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Paura di cadere
Impara ad affrontare e superare le piccole paure quotidiane
10min
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Impara ad affrontare e superare le piccole paure quotidiane
10min
Per gestire la paura non ti servono manuali. La verità è che la paura non si può gestire, anticipare, ingannare, sopprimere, sul nascere o prima ancora. Puoi solo accoglierla, elaborarla e farla tua.
Puoi farti attraversare come fosse un'onda e fare attenzione a quante conchiglie ti lascia nel cuore dopo che se n'è andata. Io sono Andrea De Beni di Bionic People e questa è Paura di avere paura, un corso formativo che non ti toglie i timori dello stare al mondo ma ti presenta occhi nuovi per guardarli da altre prospettive e contare insieme quante conchiglie restano nascoste nella sabbia dell'anima.
Più della difficoltà di riposare costantemente e correttamente. Più della responsabilità di crescere un bambino, diventare genitore, nel passato, ha rappresentato per me un’immagine legata ad una sola, grande, difficoltà: quella di non essere in grado di tenere in braccio i miei futuri figli, cadendo e procurando loro dolore.
Sono nato con una malformazione congenita e probabilmente nel corso della mia vita sono caduto a terra, inciampando o scivolando, molto più della media. E’ una statistica che non ho mai raccolto, ma sono certo che se avessi contato le volte in cui sono rovinato in terra mio malgrado, beh, queste sarebbero senz’altro parecchie.
Da piccolo sognavo, come molti di noi, di sbucciarmi le ginocchia. Anzi, IL ginocchio, per essere precisi. Desideravo poter mostrare le mie cicatrici, la crosticina scarlatta: era una medaglia al valor più che militare, direi… infantile.
Crescendo, quel sogno si è trasformato in un incubo: quando sarò papà cadrò ancora con questa frequenza? E se portassi in spalle mia figlia o mio figlio? Riuscirei ad evitargli una brutta botta o sarei io la causa di un graffio, un taglio o addirittura una frattura?
In questa puntata vorrei che ci concentrassimo insieme sulle piccole paure del quotidiano. Il mio “cadere” è forse solo mio, chissà, ma ognuno di noi ha il proprio piccolo spauracchio. Il mio è questo: la paura di cadere a terra e farmi male, la paura di cadere e far male a qualcuno che amo.
Da dove derivano le nostre paure? Si dice che alcune parole attivano meccanismi meravigliosi e ancestrali all’interno della nostra neocorteccia. Quando diciamo a qualcuno “scusa se ti disturbo” stiamo andando ad attivare le stesse modalità di interazione cerebrale che si applicano quando sentiamo un suono fortissimo e spaventoso: quando sentiamo un allarme improvviso, ad esempio, scattiamo velocemente, ci attiviamo, ci preoccupiamo. E’ tutto normale: dentro di noi si è attivata la paura, il senso più importante di tutti, quello che ci ha permesso di salvarci miliardi di volte come specie e di arrivare intatti fino ai giorni nostri. Nessuno ci insegna che la risposta ad un suono improvviso è scappare, buttarsi a terra, coprirsi le orecchie: lo facciamo e basta.
Dire a qualcuno “scusa il disturbo” attiva, pensate un po’, gli stessi circuiti. Sarebbe meglio dire “hai un momento di libertà?” per creare nell’altro una predisposizione positiva nei nostri confronti. Ora, immaginate un po’ se basta così poco per farci tornare indietro di migliaia di step evolutivi - e di anni! - con una semplice frase… cosa capita quando riceviamo, durante la crescita, decine di messaggi che ne nascondono dentro degli altri. Elementi chiari, solo travestiti da un’altra forma. Il nostro cervello, però, è potente e smaschera in fretta il vero elemento che ci vogliono portare all’attenzione.
Nel mio caso, la mia crescita è stata costellata da migliaia di “Cammina bene!”. Me lo diceva sempre il mio papà. Io, camminando con una protesi, cammino diversamente da molti di voi, avendo una zoppia dettata dal posizionamento disallineato del ginocchio della protesi da quello reale, posto nella gamba sinistra. Quindi per me quel “bene” non è totalmente comprensibile: non camminerò mai bene secondo gli standard motori delle persone bipedi. Il mio passo non sarà mai elegante ed equilibrato. Sarà, invece, claudicante, per forza di cose.
