Sesta parola: Multitasking
Scopri la verità sul multitasking e sfata i miti per migliorare la tua produttività
12min
Scopri la verità sul multitasking e sfata i miti per migliorare la tua produttività
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Episodi di Le parole dell'organizzazione
Nell’episodio precedente abbiamo parlato di tempo.
Che tra le risorse limitate è sicuramente la più famosa.
Se lo hai già ascoltato però conosci la mia opinione.
Parlare di gestione del tempo non ha molto senso.
Perché il tempo non può essere gestito. Quello è.
Quello che puoi gestire invece sono le tue azioni all’interno del tempo che ti è concesso.
E ci sono almeno due risorse che puoi imparare a ottimizzare e a investire nel modo corretto, affinché queste azioni risultino non solo efficaci ma anche semplici e facili da eseguire.
La prima di queste due risorse è l’attenzione.
La capacità di restare focalizzata o focalizzato sul compito che stai eseguendo.
E l’attenzione ha un impatto sul tempo.
Gestire la propria attenzione è decisivo per una più efficace gestione del tempo.
Il problema però è quando l’attenzione che, indovina un po’, è anche lei limitata, viene usata male. Viene dispersa, frammentata e di conseguenza sprecata.
E questo avviene quando facciamo MULTITASKING. La parola che ho scelto per questo episodio del podcast.
Sicuramente ne conosci il significato.
Probabilmente lo avrai letto in un annuncio di lavoro: “cerchiamo una persona multitasking”.
Oppure avrai sentito dire che “le donne sono multitasking e gli uomini no”. O anche che tra le donne, le mamme sono particolarmente abili al multitasking.
Del multitasking si dice tutto e il contrario di tutto. Leggende metropolitane e risultati di ricerche scientifiche.
Ma che cos’è davvero il multitasking?
Non ti nascondo che a volte mi sale il dubbio di annoiare.
Di risultare quasi banale nel parlare ancora di multitasking.
Inoltre, è estremamente complicato provare a tirare le fila della mole di dati e ricerche che, da un sacco di tempo, la comunità scientifica produce sul tema.
Svolgo il mio lavoro di professional organizer, però, perché ho a cuore la qualità del tempo e della vita professionale delle persone con cui lavoro.
E ho visto cosa significa lavorare in contesti in cui non c’è rispetto delle risorse, proprie e altrui.
Da parte del capo nei confronti dei collaboratori, ma anche da parte delle singole persone nei confronti di se stesse.
C’è stato un momento in cui anche io ho completamente ignorato i miei limiti fisici e psicologici per produrre, in tempi assurdi, quello che mi veniva chiesto. Non ne vado fiera.
Per questo penso che di multitasking valga sempre la pena parlare.
E cominciamo dalle fondamenta.
Che cosa significa davvero fare multitasking?
La traduzione letterale la conosciamo.
Fare multitasking significa eseguire più compiti contemporaneamente.
Dal latino “multi”, ovvero tanti, e dall’inglese “task”, che vuol dire compito, attività.
Ho una domanda per te.
C’è, secondo te, un multitasking che fa male e uno che fa bene, o almeno, che non fa troppo male?
La mia risposta a questa domanda è “Sì!”
Mi spiego.
I compiti che si possono svolgere in multitasking sono di diversa origine.
Alcuni sono esclusivamente cognitivi. Per esempio, studiare, parlare con un’altra persona o rispondere a una mail.
Altri sono invece fisici come camminare, correre, respirare.
Greg McKeown nel suo libro “Dritto al sodo” si concentra sul multitasking cognitivo e lo definisce in modo secondo me molto efficace: multifocusing.
Quindi focus, attenzione, su più cose.
La definizione è utile perché distingue due tipi diversi di multitasking.
Uno che coinvolge anche azioni fisiche e di routine, non per forza negativo.
Pensa se non potessimo respirare mentre parliamo!
E uno che è più mentale e che impatta sulla qualità del nostro lavoro.
Il multitasking che fa male è quello che avviene sui compiti cognitivi, di attenzione e concentrazione mentale.
Quello in cui l’attenzione è attiva e viene spartita su più di un compito alla volta.
Ti faccio alcuni esempi:
Queste attività lavorano tutte a livello di attenzione cognitiva.
E in questo caso, fare multitasking fa male.
Nello specifico, ha una serie di effetti che hanno a che fare con il tempo, la presa di decisioni e il rischio di errore.
E sì, ti faccio uno spoiler perché ne parliamo tra pochissimo, ma sono effetti negativi.
Esiste, quindi, un multitasking positivo?
Il multitasking che non fa poi così male e quindi che possiamo, più o meno serenamente, praticare è di tre tipi.
Purché tu ponga l’attenzione su una cosa alla volta, puoi scegliere di fare più attività nello stesso giorno, facendo delle pause e alternando i compiti. Soprattutto se ti annoi facilmente e ami la varietà.
Facciamo però un passo indietro e torniamo al multitasking cognitivo, ovvero al multifocusing.
Quello più frequente e anche quello più dannoso.
Che effetti ha sul nostro lavoro?
Sono principalmente tre.
Effetto n.1
LA CHIAREZZA MENTALE CALA ED È PIÙ DIFFICILE PRENDERE DECISIONI
Saltellando da un compito a un altro, il cervello viene sottoposto a un carico mentale doppio: ogni volta che si focalizza su un task deve cercare di recuperare il filo rispetto a dove era rimasto e poi da lì proseguire.
Ma l’attenzione umana è focale. Si può direzionare su una cosa alla volta.
Magari per la prima mezz’ora non te ne accorgi nemmeno che stai facendo così. Ma il carico a fine giornata si sente.
