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Paura di avere un obiettivo e di non riuscire a raggiungerlo
Ridimensiona l'impatto della paura concentrandoti sul viaggio e non sulla meta
10min
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Ridimensiona l'impatto della paura concentrandoti sul viaggio e non sulla meta
10min
Per gestire la paura non ti servono manuali. La verità è che la paura non si può gestire, anticipare, ingannare, sopprimere, sul nascere o prima ancora. Puoi solo accoglierla, elaborarla e farla tua.
Puoi farti attraversare come fosse un'onda e fare attenzione a quante conchiglie ti lascia nel cuore dopo che se n'è andata. Io sono Andrea De Beni di Bionic People e questa è Paura di avere paura, un corso formativo che non ti toglie i timori dello stare al mondo ma ti presenta occhi nuovi per guardarli da altre prospettive e contare insieme quante conchiglie restano nascoste nella sabbia dell'anima.
Gabriele Ganeto è un ex giocatore della Nazionale italiana di basket. Ha militato per tanti anni in squadre di Serie A, interrompendo il suo percorso professionistico anzitempo a causa di un infortunio. Oggi è un amico, oltre ad essere un bravo imprenditore, uno speaker eccellente e un formatore. Gabriele un giorno mi ha raccontato di essere tornato a giocare dopo qualche anno dal suo ritiro, in una partita di all star e vecchie glorie di una delle squadre per cui ha giocato in alcune stagioni precedenti.
Appena sceso in campo, senza pressioni e senza nemmeno avere la certezza di essere chiamato a giocare dal suo allenatore del momento, ha segnato non una, non due, non tre ma ben quattro volte consecutive. Canestri perfetti, meravigliosi, uno dopo l’altro, come se il gesto fosse ancora perfettamente allenato e quotidiano.
Poi, il buio. Gli avversari che iniziano a pressare, l’idea di onnipotenza da una parte e di debolezza dall’altra che iniziano a farsi strada, creando un cortocircuito emozionale, e da lì in avanti il resto della partita è un calvario: solo errori.
Delusione, rabbia, tristezza inadeguatezza. Nella testa di Gabriele i canestri iniziali sono svaniti, impercettibili, un lontano ricordo. Ma perché? Com’è possibile che alla fine di una partita di questo tipo, il bilancio sia nettamente negativo, almeno nella testa dell’atleta, della persona?
Nella puntata di oggi parliamo proprio di questo: avere un obiettivo e non riuscire a raggiungerlo.
Lo sport, quando si parla di obiettivi, ci permette di trattare il tema usando molti parallelismi perché è lo sport stesso ad essere composto di obiettivi. Una partita, un campionato, un risultato, un evento di portata nazionale o internazionale rappresentano per atleti e squadre, ma anche staff e famiglie, dei momenti che spesso e volentieri vengono fatti coincidere con l’obiettivo.
Sono nato con una disabilità congenita alla gamba destra e una delle frasi che dico spesso è che la mia partita, quella della vita, è iniziata sotto di due goal. O, per parlare la lingua del mio amico Gabriele, la lingua del basket, 20 punti a zero.
Eppure a circa diciotto mesi mi sono appoggiato ad un mobile basso di casa e mi sono tirato su sull’unica gamba presente, la sinistra, mostrando chiaramente di avere nel mio DNA un obiettivo comune a qualsiasi altro bambino della mia età: camminare.
In quel momento, nella mia famiglia, è nata la volontà di accontentare quel bisogno, quel traguardo, e sono iniziate le visite e tutto il complicatissimo iter procedurale per farmi indossare la mia prima, piccolissima protesi. Correva - lui, io un po’ meno - l’anno 1982 e mentre un’officina ortopedica mi dava la possibilità di raggiungere il mio primo piccolo, grande traguardo, io iniziavo a comprendere una sostanziale differenza: alcuni obiettivi sono dettati dal contesto, ci finiamo dentro senza neanche essere consapevoli o del tutto attenti. Ce ne sono altri che ci vengono addirittura imposti da terzi, nostro malgrado. Altri ancora che cerchiamo noi col lanternino e, infine, ce ne sono alcuni che vivono dentro di noi e ad un certo punto desiderano di manifestarsi.
La differenza tra ognuno di essi è il nostro ruolo: da attivatori e inventori fino a passivi esecutori.
