Che cosa significa imparare?
Dal significato di "imparare" ad un primo metodo per darsi degli obiettivi
14min
Dal significato di "imparare" ad un primo metodo per darsi degli obiettivi
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Episodi di Vince chi impara
Non potevamo che aprire questa nostra prima puntata ufficiale del podcast con una domanda, una domanda che può sembrare banale ma, in realtà, nasconde molte sfumature profonde.
Noi diamo per scontato di saperlo, fin da quando siamo dei bambini, ma se cominciamo a ragionare su una definizione completa, univoca, che metta insieme tutte le sfumature e tutti gli ambiti in cui imparare è centrale, le cose si fanno rapidamente meno chiare. Il vocabolario Treccani definisce “imparare” così:
“Acquistare cognizione di qualche cosa, o fare propria una serie di cognizioni (relative a un’arte, a una scienza, a un’attività, ecc.), per mezzo dello studio, dell’esercizio, dell’osservazione, della pratica, attraverso l’esempio altrui.”
Sempre Treccani, stavolta per “apprendimento”: “Il processo di acquisizione e di modificazione di capacità e abilità comportamentali degli organismi viventi animali e umani, nel corso delle esperienze nell'ambiente.”
Wikipedia alla voce “apprendimento” va più sullo scientifico: “L'apprendimento, nella psicologia cognitiva, consiste nell'acquisizione o nella modifica di conoscenze, comportamenti, abilità, valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi tipi di informazione.”
Tutte e tre le definizioni sono corrette, poco ma sicuro, eppure per qualche motivo sento che sono ancora incomplete… manca qualcosa. Manca, innanzitutto, un’indicazione dello scopo, del perché impariamo. Manca poi un’indicazione del processo, di come impariamo. E manca un’indicazione dell’impatto che ha su di noi quell’apprendimento, di come cambiamo mentre impariamo.
Fra un paio di minuti ti presenterò la mia personalissima definizione di apprendimento, ma andiamo per gradi e, tenendo buono ciò che abbiamo letto su Treccani e Wikipedia, affrontiamo uno alla volta questi “pezzi mancanti”: lo scopo per cui impariamo, lo stimolo che ci mette in moto. Noi impariamo per risolvere un problema, per piacere o passione personale, per adattarci agli stimoli che ci vengono dall’ambiente, talvolta per un obbligo esterno o una necessità… se ci pensi bene, però, impariamo sempre per raggiungere un obiettivo.
Può essere più generale, culturale, di arricchimento (anche se vedremo fra poco che io consiglio comunque di focalizzarlo) oppure più pratico, specifico. Ma impariamo sempre in risposta a un obiettivo, di qualunque tipo esso sia o da qualunque parte esso arrivi o da qualunque cosa sia motivato.
E poi il processo: mettiamo in campo principi, strategie, intuizioni per raggiungere quel nostro scopo, ci impegniamo. Certo, si può imparare anche in modo passivo, specialmente da bambini e qualche volta anche da adulti, ma nella stragrande maggioranza dei casi, per imparare davvero dobbiamo consciamente e intenzionalmente applicare il nostro sforzo mentale. Dobbiamo studiare.
C’è sempre una componente attiva, pratica. E poi il cambiamento. Imparare significa cambiare.
Cambiare noi e cambiare ciò che impariamo, perché alla fine di ogni processo di studio non siamo più esattamente le stesse persone di prima, siamo diversi. Non solo, sono diverse anche le conoscenze e le competenze che abbiamo imparato, perché entrando in relazione con il nostro modo di pensare, le nostre esperienze, le conoscenze pregresse, il nostro spunto creativo, l’argomento stesso muta e viene rielaborato.
La rielaborazione è un punto chiave di questo processo, altrimenti il rischio è quello di finire a fare i pappagalli, ripetere banalmente quello che qualcun altro ha detto, fatto, scritto, deciso. Quindi, per imparare in modo efficace, efficiente e consapevole dobbiamo avere chiarezza totale su cosa vogliamo imparare, quale sia il nostro obiettivo, quale cambiamento vogliamo apportare, che strategie metteremo in campo per farlo, a cosa dobbiamo adattarci e con quale fine ultimo.
Arrivati qui, possiamo azzardare una nostra definizione di “imparare”. Imparare è l’atto di applicare strategie, tecniche, atteggiamenti per acquisire, modificare o sviluppare conoscenze e competenze in risposta a un obiettivo (interno o esterno) e per cambiare in relazione ad esso.
Non pretendo di aver chiuso l’argomento o stravolto il dizionario, ma sono piuttosto soddisfatto di questa definizione.
Tiè, te la rileggo. Imparare è l’atto di applicare strategie, tecniche, atteggiamenti per acquisire, modificare o sviluppare conoscenze e competenze in risposta a un obiettivo (interno o esterno) e per cambiare in relazione ad esso. E da qui, da questa frase, possiamo partire.
Non ci resta che tenere sempre a mente quello che abbiamo detto, confrontarlo con il nostro contesto specifico, ascoltare quello che ci dicono le scienze cognitive e agire… facile no? Ok, ok, era una domanda retorica, non è per niente facile, del resto non avrei un lavoro se lo fosse.
