Mi riparo - Edilizia sostenibile
Scopri come rendere la tua casa un baluardo sostenibile contro il cambiamento climatico
13min
Scopri come rendere la tua casa un baluardo sostenibile contro il cambiamento climatico
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Episodi di Guida all’eco-crisi
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Scoppia un incendio nella foresta. Alché gli animali iniziano a uscire dalle loro tane e a fuggire in maniera incontrollata. Soltanto il leone, che è il re della foresta, prende in mano la situazione - “Seguitemi! Di qua! Prima che sia troppo tardi!” In via del tutto straordinaria quel giorno decide di non sfiorare neppure un erbivoro. Adesso il suo ruolo più importante, ha una responsabilità. In quei momenti concitati il leone vede il colibrì che vola in direzione ostinata e contraria, verso le fiamme. Con se porta una gocciolina di acqua nel becco. Allora lo ferma e gli dice: “Cosa fai? Fuggi con gli altri tu che puoi volare, cosa credi di fare con quella goccia che porti” E il colibrì: “Io, intanto, faccio la mia parte”
Questa che vi ho appena raccontato è una fiaba africana, di quelle tramandate, di cui non si conosce l’origine. In Africa non ci sono stati i fratelli Grimm a prendersi i meriti delle storie tramandate a voce. Forse l'avete già sentita, l’ho scelta per l’argomento di questa puntata: la nostra casa che va a fuoco.
“La nostra casa va a fuoco” Ve la ricordate? Era la frase di Greta Thunberg che si riferiva all’intero pianeta. Una metafora, ma neppure tanto metafora visti i mega-incendi e quello che stanno combinando. Allo statto tempo è sempre difficile pensare in scala globale. Tendiamo a pensare a casa nostra, alla nostra tana. Se c’è un incendio, la prima cosa è fuggire via. Le nostre vite andavano avanti normali poi ad un certo punto è uscita fuori questa novità del cambiamento climatico. All’inizio riguardava paesi come il Bangladesh, la Somalia, a volte i tifoni negli Stati Uniti, l’uragano Katrina… roba normale, già sentita e molto lontana da noi. Dai, i disastri ci sono sempre stati.
Finché abbiamo iniziato a vederli in Italia i disastri climatici, e sempre più spesso.
Fra le persone che iniziano a pensare di lasciare l’Italia per il clima e quindi per sfuggire al cambiamento climatico abbiamo i giovani in testa. C’è da aspettarselo e forse è giusto che sia così. L’Europa e il mediterraneo infatti sono un hotspot climatico. Che significa? Che sul pianeta terra le temperature medie stanno aumentando con velocità diverse, a seconda delle zone. Qui da noi siamo al doppio degli aumenti. Cioè noi abbiamo la doppia sfiga climatica. I nostri governi si impegnano a respingere una immigrazione inarrestabile, ma perdiamo quei pochi giovani che nascono qui. Arriva inevitabilmente il momento in cui pensiamo: dovrei andarmene adesso che sono ancora in tempo?
E allora apro un altro filone: quello dei paesi che si salveranno, colpiti meno dalla crisi climatica e con più risorse per adattarsi. Vi ricordate la puntata su l'eco ansia? Ecco, se io ho paura, istintivamente fuggo. Alché alcuni studiosi si sono domandati: ma quali sono questi paesi dove io posso trasferirmi e mettermi un pochino al riparo? Almeno per i prossimi anni? E siccome io sono un tipo pratico ve li elenco senza altri giri di parole, sono: la Nuova Zelanda, la Tasmania, l'Irlanda, l'Islanda, il Regno Unito, gli Stati Uniti e il Canada.
Puntata finita andiamocene a casa!
[silenzio]
Eh… no!! Hehe, non è così semplice. Quell’elenco di paesi fortunati era stato pubblicato da due ricercatori britannici, guardacaso, di nome Aled Jones e Nick King. Loro avevano considerato la capacità di produrre cibo, di avere fonti energetiche rinnovabili, quindi anche geotermico, di essere isolati visto che una delle questioni saranno le migrazioni di massa… saranno… sono!
Però quello studio è stato criticato. Perché, perché intanto non è detto che abbiamo tutte le risorse di cui hanno bisogno come i combustibili fossili stessi, che sembra assurdo ma è energia pronta all’uso importante nei momenti critici, ma sono anche fertilizzanti che ad oggi permettono l’agricoltura intensiva che sfrutta i terreni. Lo sapevi? Gran parte dei fertilizzanti dell’agricoltura intensiva viene dal gas? Tu forse pensavi di mangiare pomodori e invece è gas all’origine. Ma non divaghiamo. Stavo parlando di isole e del fatto che sarebbero più sicure, epperò considera che viviamo in un mondo in cui i confini non esistono quasi più, c’è una cosa chiamata interconnessione globale. Infatti nessun paese è indipendente per il 100% delle risorse, c’è chi ha una cosa e chi un’altra, è sempre stato così. E poi c’è la reazione delle persone e dei popoli, ci potranno essere nuovi conflitti? Guerre mondiali? Accordi strategici tra certi paesi proprio per riallocare le proprie popolazioni? Aspettiamoci di tutto.
