Mi nutro - Alimentazione sostenibile
Rifletti sull'impatto della tua alimentazione e immagina un mondo con meno sprechi alimentari
19min
Rifletti sull'impatto della tua alimentazione e immagina un mondo con meno sprechi alimentari
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Episodi di Guida all’eco-crisi
“Grazie ai feedback dei nostri consumatori vi annunciamo il lancio delle nostre nuove varietà di Gary!” Con questo post su Instagram la catena di supermercati Sainsbury nel Regno Unito è entrata nella storia dei post virali. Che poi sono quei post sui social che raggiungono numeri imponenti di commenti, like e condivisioni. Appunto si propagano come dei virus. Era successo che nelle settimane e mesi prima un noto marchio di formaggi stava ricevendo critiche perché colpevole di chiamare “formaggio” dei prodotti a base vegana, cioè fatti senza latte di mucca. In tutto ciò una consumatrice un giorno scrisse sempre sui social: “Chiamateli come vi pare, chiamateli Gary, basta che non li chiamate formaggio perché non sono formaggio!”
A quel punto tanti altri utenti avevano iniziato a pubblicare battute e meme su questo nuovo fantomatico prodotto di nome Gary. Così scherzando ci. Gli esperti della comunicazione di Sainsbury hanno osservarono quelle reazioni e poi…[snap] colpo di genio! Il marchio decide di lanciare per davvero la nuova linea di prodotti simil-caseari chiamata Gary.
Le storie dei brand sono sempre divertenti, in questo caso riuscendo o a spiegare la polarizzazione che si crea attorno al cibo: diete strane, nuovi cibi, surrogati, salute, tradizione, gusto, diritti, business. Il cibo provoca reazioni di pancia. C’è un fatto, però che nessuno può negare: finché noi umani abbiamo lasciato gli idrocarburi nel sottosuolo la scarsità di cibo era la condizione tipica. Persino i ricchi non accedevano alla varietà di un qualsiasi supermercato moderno e potevano trovarsi in situazioni di scarsità nonostante la loro posizione sociale. Oggi questo livello di varietà lo stiamo pagando e infatti abbiamo due fattori che concorrono al sovrasfruttamento del pianeta, usiamo fossili per avere cibo ovunque e in gran quantità intendo nei paesi ricchi, per crescerlo, confezionarlo, trasportarlo e conservarlo e poi siamo tanti.
Mentre mi ascolti abbiamo superato gli 8 miliardi di esseri umani. Proprio.. adesso! E Invece tu lo sai quanti maiali stiamo allevando? Nel mondo? Proprio adesso? Secondo Statista circa 780 milioni Quante mucche? Quasi 1 miliardo. Polli? 26 miliardi.
500 milioni di tonnellate di latte…! Per me un cappuccino, grazie! Col cacao spolverato!
Scrivo i testi di questa puntata e fra un po’ farò un pranzo di famiglia, con i miei cari. Nella mia famiglia l’unico momento in cui raramente possiamo provare a stare tutti assieme è mentre mangiamo. Oggi mangeremo pollo. Uno dei 26 miliardi attualmente allevati su questo pianeta in crisi. Il cibo mette insieme così tante questioni che la strada per renderlo sostenibile è piena di ostacoli notevoli. E Te li voglio passare in rassegna
C’è la questione morale. Che Inizia così: hai visualizzato l’enorme quantità di animali nei numeri che ho citato prima? Scommetto che l’immagine mentale è quella nefasta degli allevamenti intensivi: bestie agonizzanti, che mordono le gabbie, con dei petti o delle mammelle abnormi, una vita breve e di pura sofferenza. Venire al mondo per essere torturati. Io mi vergogno di essere umano ogni volta che ci penso.
Lo scrittore Jonathan Safran Foer nel suo libro “Se niente importa” racconta un episodio della sua vita. Vi dico pure che questo libro lo trovate fra quelli in 4books. Lui racconta che la nonna era stata ebrea nella germania nazista, e che era sopravvissuta, e che aveva tanti racconti ovviamente,soprattutto sulla mancanza di cibo. La fame era una costante delle sue storie. Dovevano rovistare nella spazzatura, rubacchiarlo, spesso nasconderlo. Non sono racconti edificanti per chi li ha vissuti. Lei era diventata pelle e ossa. Però, aveva sempre rifiutato la carne di maiale. Che, come sapete, non roba da ebrei. Perché, diceva la nonna di Jonathan Foer: “Se niente importa, non c’è niente da salvare".
Quindi i valori che senti dentro di te sono importanti, non sopprimerli. Cioè se vedi una cosa per te sbagliata reagisci. Io il pollo me lo mangio. Mangio carne circa una volta a settimana perché penso che sia parte importante della mia dieta e perché secondo gli studi che ho letto corrisponde a una quantità sostenibile per il pianeta e per quanti umani siamo e saremo. Se riesco compro pollo biologico anche se non è una garanzia e comqune mi mette in discussione.
