I pilastri dell'apprendimento efficace (Parte 2)
Continuiamo con il testing
12min
Continuiamo con il testing
12min
Episodi di Vince chi impara
Migliorare la propria efficienza nell’apprendimento è un obiettivo giusto e assolutamente raggiungibile, e attraverso le puntate di questo podcast ti darò tutti gli strumenti necessari per farlo, ma ATTENZIONE! Non bisogna infatti pensare che, una volta conosciuti i principi alla base dell’apprendimento, questo diventi un’attività da poter svolgere senza il minimo sforzo.
Un’aspettativa del genere rischia di creare solo frustrazione, perché imparare qualcosa di nuovo richiede necessariamente un certo grado di sforzo, lo abbiamo già anticipato la scorsa puntata e lo capiremo ancora più a fondo in questa.
Si può diventare più efficienti e ridurre i tempi di studio, certo, si può essere più intelligenti nelle modalità e nella scelta degli strumenti per apprendere meglio, assolutamente, ma, mi dispiace dirtelo, non arriverai mai a imparare il calcolo differenziale ascoltando un CD mentre dormi, quella è pseudoscienza, e di bufale sull’apprendimento parleremo ampiamente nella penultima puntata del podcast, ti consiglio di non perderla! In ogni caso, fissatelo bene in testa: la passività è la peggior nemica della comprensione e della memoria. Punto.
E sarà proprio la “lotta alla passività” il tema centrale di oggi, tratteremo infatti due argomenti centrali per diventare “protagonisti” del processo di apprendimento, per essere coinvolti e partecipi e non degli zombie annoiati: il testing e la proattività!
Partiamo subito con una domanda a bruciapelo: che tu sia uno studente delle medie alle prese con la caduta dell’Impero romano d’Occidente o un imprenditore che sta imparando i principi del marketing efficace, cosa fai per cercare di ricordare qualcosa?
Fammi indovinare, lo leggi e poi lo ripeti? E lo rileggi? E lo ri-ripeti? E così via finché a forza di recitare le parole come un mantra non ti entrano per osmosi nel cervello? Ecco, per quanto questo “””metodo””” sia diffuso, non è così che consoliderai davvero le informazioni a lungo termine, e se l’interrogazione, verifica o esame che sia può comunque andare bene, la maggior parte degli argomenti diventeranno un ricordo lontano nel giro di pochi mesi, o forse anche meno. Sfido chiunque a farsi tornare in mente la storia egizia o le tesi fondamentali della riforma luterana, anche se magari quando le si era studiate in passato si era pure preso un buon voto!
Ed è proprio questo il punto: questo approccio può ancora ancora andare bene se ti interessa semplicemente “trattenere” le informazioni abbastanza a lungo da rigurgitarle nel momento della prova finale e poi dimenticarle per sempre, ma se vuoi che rimangano solide nella tua memoria devi passare a quella che le scienze cognitive chiamano “retrieval practice” o “active recall”. E cosa diamine significano questi paroloni inglesi? Li sto usando solo per darmi un tono? No, si tratta di un principio fondamentale per trasformare il proprio approccio all’apprendimento, e consiste nel cercare di recuperare attivamente le informazioni studiate, invece di ripeterle allo sfinimento.
Come si recuperano “attivamente” le informazioni?
Semplice: testing, testing, e ancora testing. Rispondi a delle domande sull’argomento che hai appena studiato, fai degli esercizi, sbizzarrisciti nel cercare quiz online, creane tu stesso o utilizza le flashcards tanto amate dagli americani. Troppo spesso quando si studia qualcosa ci si limita a capirlo in maniera superficiale e non lo si riprende più in mano fino al momento di una verifica o un esame, quando inevitabilmente la memoria sarà più debole e lo sforzo per recuperare le informazioni sarà di gran lunga maggiore. Ma non bisogna aspettare che arrivi uno stimolo esterno e ci costringa a “richiamare alla memoria” un argomento, dev’essere invece parte integrante del nostro metodo di studio: devi continuamente andare a “riacchiappare” quell’informazione all’interno del tuo cervello, in modo che sia sempre fresca nella memoria.
L’efficacia di questo principio è palese in materie pratiche come la matematica, in cui senza l’esercizio continuo diventa impossibile comprendere a fondo le implicazioni di un teorema o un postulato, ma si potrebbero fare mille esempi anche con le lingue straniere, la letteratura e anche gli sport e le discipline artistiche.
Pensa agli attori: certo, devono imparare un copione, ma per entrare davvero in un personaggio devono continuamente provare le scene e consolidare le battute nella loro memoria a lungo termine, al punto in cui le parole escono dalla loro bocca in maniera del tutto naturale. Insomma, appena finisci di studiare qualcosa devi passare subito all’azione, provare a spiegare il concetto a qualcun altro, immaginarne le implicazioni, simulare una possibile prova d’esame, cercare di rendere il tutto più concreto possibile. Ripeto: testing, testing e ancora testing.
Più ci si “sporca le mani” con un argomento cercando di renderlo proprio ed elaborandolo in maniera personale, più ci si interroga e si sviscerano i concetti mettendoli in pratica e più forte sarà la nostra memoria, scongiurando la sventurata ipotesi di un “vuoto cosmico” al momento di una prova vera e propria. Ed è proprio per questo che ti consiglio di sfruttare il testing come metodo di ripasso, in modo da renderti più partecipe anche in questa fase del processo di apprendimento, ed eventualmente andare a rileggere gli appunti o riascoltare una spiegazione solamente nel caso in cui ti accorgi di non ricordare proprio quel pezzo di informazione.
