Bufale e falsi miti sull'apprendimento
Come evitare l’affabulazione e i falsi miti sull’apprendimento
14min
Come evitare l’affabulazione e i falsi miti sull’apprendimento
14min
Episodi di Vince chi impara
Il cervello, sede di pensieri, esperienze, ricordi, emozioni. Strumento complesso e affascinante a cui dobbiamo il nostro incredibile potenziale. Quanti studi e quanta curiosità ruotano attorno alla mente umana… ma il tema che ritorna a più puntate è sempre lo stesso: quali sono i segreti dell’apprendimento?
Perché di questo si tratta: di andare alla ricerca di una verità nascosta e mai rivelata. In fondo, le storie sono come un’infezione, diceva Tolstoj, e più ci coinvolgono, più l’infezione è grave. Ecco, le fake news hanno la capacità di colpirci esattamente in questo nostro punto debole, per questo si diffondono in maniera così veloce e così pervasiva. E così miti e falsità hanno invaso anche il mondo dell’apprendimento, alimentando quell’alone di mistero che aleggia intorno alle capacità del cervello umano.
Oggi più che mai, però, non possiamo permetterci di dare per buona un'informazione senza prima averle fatto l’identikit. Non possiamo mai dimenticarci di controllare e valutare tutto quello che leggiamo, ascoltiamo o vediamo. E il modo migliore per farlo è sempre cercare l’evidenza scientifica e risalire a fonti autorevoli.
Quando, puntualmente, salta fuori la favola secondo cui ognuno di noi utilizzerebbe solo il 10% del cervello, o quando ci ritroviamo a discutere di un fantomatico “approccio sensoriale” all’apprendimento, deve necessariamente suonare un campanello d’allarme nella nostra testa.
Di che cosa stiamo parlando? Da dove vengono queste teorie? Esiste una base scientifica, un dato verificato e ritenuto indiscutibilmente attendibile? Partire da questi interrogativi e andare attivamente alla ricerca di una risposta è un passaggio necessario per distinguere la verità dalle bugie belle e impossibili. In altre parole: per fare spazio agli strumenti che ci servono DAVVERO, dobbiamo prima sgomberare il campo da tutto ciò che è inutile e che ci porta completamente fuori strada.
Per questo voglio parlarti anche di tutte le bufale e i falsi miti più diffusi sull’apprendimento così che tu possa evitarli, sapendo bene il perché. Partiamo subito con il primo concetto pseudoscientifico: quello relativo alla lettura veloce.
Il mito dello speed-reading si è diffuso sul finire degli anni ‘50 ed è un esempio di come una bella promessa ci porti tutti a spendere soldi ed energie per cose che non esistono. Il classico specchietto per le allodole.
La disciplina si basa su una promessa allettante: una persona media, quando è concentrata, legge circa 200 parole al minuto; con lo speed-reading potresti arrivare anche a 3000. Il tutto senza compromettere la capacità di capire il contenuto. Figata! E invece no. Tutto falso: buona parte della disciplina si basa principalmente su 4 concetti inapplicabili:
Tutto questo ci porta a un’unica, grande verità: la maggior parte delle volte per “lettura veloce” si intende quella pratica con cui si scorre velocemente il testo soffermandosi su alcune parole per cogliere il senso generale.
Questo non è speed-reading, è skimming. Una tecnica utilissima, ma che non ha niente a che vedere con tutto questo. Ma allora la lettura veloce è TUTTA una bufala? No, in realtà si può davvero diventare più rapidi, arrivando fino alle 400 parole al minuto. Ma in questo caso ci si baserà su un “allenamento” a leggere tanto; a variare il ritmo, accelerando nei passaggi semplici e rallentando dove è necessario. In più bisognerà usare indicatori, come penne, matite, o dita, per tenere il segno e ridurre la possibilità di errori.
Anche postura, illuminazione e distanza dal libro sono elementi da considerare. Ma tutto questo non ha niente a che vedere con quello che viene insegnato ai corsi di lettura veloce. E non è finita qui, perché ora passiamo a un altro concetto che avrai sentito almeno un centinaio di volte negli ultimi anni. Parliamo di “stili di apprendimento sensoriali”.
Qualche decennio fa, ha cominciato a circolare una disciplina diventata ormai famosa, nel bene e nel male… la PNL, Programmazione Neurolinguistica. Viene definita come una nuova modalità di approccio alla comunicazione e allo sviluppo personale, ma ha un nome ben preciso e cioè: pseudoscienza.
È stato proprio con la diffusione della PNL che è stata introdotta l’idea secondo cui esisterebbero dei “canali sensoriali di apprendimento”. In sostanza, secondo questa teoria, ognuno di noi avrebbe un canale sensoriale di riferimento, che può essere visivo, auditivo o cinestetico. Sulla base della nostra “preferenza”, l’apprendimento di ognuno di noi sarebbe influenzato dalla velocità del dialogo, dal modo di gesticolare… in pratica, se ti piace PROPRIO TANTO la musica, secondo questa teoria dovresti studiare solo ascoltando audio. Peccato che in tutto questo non ci sia alcuna base o dato scientificamente provato. È sicuramente vero che ognuno di noi ha una preferenza personale in fatto di apprendimento. Se siamo qui è perché probabilmente preferisci ascoltare un podcast a una carrellata di slide e nessuno avrà nulla da ridire a riguardo.