C’è la questione clima.
Ourworldindata è un sito che fra le altre cose ci mostra che le coltivazioni sono fra le 10 e le 50 volte meno emissive degli allevamenti animali e di pesci. La forbice è ampia perché qui si raccolgono quasi tutti i vegetali, per esempio c’è il riso. Lo sapevi? Il riso emette tanto metano, tanto che va in atmosfera e contribuisce pesantemente al climate change. Cmq meno della carne a parità di caloria prodotta. Quindi sì, gli allevamenti intensivi sono un peso insostenibile per le risorse del pianeta. Qualcuno dirà eh ma ci sono gli animali allevati all’aria aperta, che svolgono funzioni importanti, fonte di fertilizzanti naturali, necessari per il mantenimento del paesaggio, diminuzione del rischio incendi. Sì, t’ho capito ma sono una minoranza ridicolmente piccole rispetto a quei miliardi di bestie che alleviamo a livello mondiale perché ci ho voglia di fried chicken cool film. Qui parliamo dei grandi contributori non dell’agriturismo dove “so stato a maggio con gli amici”.
Questo non è corso di tips e consigli per risolvere la crisi ambientale. Perché quasi tutto ciò che facciamo genera degli impatti ambientali. Per esempio: gli animali allevati con determinanti mangimi emettono meno gas di quelli lasciati al pascolo. Ci sono poi aspetti positivi legate agli allevamenti: produzione di letame per le piante, regolazione di determinati paesaggi, cultura, tradizione, lavoro. E poi ci sono i discorsi realisti se vogliamo. Un report dell’ONU spiega che se proprio non riusciamo a ridurre il numero di animali allevati a questo punto conviene chiuderli nei capannoni controllati almeno così riduciamo il rischio di pandemie e spillover. E vi ricordo che i rischi di epidemie ben peggiori del covid sono elevat oggi giornoi. Tutti questi rischi sono collegati, cioé tanti ristoranti di carne, uguale tante bestie allevate, uguali tanti rischi collegati. Ogni volta che scelgo l’hamburger, come consumatore, sto votando per avere un mondo più pericoloso.
Per cui l’unica soluzione, vera è inconfutabile, il tip che dà sempre ragione è diminuire e di molto il consumo di carne. Inutile girarci attorno. La carne consuma acqua, suolo, terreni per crescere mangimi. Per un kg di manzo abbiamo bisogno di 7 kg di grano, 15k d’acqua…
Quindi due problemi ci porta la carne: quello morale perché stiamo torturando tanti, troppi esseri viventi e quelli per la salute del pianeta e per la nostra salute. Non ho parlato del consumo di carni rosse o peggio insaccati perché non è il tema del podcast, ma ho accennato ai rischi esagerati di epidemie e pandemie.
C’è il tema del pesce che è ancora più complesso della carne. Acquistare pesce sostenibile è davvero raro e difficile. Posso dire che i bivalvi come le cozze e le vongole sono carbon negative, cioè il carbonio che i bivalvi usano per costruire le conchiglie resta imprigionato quindi hanno questo effetto di togliere CO2 dall’atmosfera. Evvive l’impepata di cozze! Certo non ci risolviamo il climate change ma almeno ci sentiamo bene con la coscienza, poi sono buoni e fanno bene. Se vi preoccupate per le sostanze che possono trattenere considerate che le normative per gli allevamenti sono molto serie.
Il pesce allevato? Purtroppo ha tantissime similarità con la carne, per la stragrande maggioranza vengono utilizzati metodi atroci per animali e per gli ecosistemi, ma in alcuni casi ciò non avviene e quindi quel pesce va bene, fa bene e… costa. Un altro Tip ve lo do: pagare il pesce tanto purtroppo non è garanzia di sostenibilità.
Gli ambientalisti preferiscono il cibo cresciuto nei paraggi. A km zero. Un nome che ha fatto tanta fortuna. Al di là della qualità non è detto che sia necessariamente il meglio per l’ambiente. Nel senso che se andiamo a vedere gli impatti del settore alimentare a livello globale scopriamo che il trasporto del cibo contribuisce in misura trascurabile se paragonati a concimi, diserbanti, disboscamenti, inquinanti e così via. Certo i manghi via aereo non li guardare nemmeno, ma per il resto le arance spagnole sono ok per l’ambiente.
Per finire ti faccio un quiz. Secondo te quant’è lo spreco alimentare? Tieniti forte perché se non lo sai… “Circa un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato” secondo la FAO che fa la differenza tra perdite alimentari, cioè perse nella catena di produzione e spreco alimentare che è quello tipico di noi europei e nordamericani, tutto nella pattumiera che poi dobbiamo gestire con altri impatti perché la materia organica emette metano.
Per finire io che non sono un nutrizionista né ingegnere ambientale copio i consigli direttamente dell’ONU che ci raccomanda: