Prima parola: Ordine
Scopri come l'ordine è il primo passo verso un'organizzazione migliore nella tua vita
7min
Scopri come l'ordine è il primo passo verso un'organizzazione migliore nella tua vita
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Episodi di Le parole dell'organizzazione
È possibile che in un momento della tua vita sia comparsa la voce “organizzazione” all’interno della tua lista dei buoni propositi.
Hai presente quando a Capodanno pensi a come migliorarti, a quali cambiamenti portare nella tua vita?
Ecco.
Essere più organizzata o organizzato, sul lavoro o nella vita in generale, è uno stile di vita a cui aspiriamo in tanti.
Ma perché?
Sapresti spiegare la ragione del perché l’organizzazione sia una competenza desiderata (o desiderabile)?
In questo primo episodio di “Le parole dell’organizzazione” vorrei provare a darne una definizione, attraverso però un’altra parola. Spesso associata, a volte persino sostituita, a organizzazione.
E questa parola è ORDINE.
Te lo anticipo già. Non è tanto facile definire l’organizzazione.
Essere organizzato ha un significato diverso per ognuno di noi, ne parleremo tra pochissimo. Seguimi nel ragionamento, perché ci muoveremo tra libri e risorse diverse.
Partendo da Oscar Wilde.
The importance of being Earnest è una commedia di Oscar Wilde.
Il titolo è stato tradotto in italiano nello sfortunato “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. Un titolo che purtroppo perde il doppio senso su cui si basa l’ironia dell’opera originale.
La storia si sviluppa infatti proprio sul gioco di parole che esiste tra l’aggettivo inglese earnest, che significa onesto, coscienzioso, sincero, e il nome proprio maschile Ernest.
Due significati diversi per due parole dalla stessa pronuncia.
I due Ernest della storia infatti fingono di essere quello che non sono, per conquistare i favori di due giovani dame che come tutte le donne dell’epoca aspirano all’amore di un uomo retto, giudizioso, insomma, onesto.
Esattamente il contrario di quello che sono questi due furbi gentiluomini inglesi.
La commedia di Wilde è una critica di costume della società vittoriana, dove la rispettabilità viene prima di tutto, e si trasforma in un gioco di apparenze e piccoli inganni.
Nessuno dei due uomini si chiama Ernesto. Nessuno dei due uomini è earnest, onesto.
Ne portano soltanto il nome. E il nome, si sa, non è la sostanza, ma solo l’apparenza di qualcos’altro.
Lo scriveva anche William Shakespeare in Romeo e Giulietta
Ciò che noi chiamiamo con il nome rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.
L’ordine, un po’ come i nomi, ci trae in inganno.
Il vocabolario Treccani lo definisce come:
Disposizione regolare di più cose collocate, le une rispetto alle altre, secondo un criterio organico, ragionato, rispondente a fini di praticità, di opportunità, di armonia.
Ordine come armonia, e, perché no, anche bellezza. L’ordine delle stagioni.
Ordine come regolarità e successione sequenziale. L’ordine alfabetico.
Ma ordine anche come funzionamento regolare, disciplinato, funzionale e forse anche un po’ rigido. Le forze dell’ordine.
Non so. A me l’ordine non sta poi così simpatico. Forse perché mi risuonano ancora nelle orecchie le parole di mia mamma quando mi diceva di tenere in ordine camera mia. Mi sa di imposto. E di rigido.
E a proposito di ordine, aggiungiamo un nuovo tassello al nostro ragionamento.
La scienza si è interrogata più volte sul concetto di ordine, contrapposto a quello di caos.
Inizialmente, nelle scienze antiche (della Grecia, dell’Antico Egitto ma anche nelle tradizioni cinese e indiana) il caos, l’universo disordinato, vuoto e buio precedente alla creazione, si contrappone al “Cosmo”, che è il suo opposto positivo, l’ordine a seguito della creazione.
Nell’Ottocento questa dicotomia si perde: il caos, considerato intrattabile, non viene nemmeno preso in considerazione. Esiste solo l’ordine delle ripetizioni periodiche: il moto della Terra intorno al Sole, l’oscillazione eterna del pendolo di Foucault.
Ma nel Novecento le cose cambiano.
La meccanica quantistica e la scienza dei sistemi introducono un nuovo modo di vedere le cose. In realtà, è proprio dal caos che si manifestano forme e strutture ordinate.
Ordine e caos convivono nello stesso sistema in un processo di cambiamento continuo.
Il disordine ha bisogno dell’organizzazione per diventare un sistema.
Ma che cos’è un sistema?
Wikipedia definisce il sistema come un insieme di elementi o sottosistemi interconnessi tra di loro o con l’ambiente esterno tramite reciproche relazioni, ma che si comporta come un tutt’uno, secondo proprie regole generali.
In un sistema c’è interdipendenza tra più elementi, coordinati tra loro: il sistema nasce da un vero e proprio processo di costruzione, un processo creativo, dinamico e in continuo movimento.
Proprio come l’organizzazione.
Che non è qualcosa di rigido, fisso, immutabile, uguale per tutti.
L’organizzazione è, ancora una volta da Treccani:
Il modo in cui le varie parti o componenti sono dinamicamente connesse o coordinate tra loro.
Pertanto….
Ordine e organizzazione non sono la stessa cosa
L’ordine è un pattern, un motivo che si ripete, una caratteristica strutturale di uno spazio o di una serie di oggetti, solitamente statico e legato a una regola condivisa o meno.
L’organizzazione invece è qualcosa che cambia, che si trasforma, che unisce i puntini per trasformarli in un disegno.
Nell’organizzazione la somma è qualcosa di più delle sue parti, proprio come le parti di un aereo da sole non possono volare.
Ma allora perché essere organizzati?
Nel suo libro Facciamo ordine(ah, lettura che ti consiglio) la mia collega professional organizer e mentore Sabrina Toscani dedica un intero capitolo alle risposte che i tanti partecipanti ai suoi corsi e seminari hanno dato a questa domanda.
E le risposte sono sorprendenti. Te ne dico qualcuna:
Perché l’organizzazione non è avere una casa perfetta, le magliette piegate a pacchetto e i libri ordinati negli scaffali per il colore della copertina.
Essere organizzati è trovare il proprio movimento.
Verso una direzione precisa, qualunque essa sia.
Essere organizzati significa essere liberi.
Che ne pensi di questa definizione?
In conclusione di questo primo episodio, vorrei salutarti con una proposta di esercizio.
Una piccola attività pratica che ti aiuti a riflettere sul contenuto di questo audio. Lo farò per ogni puntata.
Ora ti invito a prendere un post it e a scrivere, in una parola o poco più, il tuo personale significato di ORGANIZZAZIONE.
Se hai voglia di condividerlo con me, scrivimi sui social network o attraverso il mio sito. Mi trovi come Chiara Battaglioni, professional organizer.
Grazie di avermi ascoltata e al prossimo episodio.