Le soft skill più richieste nel 2021
Lavoro durante il Covid-19: cosa cercano le aziende
14min
Lavoro durante il Covid-19: cosa cercano le aziende
14min
Episodi di Non è mai troppo tardi
Prima di vedere quali sono le soft skill più richieste, è bene dare una definizione di cosa siano. In parte lo abbiamo accennato sopra, ma sappi che quando si parla di soft skill, ossia “morbide”, o per dirla all’italiana, competenze trasversali, si intendono quelle capacità legate ai processi di cognizione e pensiero, relazionali e comportamentali che caratterizzano una persona e che ovviamente ricadono sul suo modo di lavorare. Anche se non sono legate a un settore ben specifico.
A differenza delle hard skill, infatti, ossia delle competenze tecniche, è più difficile certificarle, nel senso che possiamo considerarle come “intangibili”, ma si tratta di caratteristiche che si notano subito in situazioni di forte stress, quando si lavora in gruppo o quando, per esempio, si deve risolvere un problema imprevisto e non solo. Certo, nei casi di cui abbiamo appena parlato, le hard skill servono indubbiamente, ma tutto quello che ha a che fare con il nostro modo di porci di fronte alle cose, alle persone e alla situazioni può davvero fare la differenza. Se stai pensando che le competenze trasversali abbiano a che fare con il carattere di una persona, sì, in parte è vero, ma possono anche essere allenate e migliorate.
Per capirci meglio: a parità di capacità tecniche, due sviluppatori web che sanno “smanettare” entrambi con il codice, che sanno usare certi programmi e fare certe “operazioni”, potrebbero non avere le stesse soft skill. Uno dei due potrebbe essere più “portato” a relazionarsi con il cliente, a saperlo gestire, a saper spiegare come si è lavorato e a rispondere in maniera pacata alle sue obiezioni. L’altro, seppur bravissimo nel suo lavoro, potrebbe non voler mai interagire con il cliente, non sentirsi particolarmente a suo agio nel comunicare e far fatica a trattenere il suo disappunto quando viene “sindacato” il suo lavoro.
Entrambe sono persone valide, solo che nel momento in cui un project manager magari deve dare la parola a chi ha lavorato tecnicamente sul progetto, preferirà affidarsi al primo anziché al secondo e tutt’al più dare a quest’ultimo, durante una riunione, un “ruolo” più ristretto. Non vuol dire che non lo stimi, ma capisce che in quella determinata situazione non ha tutte le skill che possono servire.
Come si può intuire, questo tipo di competenze ha sicuramente a che fare con le nostre capacità di relazionarci con gli altri, ma dipende anche dal nostro background socio-culturale. Con comportamenti, cioè, che abbiamo acquisito nel tempo e magari modificato grazie a esperienze lavorative fatte in diversi contesti.
Per fare ancora un esempio: una persona cresciuta come figlio unico e magari in un piccolo centro, quindi in contesti magari più “chiusi”, può avere comunque una grande apertura mentale e doti relazionali molto alte in base alle letture che ha fatto, all’attivismo che ha portato avanti quando era adolescente e in base al fatto di essere vissuto all’estero. Così come di contro chi si trova in una situazione simile, ma ha sempre vissuto in solitaria potrebbe avere un atteggiamento diverso. Non è detto, però, che non possa cambiare. Le competenze trasversali infatti non sono immutabili.
Inoltre, dipendono molto da come è cambiato il mondo del lavoro e il mondo in generale. Come vedremo, le competenze trasversali richieste per il 2021, hanno a che fare con la continua incertezza nella quale stiamo vivendo a causa del Covid-19, con un lavoro che si svolge essenzialmente a distanza e dovendo interagire probabilmente con colleghi, anche neoassunti pertanto mai incontrati, con il fatto che molti progetti o reparti possano essere stati chiusi all’improvviso e così via.
Hanno ancora a che vedere con decisioni che spesso non dipendono solo da noi ma da provvedimenti presi per limitare il contagio, ma anche con accelerazioni tecnologiche cui non avremmo mai pensato.
Tutto questo porta inesorabilmente le aziende che cercano nuovi dipendenti, ma anche collaboratori esterni e lavoratori autonomi, a richiedere persone con soft skill ben precise e che vanno oltre quelle più comunemente richieste - che ovviamente sono ancora importanti - come il saper lavorare in gruppo e saper gestire lo stress.