È un effetto collaterale del multitasking che sul lungo periodo genera stanchezza, stress e frustrazione, spesso per aver lasciato inconclusi uno o più compiti.
Effetto n.2
AUMENTA IL RISCHIO DI COMMETTERE ERRORI
I primi due effetti sono ovviamente collegati.
È evidente che se le decisioni vengono prese con maggior difficoltà, è altamente probabile che non vengano prese nel modo e nel momento corretto.
Commettere errori nel proprio lavoro fa parte del processo, ma questo richiede, spesso, di tornare sui propri passi per sistemare quell’errore.
E questo ci porta al terzo effetto negativo.
Ovvero che..
CI VUOLE PIÙ TEMPO PER FARE LE COSE
Il tempo per portare a termine i compiti programmati aumenta, invece che diminuire. Questo perché sarà più faticoso fare tutto e perché, in caso di errore, dovrai tornare indietro e risolvere quello che non hai eseguito correttamente.
Quindi a fine giornata ti innervosisci il doppio, non solo per lo stress, ma anche per la frustrazione di avere ancora troppe cose nella to-do-list che avevi scritto al mattino.
Insomma, non vedo grandi vantaggi nel fare multitasking.Si lavora peggio e pure di più.
Per come la vedo io, fare una cosa alla volta é più sostenibile nel lungo periodo ma anche più efficace e gratificante nel breve termine.
Le strategie per introdurre questo principio sono tante e dipendono dal tuo lavoro, dall’ambiente che ti circonda e dai compiti che svolgi ogni giorno.
È in nostro potere fermare la ruota, se ci stiamo correndo sopra in tondo da troppo tempo.
Come sempre, in chiusura ti saluto con un consiglio di lettura e un esercizio pratico.
Il libro che ti suggerisco se vuoi approfondire l’argomento dell’attenzione è sicuramente “Deep Work“ di Cal Newport.
È un testo che indaga l’idea di “lavoro profondo” ovvero un lavoro focalizzato, lontano dalle distrazioni, su un compito intellettuale sfidante.
Nel momento in cui impariamo a direzionare e mantenere la rotta della nostra attenzione, il tempo non sarà più un problema. E forse saremo in grado di trovare (o ri-trovare) significato in ciò che stiamo facendo.
E se desideri applicare da subito questa difesa della tua attenzione nel corso della giornata, allora dovresti provare la tecnica del pomodoro.
La Tecnica del Pomodoro è una tecnica di gestione del tempo. È stata ideata da Francesco Cirillo alla fine degli anni 80.
È un metodo molto semplice per contrastare il multitasking e allenare le proprie capacità di concentrazione.
Ma anche per ridurre le distrazioni e di conseguenza concludere un’attività in meno tempo.
È un metodo che si applica a moltissimi tipi di lavoro. Ma non a tutti.
Funziona bene, per esempio, per lo studio, la scrittura, la programmazione, l’inserimento dati.
Per tutte quelle attività che richiedono tanto tempo per essere completate e molta concentrazione.
Non si presta invece per i compiti che hanno una relazione con il cliente, ad esempio se hai un negozio e fai servizio al pubblico. Capirai il perché tra un attimo.
Come si applica?
Si utilizza un timer da cucina. Possibilmente a forma di pomodoro. È questo che da il nome alla tecnica.
Ma se non ce l’hai va bene lo stesso.
Puoi usare il timer del cellulare ma in quel caso, mi raccomando, inserisci la modalità aereo per evitare distrazioni.
Scegli un lavoro da svolgere nella tua prima sezione di pomodoro.
Può essere un lavoro di scrittura, di revisione, di fatturazione, di lettura, di studio. Quello che vuoi.
Io per esempio, ho scritto questo episodio con un pomodoro che ticchetta.
Imposta il timer per 25 minuti. Allontana da te tutte le distrazioni e per tutta la durata del timer concentrati sull’attività che hai scelto.
Al termine del primo pomodoro, prenditi 5 minuti di pausa (potrebbe essere utile in questo caso, impostare nel timer 5 minuti). Alzati dalla scrivania, prendi una boccata d’aria o un caffè, concedi alla tua mente di vagare.
Al termine della pausa, imposta un nuovo pomodoro da 25 minuti e prosegui con il compito di prima, se non lo avevi terminato. Altrimenti scegli un’altra attività e vai avanti con quella.
Dopo il secondo pomodoro, altri 5 minuti di pausa e così via fino a che non avrai completato 4 pomodori.
A quel punto concediti una pausa più lunga, di 15 o 30 minuti prima di riprendere il tuo lavoro.
Questa è la tecnica base.
Così come l’ha progettata Francesco Cirillo.
Ma se la Tecnica del Pomodoro originale stabilisce 25 minuti di lavoro, questo non vuol dire che non possiamo sentirci liberi di fare qualche variante.
Ricorda che l’organizzazione che funziona è sempre flessibile.
Per esempio, mi è capitato di lavorare con un ragazzo di 11 anni e di aiutarlo nella definizione di un metodo di studio.
Aveva difficoltà a restare concentrato. Per questo abbiamo inizialmente usato quelli che potremmo definire dei “pomodorini” della durata di 7 minuti e poi li abbiamo allungati fino a 15.
Per lui è stata una conquista.
Dall’altro lato, c’è chi invece potrebbe preferire una sezione di lavoro più lunga: ecco che in questo caso il pomodoro potrebbe allungarsi, in sessioni concentrate di 30, 45 o 60 minuti.
Il mio suggerimento è di partire con quello base e poi sperimentare.
Se ti va, fammi sapere come è andata.
Al prossimo episodio!