Quello che li rende molto simili tra loro, invece, è l’insieme di letture che necessitiamo di fare per dare ad ognuno di essi il giusto peso. Qualche giorno fa parlavo con un caro amico, mental coach di molti dei più grandi atleti italiani presenti alle Olimpiadi. Alcuni di essi, tornati a casa dopo l’esperienza di Parigi 2024, hanno aggiornato il loro calendario degli obiettivi, fissando il principale da lì ai prossimi quattro anni: Los Angeles 2028.
In una narrazione eroica come quella sportiva, capita che gli atleti che hanno un obiettivo così lontano nel tempo siano considerati una vera e propria forza della natura. La verità? Si sbagliano!
Il lavoro di un buon mental coach è riposizionare l’obiettivo all’oggi. Il vero obiettivo è il percorso, non il risultato. Se posizioniamo noi stessi ponendo la pressione di un unico risultato possibile - in questo caso qualificarsi per Los Angeles 2028 e potenzialmente andarci anche per vincere - restringiamo lo spettro delle possibilità ad un lumicino, sovrapponendo il nostro essere vincenti o fallimentari esattamente sopra l’obiettivo stesso. Cosa significa? Che se non lo centriamo, facilmente passiamo dall’aver vissuto un fallimento ad essere noi stessi fallimentari. Questo perché obiettivi e risultati, se sovrapposti, coincidono.
Torniamo per un attimo alla storia del mio amico Gabriele. Quattro su quattro al tiro in apertura di partita e poi il nulla. Invertiamo la storia: un inizio difficile, la palla che non entra mai e quattro canestri meravigliosi per chiudere la partita. Il tabellino recita le stesse statistiche, lo stesso identico risultato numerico. Ma a livello emotivo e prestazionale, tutto cambia in favore del secondo scenario.
Non solo è un tema di posizionamento degli obiettivi rispetto alla visione complessiva ma anche di timing: dove li posiziono rispetto al percorso, fa tutta la differenza del mondo.
È un fatto di aspettative. Avere degli obiettivi ci pone in una situazione di pregiudizio personale, di definizione più o meno blindata di noi stessi, di impossibilità di adattamento alle nuove situazioni che inevitabilmente verranno a crearsi durante il percorso.
Avere paura degli obiettivi è normale se questi ti possiedono. Che si tratti di sport, famiglia, salute, lavoro, siamo chiamati continuamente a lavorare sugli obiettivi e questo rappresenta una delle maggiori fonti di stress dell’essere umano.
È proprio vero, allora, che per alleggerire questo peso e paradossalmente raggiungere risultati più soddisfacenti, quello che dovremmo fare è iniziare a pensare che il processo sia il contenuto: il cambiamento è costante, è impossibile non cambiare perché noi siamo movimento. E allora “piccolo” è buono, anzi, è tutto: piccolo diventa grande senza che neanche ce ne si accorga. Anche se averne consapevolezza è cosa buona, perché tra la preparazione e la presenza, la seconda ci permette di lavorare con presenza sugli elementi di evoluzione quotidiana.
Avere un obiettivo e non riuscire a raggiungerlo è una delle più grandi paure del nostro tempo e forse una delle più grandi lezioni che possiamo imparare è spostare il nostro focus dalla visione a lungo termine, tanto agognata, ai piccoli successi e insuccessi del quotidiano: il presente diventa il futuro, ricordiamocelo sempre.
Per ridimensionare l’impatto di quella paura, concentriamoci sul viaggio e non troppo sulla destinazione, che è il nostro obiettivo totalizzante, pauroso. Facciamolo sapendo che avremo davanti tante strade percorribili e non l’unica possibile, dettata da quello stesso risultato dominante, sapendo che l’idea del controllo ci controlla e che il vero significato del nostro viaggio non è la meta, ma adattarsi alle opportunità che la vita ci regala costantemente, esponendoci al cambiamento senza avere la presunzione di guidarlo a tutti i costi.
Questa era Paura di avere paura, un corso formativo ideato da 4books in collaborazione con Bionic People, un'associazione nata per divulgare una nuova cultura della diversità e dell'inclusione. Io sono Andrea De Beni e oltre a seguirmi sui miei canali social potete restare aggiornati anche attraverso i canali di Bionic People e, ovviamente, su quelli di 4books.