Ripensare alle sue amicizie e agli anni a cavallo tra l'adolescenza e la prima età adulta aveva portato Enea a pensare a Mario, all'amico di sempre che, da lì a poco, avrebbe coronato il suo sogno d'amore. Eppure, in termini di relazioni, anche per lui non era stato affatto semplice.
Era stato proprio grazie alla vicenda dell'amico, infatti, che Enea aveva capito cosa volesse dire l'espressione dipendenza affettiva. Una decina di anni prima Mario aveva avviato una relazione con Claudia, una sua collega nell'azienda in cui lavorava. Nei primi mesi di frequentazione i due avevano attraversato la classica fase luna di miele. Tutto sembrava perfetto. Cercavano di trascorrere più tempo possibile insieme e contavano i minuti che li separavano dal loro incontro successivo.
Con il tempo, però, la loro relazione aveva assunto connotati diversi. Claudia, con il tempo, si era progressivamente distaccata da Mario. Anzi, reclamava sempre maggiori spazi per sé. Per Mario, al contrario, ogni altro aspetto della sua vita aveva finito per passare in secondo piano rispetto alla relazione. Con il loro storico gruppo di amici, le uscite si erano drasticamente ridotte e, anche quando era presente, Mario sembrava non essere lì. Il suo pensiero, infatti, andava costantemente a Claudia. Pensava a cosa stesse facendo in quel momento o a dove fosse. Ogni sua spinta vitale sembrava rivolta unicamente alla relazione, da cui il suo amore sembrava ormai dipendere completamente. Era diventato talmente richiedente nei confronti di Claudia che, alla fine, quest'ultima aveva deciso di lasciarlo, esasperata. E lì le cose erano peggiorate ulteriormente.Mario ebbe un vero e proprio crollo depressivo. Smise di uscire, di dedicarsi alla corsa, sport che aveva sempre amato e quasi rischiò di perdere il lavoro. Fu in quel momento che proprio Claudia gli consigliò di farsi aiutare da qualcuno e Mario decise di intraprendere un percorso di terapia.
Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione simile a quella dell'amico di Enea? E come si fa a superare una dipendenza affettiva? Oggi cerchiamo di comprendere insieme questa dinamica e come possiamo gestirla.
Le coppie, all'inizio della relazione, vivono una fase chiamata luna di miele, come ha detto giustamente Enea. È la fase iniziale dell'innamoramento in cui i partner si sentono legati l'uno all'altro e si sentono proprio fusi insieme. Durante la luna di miele, come è successo a Mario e a Claudia, ci chiediamo sempre cosa stia facendo il nostro partner. Vorremmo passare insieme ogni secondo. Gli scriviamo di continuo… Insomma, ci sentiamo un po' dipendenti da lui o da lei. E in effetti è proprio così. Pensate infatti che diverse ricerche hanno trovato delle somiglianze tra l'innamoramento e la tossicodipendenza. Nell'innamoramento si attivano le regioni del cervello collegate alla ricompensa, che sono proprio le stesse aree che agiscono nelle dipendenze.
Anche dopo la fase della “luna di miele” è normale sentirsi un po' dipendenti dal partner. Infatti, quando si è in una relazione a lungo termine, ci sono tante esperienze condivise e c'è anche un forte affetto reciproco. A volte però questa dipendenza diventa estrema e disfunzionale. Ed è in questo caso che parliamo di dipendenza affettiva, in inglese Love Addiction. Consiste in una dipendenza patologica dal partner.
La dipendenza affettiva fa parte delle nuove dipendenze di tipo comportamentale. Tra queste troviamo ad esempio lo shopping compulsivo, il gioco d'azzardo, le dipendenze da internet, dal lavoro, dallo sport. La persona che soffre di dipendenza affettiva è convinta di non poter vivere senza il partner. Il partner diventa il centro della sua vita e ha bisogno di stare costantemente con il partner per stare bene. Presenta infatti anche alcuni sintomi delle dipendenze, ad esempio l'euforia, e prova sintomi di astinenza se cerca di allontanarsi dal partner, come ad esempio ansia, irrequietezza e insonnia. Questi sintomi spingono il dipendente a tornare sempre dall'amato e si torna dal partner anche quando il rapporto crea sofferenza. Spesso infatti il loveaddicted si ritrova in relazioni instabili e di abuso. Essendo dipendente però non riesce ad uscire dalla relazione.