Ma questo non vuol dire che ci sia una correlazione tra la tua preferenza e il modo in cui impari. Esistono diversi stili di ragionamento, diversi modi di applicare l’intelligenza… gli stili di apprendimento, invece, non hanno alcuna rilevanza. Le modalità con cui impariamo dipendono da una quantità di variabili molto più complesse e di quelle che ci presenta la PNL.
Contesto di provenienza, interessi, motivazioni, spinte personali, difficoltà, tutto questo influisce sul modo in cui riceviamo e rielaboriamo le informazioni. Il resto è semplicemente un mito a cui devi rinunciare, anche se a fatica. E non è di certo l’unico, perché ora viene il bello: andiamo a sviscerare un altro argomento iper-dibattuto… l’ipnopedia, ovvero la capacità di imparare mentre si dorme.
Chi non ha mai fantasticato sulla possibilità di andare a letto per poi svegliarsi la mattina dopo con il cervello pieno di informazioni nuove e senza aver fatto nessuno sforzo? L’idea nasce negli anni ‘20 quando si pensava che il sonno assomigliasse un po’ a uno stato ipnotico e che bastasse lasciare in riproduzione una registrazione durante tutta la notte per immagazzinare le informazioni e memorizzarle. Una teoria che ha colpito talmente tanto l’immaginario collettivo da essere ancora molto in voga, nonostante le ripetute smentite scientifiche. Esistono app, programmi, corsi e chissà cos’altro che promettono di poter imparare e memorizzare, dormendo.
Così, senza fare nient’altro che “subire” passivamente le informazioni in riproduzione nelle orecchie. In realtà, già negli anni ‘50 è stato reso noto che gli stimoli che riceviamo durante il sonno non possono essere processati dal cervello così come avviene quando siamo svegli. Questo significa: niente memorizzazione, e naturalmente, nessun ricordo dell’argomento al risveglio. Specialmente le informazioni complesse e astratte devono essere elaborate in modo MOLTO attivo, per poter essere comprese e ricordate. E neanche gli elenchi di nomi, codici o date se la passano tanto bene, in fatto di ipnopedia. Semplicemente le informazioni non si lasciano dietro alcuna traccia mentre dormiamo. Ma voglio stupirti: qualcosa di vero, in questa teoria, c’è. Ed è la possibilità di rinforzare il ricordo di un’informazione fresca grazie a uno stimolo sonoro.
La tecnica si chiama TMR, Targeted Memory Reactivation e sembra funzionare molto bene con l’apprendimento delle lingue straniere, ma si tratta di un campo di ricerca ancora in fase di sviluppo. In definitiva, il sonno esercita ancora un certo fascino in questo ambito, soprattutto perché è legato alla possibilità di imparare senza grossi sforzi… Ma qui tocca svegliarsi e tornare alla realtà, perché ora passiamo a un altro settore offuscato dalle fantasie e dalle bufale: parliamo di tecniche di memoria miracolose.
Non fraintendermi, non sto affatto dicendo che le tecniche di memoria sono una cialtronata. Io stesso collaboro con personaggi del calibro di Andrea Muzii, il campione del mondo di memoria e Vanni De Luca, il più grande mnemonista in circolazione. Le mnemotecniche sono utili e funzionano alla grande… se sai come applicarle al meglio e soprattutto se sai per quale tipo di informazione devi usarle.
Sì, perché sulla memoria si inventa una bufala ogni giorno ed è importante capire come distinguere le reali potenzialità a cui abbiamo accesso, dalle favolette troppo belle per essere vere. Per esempio, si è diffusa e poi consolidata l’idea secondo cui si possono studiare interi argomenti solo applicando queste tecniche, mettendo da parte tutte le fasi del metodo di studio.
La verità è che le mnemotecniche sono strumenti con uno scopo preciso: ricordare sequenze e liste di dettagli tecnici, nomi, codici, date. Ma per uno studio di ragionamento, in cui sono i concetti a prevalere, queste tecniche non ci sono affatto d’aiuto. In questi casi abbiamo bisogno di rielaborare e ripetere, non di imparare a memoria. E dopo questo chiarimento, arriviamo dritti all’ultima leggenda metropolitana di cui voglio parlarti, quella che ogni anno aiuta i fatturati di diversi cialtroni in giro per il mondo. Quante ne hai sentite sui poteri nascosti della mente?
C’è tutto un mercato legato alla promessa di poter “sbloccare” alcune fantomatiche abilità mentali che non trovano assolutamente alcun riscontro realistico.
Andiamo per ordine:
Ho creato un po’ di caos e confusione?
Lo so, con questa bella panoramica su bufale e miti ti ho scaricato addosso un carico non indifferente di cose a cui pensare… perciò ti lascio alle tue riflessioni. Noi, intanto, ci risentiamo nella prossima prossima puntata. A presto!
di 6