E allora, dentro quel “bene”, ecco annidarsi il nostro piccolo ma coriaceo nemico. Cammina bene vuol dire che cammini male. E se cammini male è perché non sei capace. Se non sei capace è possibile che tu possa essere incapace per sempre. Se cammini male oggi, cadi. Se cadi oggi, cadrai anche domani e cadrai per sempre, anche quando diventerai papà. E mentre riderai di gusto con tua figlia sulle spalle, cantando una canzone, in quel momento il mio “bene” arriverà dritto dentro di te, scivolerai e insieme cadrete rovinosamente a terra, generando un ricordo orribile e indelebile allo stesso tempo. E tua figlia o tuo figlio, non si fiderà più di te, per sempre.
Ok, ok, sto esagerando. Ma è proprio così, con le parole, che si seminano negli altri le nostre paure. La parola più importante di quest’ultima frase è proprio… Nostre!
Già, perché se oggi domino quella paura, la attraverso, la tollero, è perché ho compreso che l’esigenza di vedere una buona camminata non era mia. Era di mio padre. Ed era anche rispettabile e comprensibile: nato in un contesto ad alte prestazioni, in cui i suoi genitori - miei nonni - hanno basato molto sull’apparenza e sul fare sempre bella figura, quella di mio padre era una modalità di esprimere amore, a suo modo, ovvero un po’ goffa e limitata dalla propria visione del mondo.
Comprendere che quanto ci viene comunicato spesso rappresenta una paura altrui è importante. Questo, oggi, mi permette di capire che quell’elemento non era un dono o un punto di attenzione, ma la condivisione di una SUA paura, poi diventata mia.
Dovremmo quindi sempre chiederci: “di chi è, veramente, la paura che sto vivendo?”... è mia o è indotta da qualcun altro, che pur in presenza di ottimi motivi, non mi può contagiare così tanto, al punto da bloccarmi?
Quindi? Ho eliminato quella paura? No. Fino ad oggi non sono mai caduto mentre, facendo il papà forte in grado di portare i figli ovunque, ho trasportato una delle mie tre figlie in braccio o in spalle. Anzi, negli anni ho acquistato anche io, come tante mamme e tanti papà, sia la fascia morbida per il trasporto in grembo o in spalle, sia il classico zainetto. Il mio limite non è stato superato ma lo accolgo: so che una caduta può e potrà succedere e non sarà quella a definirmi ma sarà tutte le volte in cui non sarò caduto, messe insieme, sia l’insieme delle storie a lieto fine e quelle meno liete, perché entrambe fanno parte della vita, come le cadute.
Non lasciamo che una paura di altri diventi la nostra paura. Non lasciamo che ciò che è bene per gli altri, anche tutti gli altri, diventi un bene anche per noi. Potrebbe non essere il nostro, di bene.
Infine, partiamo dalla consapevolezza. Vi propongo un esercizio. Fate qualche passo nel vostro corridoio di casa, da un estremo all’altro. Ora fermatevi e ditemi quanti passi avete fatto. Non li avete contati, vero? Questo accade perché facciamo tutto per automatismi, senza veramente essere presenti a noi stessi.
Avere paura di cadere mi ha aiutato a sapere cosa fanno i miei piedi, quello vero e quello bionico: quando guardo il gradino di un marciapiede o un qualsiasi ostacolo, anche a diversi metri di distanza, io ora so con quale piede ci arriverò, avendo una preferenza verso il piede sinistro, per ovvi motivi. La mia paura si è trasformata in piacere, in godimento, in presenza, in consapevolezza, in un corpo e uno spirito sempre più allineati.
E tu? Hai paura di cadere? Come affronti o hai affrontare i tuoi piccoli o grandi spauracchi?
Questa era Paura di avere paura, un corso formativo ideato da 4books in collaborazione con Bionic People, un'associazione nata per divulgare una nuova cultura della diversità e dell'inclusione. Io sono Andrea De Beni e oltre a seguirmi sui miei canali social potete restare aggiornati anche attraverso i canali di Bionic People e, ovviamente, su quelli di 4books.