Come suggerisce Ray Dalio nel libro “Principles”, anche i datori di lavoro amano circondarsi delle persone “giuste” ossia quelle che hanno la giusta connessione tra il ruolo e quello che sono. L’investitore americano e filantropo lo ricorda: non basta ingaggiare una persona capace, deve anche avere un buon carattere. Vale a dire eccellenti competenze ed eccellente personalità che rimane comunque difficile da trovare.
Vediamo allora quali sono le soft skill più richieste in questo 2021, ma anche negli anni successivi visto che ormai si può parlare di un’era pre-Covid e un’era post Covid.
Come creare i tuoi principi per migliorare vita e lavoro 25 minPrinciples
Il momento è quello che è, i cambiamenti sono all’ordine del giorno e lo sono anche dal punto di vista tecnologico. Ecco perché una delle soft skill che le aziende cercano sempre di più oggi è la capacità di sapersi adattare e di conseguenza essere versatili. Che, attenzione, non vuol dire in alcun modo dimenticare chi è e come si è, ma significa piuttosto essere pronti a rompere gli schermi e trovarne degli altri.
Vuol dire passare dal lavoro a distanza al lavoro in presenza al considerare entrambe le modalità così come per un’azienda può essere un punto a favore il fatto che una persona sappia utilizzare dei nuovi strumenti per gestire il divario fisico e il tempo o che, se non lo sa fare, sia pronto a impararlo. Questo vale tantissimo quando bisogna decidere per l’assunzione di nuove personale, conta tanto anche per i dipendenti in azienda da anni che in quel caso devono lavorare in ottica di upskilling ossia di aggiornare le proprie competenze.
Un sondaggio portato avanti da Talent LMS dove la sigla LMS sta per learning management system (ossia un software per la gestione della formazione), insieme a Workable, piattaforma per il recruiting, e Training Journal è emerso come il 42% delle aziende si sia impegnato nel migliorare le competenze delle sue persone dopo l’avvento del Covid-19. In più il 91% delle aziende che ha partecipato al questionario ha ammesso che la formazione ha migliorato la produttività. È venuto inoltre fuori che la volontà di affrontare le sfide è un bene per la crescita ed è strettamente legata alla soddisfazione sul luogo di lavoro. Ecco perché questa è una soft skill che non bisogna assolutamente trascurare. Anzi, ti consigliamo, durante il colloquio e ancor prima, mentre punti a raccontare chi sei e cosa fai sui tuoi canali online di mettere in evidenza tutte le occasioni in cui ti sei dimostrato adattabile e versatile.
La resilienza ma ancor di più la capacità di essere antifragili, come dice Nassim Nicholas Taleb nel libro dal titolo appunto “Antifragile” è tipica di chi non cerca di intrappolare l’esistenza in schemi prevedibili, ma cavalca le opportunità nel momento stesso in cui si presentano davanti, mette in conto gli imprevisti e ne approfitta per crescere e migliorare. Ecco perché è una soft skill da non trascurare.
Imparare a vedere il disordine come un vantaggio 20 minAntifragile
Capire le emozioni, saper ascoltare gli altri, intuire cosa c’è dietro le parole, dietro gli atteggiamenti, dietro i non detti è qualcosa di molto complicato. È quell’intelligenza emotiva che forse raramente si pensa sia una competenza e invece lo è, specie in quest’anno così diverso dal solito. Perché? Perché le aziende puntano su persone che siano consapevoli di quello che provano ma siano anche in grado di controllarlo e prendere il meglio dalle loro emozioni. Così come siano in grado di connettersi con gli altri in modo efficace ma soprattutto empatico.
La pandemia ha dimostrato come sapersi mettere davvero nei panni delle persone, capire la situazione che stanno vivendo, è una ricchezza e non una debolezza. Persone più vulnerabili non sono necessariamente più deboli, ma possono essere quelle che hanno maggiore bisogno di aiuto e che, una volta che ottenuto, possano davvero dare il meglio. Discorso che vale ovviamente per un leader, ma anche per chi si trova a lavorare in gruppo. Ecco perché viene apprezzata questa capacità di comprendere e di analizzare cosa c’è dietro un atteggiamento anziché puntare il dito.