Comunque, la prima cosa su cui possiamo concentrarci è l’obiettivo. Non si può imparare senza aver definito prima in modo assolutamente puntuale l’oggetto e il fine dell’apprendimento stesso.
E qui il primo punto “controverso”: a mio avviso questo principio vale anche quando stiamo parlando di apprendimento per pura passione o arricchimento personale. Non importa se vogliamo imparare a usare un software, una lingua o vogliamo immergerci nello studio della letteratura francese dell’800, alla fine conviene sempre convertire tutto in step precisi, misurabili, oggettivi, concreti. Sennò si finisce per perdersi, per annegare nell’infinita marea della conoscenza possibile.
Non basta, definendo gli obiettivi dobbiamo anche conoscere le fonti di questo apprendimento, che possono essere scritte, orali, digitali, tramite imitazione di qualcun altro…
Basta teorie e paroloni, primo consiglio pratico: Che tu voglia preparare un esame, una verifica, interrogazione, un concorso pubblico, imparare una lingua straniera, un software, un passo di danza o come costruire un tavolo di legno da zero prendi un foglio (o uno strumento digitale) e rispondi a queste dieci domande nel modo più chiaro che puoi, senza ambiguità o risposte fumose. Ti do qualche secondo per fermare qualsiasi cosa tu stia facendo e stare pronto o pronta a segnartele. Dai che sono importanti.
Ci siamo? Via!
Rispondere per iscritto aiuta, sul serio, fidati. Scrivi.
Sono dieci domande, ci metti una mezz’ora al massimo se rispondi impegnandoti, non serve che siano risposte lunghe, ma ti permettono di chiarire tutto quello che ti servirà poi perstrutturare un tuo piano di apprendimento, procurarti quello che ti serve, darti delle tempistiche esatte e metterti sotto sul serio.
Noterai pure che alcune domande si sovrappongono tra loro o sono leggermente ridondanti. Non è un caso e non è un errore, va bene che sia così, serve per tirare fuori tutto quello che ti serve osservandolo anche da punti di vista differenti.
Quando hai delle belle risposte precise a tutte e dieci le domande non ti resta che metterti al lavoro e puoi cominciare a imparare.
Detta così, però, è solo teoria… Facciamo qualche esempio, anzi, facciamone due che sennò questo podcast dura due ore: imparare una lingua straniera o preparare un esame all’università. Diciamo che voglio davvero tanto imparare lo spagnolo, è un sogno che ho nel cassetto e che non riesco mai a concretizzare. Mi piglio un foglio, una penna, mi appoggio su una scrivania e comincio a rispondere.
Noti come le cose siano ben diverse ora? Eravamo partiti da “voglio imparare lo spagnolo”, un obiettivo generico, quasi un sogno nel cassetto. Adesso assomiglia sempre di più a un progetto concreto.
Le basi ci sono tutte. Si può studiare. Quindi, riassumendo, rispondi a queste domande prima di metterti ad imparare, ti chiariranno la strada.
Oh, a proposito e il livello psicologico dell’imparare, non ne parliamo di quello? Ma sì, vado dritto giusto su un punto chiave, ma è giusto parlarne: ricordati sempre che, che ti piaccia o no, imparare significa mettersi in difficoltà, uscire da una tua zona di comfort e controllo per poterla espandere.
Questo, inevitabilmente, diventa faticoso, stressante e, qualche volta, frustrante.
Quando impariamo qualcosa di molto nuovo e lontano dal nostro campo di competenze, qualunque esso sia, ci sentiamo spaesati, a disagio, un po’ persi.
Niente riesce a farci sentire stupidi come provare a imparare qualcosa di nuovo e non riuscirci all’inizio. Devi saperlo, devi aspettarti tutto questo e imparare col tempo non soltanto ad abituarti alla cosa, ma persino a ricercarla. Il disagio è un tuo amico quando impari. Impara a conviverci, a volergli bene.
Quando senti la confusione significa che stai facendo uno sforzo, che stai mettendo in moto il cervello, che sta partendo il processo di apprendimento. Unica accortezza: tieni il livello di sforzo entro un limite accettabile, anzi, desiderabile. Se no ti bruci. Questo è il concetto di desirable difficulty (toh, sono riuscito a ficcarci il termine scientifico anche qui), che in quest’area della psicologia cognitiva sta a indicare il livello ottimale di sforzo e difficoltà per imparare. È un po’ come quando vai in palestra: se non fai fatica, non sudi, non ti stanchi difficilmente migliorerai il tuo fisico, ma se ti ammazzi e il giorno dopo a malapena cammini o ti alleni per 10 ore al giorno finirai in overtraining, stress a mille, devastazione muscolare. Non è il massimo. Scaleremo insieme la tua curva di apprendimento, nelle prossime puntate indagheremo ben 6 principi cardine pratici, 6 armi segrete per farti imparare meglio, più in fretta e con maggiore soddisfazione… ma per ora fermiamoci qui, ho parlato già abbastanza.
Ci risentiamo nella prossima puntata.
di 3