Proviamo ora a capire come si sviluppa questa dipendenza. Gli psicologi ritengono che nasca quando i tratti naturali dell'amore si irrigidiscono. È come se il normale desiderio dell'altro e la ricerca della sua vicinanza diventassero troppo forti. Nell'amore “sano” riconosciamo che l'altro è diverso da noi. Ognuno nella coppia mantiene la sua singolarità. Diventa invece un amore “non sano" quando perdiamo d'occhio i nostri desideri e i nostri bisogni, quando perdiamo la nostra individualità.
Gli studiosi hanno dimostrato che ci sono alcuni elementi che aumentano la probabilità di sviluppare questa dipendenza. Un elemento è l'aver vissuto esperienze negative in passato. Chi ha avuto un legame poco sicuro con i propri genitori è più probabile che incorra in una dipendenza affettiva, come anche chi ha subito esperienze di abbandono, di maltrattamenti o di trascuratezza. Queste persone spesso diventano incapaci di stare da sole e questo è un fattore che può facilmente rendere dipendenti dagli altri. Anche la scarsa autostima può essere un elemento che porta alla love addiction. Se abbiamo bassa autostima tendiamo a sentirci inadeguati, non sentiamo di meritare amore. Per questo tenderemo poi a scegliere partner anaffettivi o egocentrici. Questi partner ci confermeranno la nostra idea di non essere degni di amore e ci abbasserà ancora di più l'autostima, diventando così un circolo vizioso.
Vediamo insieme alcuni segnali tipici, così da essere pronti a riconoscerli nel caso li vivessimo. Cerchiamo innanzitutto di fare caso se iniziamo ad avere pensieri disfunzionali, proprio come è successo a Mario, che pensava la sua ragazza in modo ossessivo. Oppure se abbiamo comportamenti estremi, come controllare i messaggi o gli spostamenti del partner. Un segnale importante può essere la paura irrazionale di essere abbandonati dall'amato. Se diventa così forte da farci vivere in costante agitazione è una cosa seria. Cerchiamo di notare se trascuriamo i nostri hobby e le nostre relazioni, come Mario che quasi non usciva più con i suoi amici. Se il partner diventa l'unico pensiero e si è sempre distratto da lui, potremmo notare anche un peggioramento della performance lavorativa. Infine, la dipendenza affettiva può causare sintomi come forte stress, ansia e depressione.
Vediamo ora alcune strategie da mettere in atto per affrontare la love addiction. Per prima cosa è fondamentale conoscersi e stare attenti ai possibili sintomi. Una strategia è lavorare sulla nostra autoconsapevolezza, che ci aiuta ad essere consapevoli e a conoscere i nostri pensieri e le nostre emozioni. È importante anche essere consapevoli del fatto che questa dipendenza si può superare, come ha fatto Mario che ora è in una relazione serena e si sta per sposare. Una tecnica che possiamo provare per gestire la dipendenza è la mindfulness. La mindfulness ci può aiutare a contrastare i pensieri ossessivi e a rimanere nel qui ed ora. È uno strumento che ci aiuta ad avere un atteggiamento gentile verso noi stessi, che è un altro tassello importante per superare la dipendenza affettiva. Un consiglio è poi quello di rivolgersi a uno psicologo, perché è difficile gestire da soli questa problematica. Il percorso psicologico ci aiuta ad affrontare le esperienze negative passate e a lavorare sulla nostra autostima e sulla nostra autonomia. Ci permette inoltre di riconoscere i meccanismi alla base della dipendenza e riconoscerli è fondamentale per non ricaderci in futuro.
Perché oggi abbiamo parlato di dipendenza affettiva? Spesso capita di utilizzare questo termine in modo improprio, come accade per le relazioni tossiche. Abbiamo visto che la dipendenza affettiva è una dinamica complessa e crea un forte disagio. Cerchiamo quindi di non usare questo termine con leggerezza. Quando invece ci sembra di vedere dei reali segnali in noi o in qualcuno vicino a noi, ricordiamoci che chiedere aiuto è il primo passo verso lo stare bene.