La paura di iniziare un secondo capitolo della propria vita
Scopri come trasformare il cambiamento in un'occasione di crescita personale
11min
Scopri come trasformare il cambiamento in un'occasione di crescita personale
11min
Episodi di Paura di avere paura
Per gestire la paura non ti servono manuali. La verità è che la paura non si può gestire, anticipare, ingannare, sopprimere, sul nascere o prima ancora. Puoi solo accoglierla, elaborarla e farla tua.
Puoi farti attraversare come fosse un'onda e fare attenzione a quante conchiglie ti lascia nel cuore dopo che se n'è andata. Io sono Andrea De Beni di Bionic People e questa è Paura di avere paura, un corso formativo che non ti toglie i timori dello stare al mondo ma ti presenta occhi nuovi per guardarli da altre prospettive e contare insieme quante conchiglie restano nascoste nella sabbia dell'anima.
In questa prima puntata parliamo di cambiamento. Il cambiamento spaventa, è certamente uno dei momenti della nostra vita in cui, cambiando strada, percorso, direzione, ci troviamo per un attimo smarriti, senza riferimenti. Il cambiamento resetta, ripulisce, toglie, elimina, diminuisce. È come fare un passo nel vuoto: sai dove stai andando ma non riesci ad avere quella sicurezza di sempre, per un attimo che può durare un’eternità ti ritrovi sospeso, nudo, vulnerabile. Il cambiamento ci riporta indietro, ci toglie gli appigli e dobbiamo ricominciare tutto da capo, o quasi.
Bionic People è un’associazione nata per attutire il colpo del cambiamento. Le storie dei tanti ragazzi e ragazze, uomini e donne, che nel corso della loro esistenza hanno dovuto fare i conti con la gestione di un corpo che cambia in modo irreparabile, rappresentano dei cuscini morbidi su cui atterrare.
Le storie ci proteggono dall’impatto del cambiamento. Nella preistoria scrivevamo sui muri delle caverne, disegnavamo i pericoli e lo facevamo per evitare che qualcun altro li vivesse con l’intensità con cui l’avevamo vissuti noi. Bestie feroci, popolazioni ostili, avversità legate al clima si sono trasformati nelle ansie dei nostri tempi ma le storie sono sempre lì, pronte a proteggerci. A cambiare, sono i canali: quello che stai sentendo è, perché no, un moderno disegno in una caverna digitale.
Le storie dei testimonial di Bionic People sono simili e così diverse tra loro: un corpo che si muove nel tempo e nello spazio e un evento - un incidente stradale, una malattia, un infortunio sul lavoro - che lo rende diverso, un cambiamento inatteso, non voluto, poco accettato, almeno all’inizio, difficilmente digeribile.
Un impatto devastante. C’è chi ha perso un braccio, chi una gamba, chi entrambe. Chi un amico o una compagna di vita, nello stesso istante.
Ci sono momenti in cui il cambiamento incombe e abbiamo il tempo di digerirlo e altri in cui questo piomba in casa nostra senza chiedere permesso, senza darci il tempo di decidere da che parte guardarlo, se fidarci di lui.
Non esistono classifiche per determinare quali cambiamenti siano di maggiore impatto e quali meno. In Bionic People abbiamo imparato a parlare di disabilità, perché è con questo tipo di cambiamento che ci troviamo ad avere a che fare. Ognuno di noi, però, vive i propri, piccoli e grandi momenti di trasformazione. Perché un corpo che cambia non è il fulcro della storia; è come cambiamo noi, come cambia la nostra percezione di noi stessi e di noi con gli altri, come cambiano le emozioni, le sensazioni, i valori della vita, il nostro posto nel mondo, il nostro ruolo in famiglia e con i nostri simili.
Attenzione: avere paura del cambiamento è normale. È lecito. E non siamo inadeguati se lo viviamo con intensità. Non a caso ho citato la parola “vulnerabilità”. Oggi la confondiamo con debolezza. Essere vulnerabili è tutt’altro rispetto all’essere deboli. La vulnerabilità è un’arte. È una modalità di stare al mondo che ci fa crescere, ci muta di forma e di sostanza.
Quando ti accade qualcosa hai sempre davanti una scelta. È come se ti arrivasse addosso un oggetto e, mentre ti vola di fronte, non hai ancora ben chiaro che cosa sia. Nel dubbio, ti ripari. Tiri fuori il tuo scudo e ti proteggi fino a capire l’entità dell’impatto. Raccogliere i cocci di quello stesso oggetto volante non identificato, può essere difficile: potrebbe essere troppo tardi. Se si tratta di una cosa negativa, hai evitato che ti ferisse, che ti facesse del male. Se si tratta di un elemento di gioia, con l’obiettivo di mostrarti forte e pieno di risorse, non hai permesso che questo ti spostasse di una virgola.
Essere vulnerabili è l’esatto opposto. È correre il rischio. È farsi colpire, nel bene e nel male. È andare a fondo. Non è superare le avversità, è attraversarle, starci dentro con la consapevolezza che prima o poi finiscono e che c’è qualcosa di buono anche qui, nel grigio, nel brutto, nell’apparente caos che si crea intorno a noi.