Questo principio si fonde perfettamente con quello delle “spaced repetitions” o “ripassi programmati” che ti ho spiegato nella scorsa puntata … se l’hai già ascoltata e non ricordi di cosa si tratta, prima di andare a recuperare la puntata, beh, mettiti alla prova! Fai delle ipotesi, spremiti le meningi e cerca di arrivare ad una conclusione. Anche nel caso in cui tu non sia stato preciso, avrai comunque stimolato la tua memoria e l’apprendimento sarà più efficace!
Adesso parliamo di “pro-attività”, che più che una vera e propria tecnica è un atteggiamento, un certo tipo di “mentalità” da tenere in tutte le fasi dell’apprendimento efficace.
Bisogna avere “fame” di imparare, approcciare in modo acritico e nozionistico ciò che si sta imparando non è soltanto il modo migliore per presentarsi agli esami con competenze superficiali e facilmente smontabili da una domanda più bastarda, ma ha anche il brutto effetto collaterale di rendere lo studio più lento e faticoso.
E ho fatto l’esempio degli esami universitari, ma vale lo stesso per la scuola e il mondo lavorativo: qualsiasi competenza, per poter essere padroneggiata a pieno, non può essere acquisita in maniera passiva!
Eh sì, perché ascoltando il professore (o l’esperto che sia) con lo sguardo perso nel vuoto e il telefono in tasca pronto a distrarci con una nuova notifica, il nostro cervello non produce acetilcolina!
Ora, non voglio assolutamente annoiarvi con una lunga digressione neuroscientifica, ma l’acetilcolina è, per farla semplice, “il neurotrasmettitore della concentrazione”, e serve a “evidenziare”, per così dire, le connessioni legate a un certo ricordo, in modo che vengano poi consolidate definitivamente nel sonno. Per farla breve, niente acetilcolina, niente memoria a lungo termine.
E quindi non solo è necessario mantenere la concentrazione durante le spiegazioni, ma bisogna spingersi oltre! Vai a cercare altre informazioni di tua iniziativa, analizza criticamente i concetti che incontri, chiediti il perché delle cose, approfondisci ciò che non ti è chiaro e aggiungi i tuoi ragionamenti personali … Insomma, mettici del tuo: diventa protagonista del processo di apprendimento!
Questo atteggiamento, oltre ad essere il più efficace per la comprensione profonda, ha anche il vantaggio di stimolare la nostra curiosità e farci scoprire che riusciamo ad apprezzare persino materie o discipline che generalmente non ci vanno a genio.
Qualcuno potrebbe storcere il naso e pensare che niente al mondo sarà mai in grado di fargli piacere la matematica, per esempio, e lo stesso avrei fatto io se in passato mi avessero detto che avrei iniziato ad apprezzare uno sport come il calcio. Eh sì, non sono mai stato e mai sarò un tifoso sfegatato, ma è bastata una sera al bar con amici, uno in particolare molto appassionato, per farmi vedere in modo diverso ciò che per me prima era semplicemente “vedere 22 persone correre dietro ad un pallone”. Me lo ricordo molto bene: una volta scoperto che lo scopo del ritrovo di quella sera era guardare una partita di Champions mi ero preparato a passare tutto il tempo a scrollare la bacheca di Facebook … e invece questo mio amico comincia a spiegarmi come funzionano gli schemi, che tipo di marcatura stanno adottando i giocatori, mi racconta aneddoti interessanti e mi coinvolge al punto che non do nemmeno un’occhiata al cellulare per tutta la serata.
Questo perché più si scende in profondità, più si conosce qualcosa, più è facile mantenere alta l’attenzione, e il miglior modo per farlo è avere un atteggiamento proattivo: mai limitarsi ad accettare le informazioni senza un briciolo di spirito critico. Ricordati che mentre studi non devi solo “assorbire informazioni”, ma anche “creare” qualcosa di tuo. Se ti accorgi che stai diventando troppo passivo e ormai non stai nemmeno più capendo quello che leggi, chiediti “cosa sto producendo?” e trova il modo di essere coinvolto in prima persona nel processo di apprendimento.
Ecco perché consiglio di utilizzare il testing come metodo di ripasso, per tenere attivo il cervello invece di leggere e rileggere i propri appunti rischiando di annoiarsi mortalmente e rendendo molto più macchinosa la consolidazione della memoria. Un altro suggerimento che mi sento di darti è quello di, ancora prima di iniziare a leggere il capitolo o ascoltare la videolezione, prepararti cinque o sei domande a cui rispondere, degli obiettivi di apprendimento che vuoi raggiungere e che ti faranno da bussola mentre approfondisci l’argomento, come se fossi un investigatore alla ricerca di indizi alla Sherlock Holmes.
Leggere un testo senza uno scopo preciso è decisamente meno efficace rispetto ad una lettura in cui si cerca la risposta a delle domande specifiche, ancora meglio se quelle domande sono state prodotte da noi e nascono da un interesse personale.
Perciò prendi il controllo del tuo studio, smetti di essere un semplice spettatore e, come ti ho detto prima, diventa il protagonista! E con questa perla chiudo la puntata di oggi, prima di trasformarmi in un guru della motivazione e cominciare a citare Will Smith o Steve Jobs con il suo abusatissimo “stay hungry, stay foolish”. Noi ci sentiamo nella prossima puntata con gli ultimi due “pilastri” dell’apprendimento efficace, a presto!
di 3