Ora torniamo alla favola africana dell’inizio. Spesso si salta la seconda parte della favola. Quando il colibrì inizia a fare avanti e indietro col suo beccuccio da pompiere. Altri animali lo notano, oltre al leone, e dopo un po’ un piccolo di elefante si fa coraggio e lo imita, prende un po’ d’acqua e la va a lanciare contro le fiamme. A seguire la intenerita madre del piccolo, poi gli altri animali iniziano a fare lo stesso. Insomma, avete capito la storia. Gli animali quando si uniscono riescono a spegnere tutto l’incendio. Vincono! Quindi la storia cambia un bel po’ e capiamo che vero protagonista della storia più che il colibrì è il piccolo di elefante. È lui che compiè il gesto che innesca il cambiamento sociale, capito? Il personaggio dell’elefantino ha un nome nelle teorie sociali. Si chiama “first follower”, il primo seguace. Lui è importantissimo! Perché in questo mondo ci sono tante persone ispirate che iniziano a fare una cosa stupenda, ma tutti le vedono come persone… speciali, innarrivabili dai più, è invece il first follower che si porta dietro gli altri dimostrando loro il potere che ciascuno ha.
E questo dovrebbe farci pensare al potere che tutti noi abbiamo e che ignoriamo.
E rimanendo in tema casa, la domanda è: cosa posso fare a casa mia per aiutare il mondo? Perché fuggire significa soltato rimandare il problema?
C’è una cosa che possiamo fare, spesso non semplice, per essere meno emissivi individualmente:
Isolare le nostre case. La stragrande maggioranza delle nostre abitazioni è un colabrodo di energia. Cosa accade d’inverno dopo che i caloriferi sono stati spenti per 4 o 5 ore? Si gela. Stessa cosa per il caldo d’estate. Ma non dev’essere così! Le case isolate hanno bisogno di molta meno energia per essere rese confortevoli. Al mondo, e secondo l’ONU, il 40% delle emissioni di gas serra viene dagli edifici che riscaldiamo e rinfreschiamo, in più causano le polveri sottili, aumento delel temperatura nelle città e così via. L’Onu dice che 38% delle emissioni globali viene dall’energia che usiamo nelle case. Venendo all’Italia, sul bonus 110 sono state dette moltissime cose ed evito di entrarci. Sappiate comunque che quell’intervento oggi fa risparmiare il 40% circa di gas alle case che lo hanno sfruttato ed emettono circa la metà della CO2 rispetto a prima.
Esistono tantissime tecnologie green per l’edilizia, anche nuove, come il legno lamellare che permette di costruire grattacieli in legno, soprattutto perché costruire nuovi edifici in cemento emette tantissimo. Una buona parte delle emissioni del settore edilizio deriva dalle nuove costruzioni. Ecco perché riqualificare quello che già abbiamo è la strada. Un po’ come il ri-uso e il ri-ciclo. L’usa è getta non è mai la soluzione da preferire. Se ti interessa sappi che ci sono nuove tecnologie per stampare le abitazioni con cementi di nuova concezione e utilizzandone molto molto meno.
Comunque al di là delle tecnologia c’è un’altra strada di cui il climatologo Luca Mercalli parla e racconta come esperienza personale. Lui in effetti si è trasferito, ma non in senso orizzontale, lo ha fatto in senso verticale, in alto. È andato a vivere in montagna. Lo consiglia di fare a tutti quelli che se lo possono permettere per lavoro o questioni familiari, ma a un patto, di riqualificare ciò che già perché costruire da zero a un grandissimo impatto ambientale perché i paesi di montagna sono pieni di case disabitate da rimettere in sesto.
Finiamo la puntata con il nostro amichetto colibrì. Devi sapere che esiste un altro finale dello storia dell’incendio e del colibrì. Come tante storie orali cambiano. C’è un finale chiamato il “burnout del colibrì”. Il burnout è quando uno lavora troppo finché ha un crollo psico-fisico. Il piccolo pennuto di questa storia inizia ad andare avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro in modo forsennato, il cuoricino gli batte fortissimo. Ma le fiamme sono immense, di fronte al mega incendio, il colibrì senza più energia cade nella foresta. Non riesce più ad alzarsi, e stanchissimo e poi gli sembra tutto inutile. Lui sa che le fiamme lo stanno raggiungendo eppure non ci prova più, è andato in burnout perché nessun elefantino lo ha seguito in questa storia. Sono andati tutti a rifugiarsi in chissà quale altra tana.
Se stai ascoltando questo podcast sappi che non sei tu il colibrì, però puoi essere il first follower. Invece di fuggire, proviamo a spegnerlo questo incendio e aiutiamoci in casa nostra prima di diventare indesiderati migranti climatici.