La mia disabilità è congenita, il mio cambiamento è avvenuto nella pancia di mia mamma, quando il femore destro non si è formato. Sono nato con il cambiamento già bello che avvenuto e ho pensato di “non poterci fare niente”. Il mio sguardo sulla vita era uno sguardo vinto, uno sguardo ricco di limiti e paure, imperfezioni, difetti, negatività. Io non sono disabile perché ho una gamba in meno, sono disabile perché a causa di quella gamba in meno, non uso tutto il resto. La mia disabilità era legata alle convinzioni di essere abbattuto da quel cambiamento prima ancora di poter giocare la partita della vita: cosa mai avrebbe potuto combinare di buono uno senza una gamba?
Quando ho scoperto alcuni strumenti utili per pensarla diversamente, come ad esempio lo sport - nel mio caso - sono rifiorito. Ma nel farlo, ho creduto che impugnare lo scudo e spaccare le pietre che mi finivano addosso fosse la soluzione di tutti i mali. Quando hai paura di cambiare, quello che fai è non cambiare mai, non darti manco la possibilità di essere al centro del cambiamento. È così che il mio sguardo diventava di sfida, quando qualcuno di fronte a me mi guardava con curiosità, ignoranza, ribrezzo. Non avevo più vergogna ma rabbia. Non avevo più imbarazzo ma arroganza: “embè? cos’hai da guardare”. Non c’era vulnerabilità, c’era una corazza.
Oggi, quando incrocio quello stesso sguardo chiedo se posso essere utile. Sei curioso? Non hai mai visto una protesi? È una gamba che allinea la lunghezza rispetto a quella “Buona” mi permette di camminare, correre, saltare. Beh, non proprio bene come fai tu ma chissenefrega, io me la cavo un pochino lo stesso e mi va bene così. A dire il vero ormai ci sono così affezionato che non so più quale sia quella buona e quella no!
Il mio farmi colpire mi ha permesso di crescere. Crescere mi ha permesso di alimentare speranza negli altri, di fargli vivere per un secondo la mia disabilità e di pensare che non è poi così male, se sai da che parte prenderla.
Ecco che il cambiamento diventa evoluzione. Evolvere ha in sé una scelta. Sono io che decido che peso dare a quello stesso impatto. Che tanto arriva, sta arrivando o arriverà. E io lo faccio entrare, mi faccio invadere dal cambiamento. Perché so che mi porterà qualcosa e io ho fiducia. Che cosa? Ancora non lo so. Ma so che se mi chiudo, dal male non prendo niente di buono. Prendo solo male.
Da appassionato di sport ho sentito tante volte la frase “cadi sette volte ti rialzi otto”. È solo il primo passo. Non cascate nella tentazione di pensare che stia tutto lì: cadi, sì, ti rialzi, certo, ma prendi qualcosa da terra ogni volta che cadi. Perché c’è sempre un elemento utile a crescere, in ogni caduta.
La paura del cambiamento esiste fin quando pensiamo a noi stessi come un ramo che si incastra nella pietra scorrendo nel fiume: ci opponiamo fino a spezzarci. Ci blocchiamo fino a non vedere mai come è fatto il paesaggio qualche metro più in là. Essere vulnerabili significa sbattere contro la pietra, modificare il nostro percorso e continuare a scorrere, certi che prima o poi vedremo un mondo migliore intorno a noi.
La disabilità spesso porta a vivere la nostra vita dividendola in capitoli. C’è sempre un prima e c’è sempre un dopo. Possiamo sostituire il momento del trauma, dell’amputazione, della modifica del nostro percorso come uno spartiacque: prima dell’incidente, prima della morte di mio padre, prima del licenziamento, prima dello sfratto, prima della tempesta.
Questo è normale perché il cambiamento è prima di tutto una scatola di emozioni, di vibrazioni forti, tutte insieme. Il nostro cervello memorizza le emozioni sei volte più velocemente delle immagini ed è per questo che i cambiamenti ce li ricordiamo bene. Così bene che rappresentano dei veri e propri capitoli della nostra vita.
Approcciare con addosso il vestito invisibile della vulnerabilità ci permette di collegare con più enfasi tutte le fasi della nostra vita, sapendo che ognuna di esse ha contribuito a renderci le persone che siamo oggi, nessuna esclusa. Sapendo che la rabbia e la chiusura non sono una risposta nel lungo periodo, sapendo che opporci al cambiamento lo rende tale, lo rende pauroso, sapendo quindi che solo trasformando il cambiamento in evoluzione - con i suoi tempi e modi e senza mai voler accelerare la comprensione dello stesso - possiamo vivere la paura del presente e del futuro con la consapevolezza di chi non cerca di eliminarla ma di gestirla, attraversarla, trasformandola in tensione prima e propensione poi.
Questa era Paura di avere paura, un corso formativo ideato da 4books in collaborazione con Bionic People, un'associazione nata per divulgare una nuova cultura della diversità e dell'inclusione. Io sono Andrea De Beni e oltre a seguirmi sui miei canali social potete restare aggiornati anche attraverso i canali di Bionic People e, ovviamente, su quelli di 4books.