Sembra quasi un evergreen, eppure è una soft skill che anche in questo 2021 torna a essere richiesta nel mondo del lavoro. Attenzione perché a dispetto di quanto si creda, non si nasce creativi e non ci sono persone che lo sono e persone che non lo sono.
Se quindi ti hanno detto che non lo sei, sappi che ci si può allenare a essere creativi e ad avere idee. Lo spiega bene John C. Maxwell nel libro “Nessun limite”: quando si ha una buona idea - anche se è una sola - bisogna metterla per iscritto perché scrivere aiuta tantissimo e imparare a scrivere è imparare a pensare.
E oltre a tenere un registro delle proprie idee è importante, ricorda l’autore, avere un luogo intimo in cui pensare. Inoltre affinché un’idea prenda forma è necessario condividerla con gli altri. Tutto quanto abbiamo detto dimostra che non bisogna avere chissà quale temperamento artistico per dimostrare creatività, bisogna solo imparare a pensare, farlo fuori dagli schemi, sperimentare nuovi modi di fare le cose e far sì che gli altri li conoscano.
Questo piace molto alle aziende perché hanno la sensazione che i loro dipendenti non restino arroccati nelle loro posizioni e limitati dalla loro mansioni, ma sanno che possono contare su persone che provano a pensare diversamente. E con il Covid-19 si è visto come provare nuove soluzioni può essere davvero la chiave. Anche sbagliando.
Abbattere i blocchi e raggiungere i propri obiettivi 18 minNessun limite
Anche questa soft skill è stata sempre più richiesta negli anni, ma con il Covid-19 è diventata davvero determinante ed è ovviamente legata all’intelligenza emotiva e all’empatia. Questo perché non basta saper ascoltare le persone, non basta saper entrare in sintonia con loro, ma conta molto il saper dire la cosa giusta nel momento giusto. Usare le parole più appropriate vuol dire indubbiamente creare benessere nei propri colleghi e nel proprio team e a lungo andare creare delle relazioni. Se si lavora a distanza, se c’è - e in effetti c’è - la difficoltà nel prendere delle decisioni non seduti attorno a un tavolo e guardandosi negli occhi, ma tramite la freddezza di un monitor, se mancano quelle pause che spesso sono l’occasione in cui ci si confronta in modo più intimo, ecco perché saper comunicare diventa fondamentale. Per i leader, sicuramente, per chi gestisce progetti, ma per chiunque faccia parte di un gruppo.
Solo se si comunica in maniera chiara e schietta il team può continuare a essere armonioso e di conseguenza produttivo. Questo vale nei momenti cosiddetti “up” ma anche durante le difficoltà che si incontrano. Vale ancora di più quando si deve dare un feedback a qualcuno: un riscontro su quanto si è fatto può essere positivo solo se comunicato in maniera aperta e costruttiva cercando di capire cosa non è andato. Se invece si usano parole livorose o magari si indossa la maschera della gentilezza ma in realtà si pensa ad altro, non funziona. Per farlo al meglio, si può prendere spunto dai cosiddetti grandi, come suggerisce Carmine Gallo in “Comunicare come Steve Jobs”: un buon metodo può essere quello di parlare di fatti, di esperienze quotidiane, sì, anche dei propri errori. Questo perché le storie creano un fenomeno chiamato dell’”appaiamento cerebrale” ossia il cervello di chi sta parlando e di chi ascolta si sintonizzano.
Le organizzazioni sono consapevoli di questo ancora di più adesso che lo smart working è così diffuso e tengono in considerazione queste skill insieme alle altre che abbiamo detto anche alla luce del fatto che tale modalità di lavoro può generare tristezza, solitudine, isolamento e scollamento rispetto al management e all’azienda stessa. Tutti aspetti che sono venuti fuori dalla ricerca 2020 dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano.
Ecco perché dimostrare di essere in grado di comunicare, già nel momento in cui si manda un’e-mail o si risponde a un annuncio, diventa ancora più importante. Per far capire quali sono le competenze che si possono portare dentro un’azienda e che si possono allenare ogni giorno.
Padroneggiare la comunicazione e coinvolgere il pubblico 13 minComunicare come Steve Jobs
di 8