi. Provate a percorrere la strada opposta, come scelta, come punto di vista, e vedete se riuscite a bilanciarvi per qualche secondo in più, prima di consolidare la vostra posizione.
Al cervello non piace questa condizione.
Richiede energia, perché è un problema che rimane aperto. Che non viene risolto subito. Ecco perché odiamo l’ignoto e abbiamo sempre bisogno di rispondere a tutto, il che ci polarizza. Pensate a come ci comportiamo nel web. E se pensate di non essere così, provate a chiedervi se non abbiate appena risposto troppo in fretta.
Ora: posto che abbiamo appena confermato di essere il principale nemico di noi stessi, entriamo in azione. È chiaro che indipendentemente da quale sia lo scopo di ognuno di noi rispetto a questo tema, o anche a questo stesso podcast, alla base ci sia una curiosità verso il cambiamento. Anche perché.. se ci si ascolta un podcast e questo non provoca alcun cambiamento, beh.. non è gran che, no? Ecco perché il primo stato mentale da prendere in considerazione è quello della crescita, del cambiamento. E nel prossimo episodio vedremo proprio questo. Il cosiddetto Growth Mindset, il perché sia importantissimo, e il come prendere questo stato di cambiamento in quanto base di qualunque nostra abitudine. È un episodio molto importante. Perché è importante? Perché siamo fatti di abitudini. Siamo le nostre abitudini. E un cambiamento, è un cambiamento di un’abitudine. Ci vediamo al prossimo episodio. Buon ascolto!
di 5