Benvenuti a The Bull for 4books. Ci siamo quasi, se non vi ho cotto completamente il cervello nei sette precedenti episodi, ormai la fine è vicina e spero di aver gettato un po' di luce sulle tenebre della dilagante ignoranza finanziaria che imperversa nel nostro bel Paese. Come avrete capito, non c'è un modo univoco per creare un portafoglio di investimento. Nella storia della finanza sono stati ideati centinaia di modelli di asset allocation nel tentativo di identificare il portafoglio perfetto che meglio risponda a tutte le stagioni dei cicli economici. Tipicamente, infatti, un ciclo economico è composto da quattro fasi. Crescita, rallentamento, recessione e ripresa. Durante la fase di crescita ed espansione economica sono generalmente le azioni ad andare meglio, grazie al clima di generale ottimismo e all'aumento degli utili delle società quotate, ponendo però le basi per un aumento successivo dell'inflazione. Con questo fenomeno le azioni terminano il ciclo di crescita e la prospettiva di rialzo dei tassi di interesse apre la fase di rallentamento. Qui il valore delle azioni scende, perché iniziano a scontare una futura recessione, così come quello delle obbligazioni, che soffrono lo scenario futuro con tassi di interesse più alti. Generalmente in questa fase gli investitori tendono a ricorrere ai beni rifugio come oro, strumenti monetari o obbligazioni a brevissimo termine. Inoltre se l'inflazione è innescata da un aumento dei costi delle materie prime, generalmente anche queste tendono ad apprezzarsi, così come le azioni di società legate al settore energetico. Quando poi l'economia va in recessione e l'inflazione è sedata, le banche centrali possono abbassare i tassi e a quel punto si innesca la fase di ripresa, durante la quale le obbligazioni a lunga scadenza crescono di valore e poi a seguire le azioni riprendono la loro corsa.
Di solito un portafoglio composto da azioni e obbligazioni tende a coprire bene tre fasi su quattro. Durante l'espansione vanno bene le azioni, durante la recessione tengono botta le obbligazioni e durante la ripresa tendono ad andare bene entrambe. È però durante la fase di inflazione barra rallentamento che sia azioni che obbligazioni vanno male. Che è esattamente quello che è successo nel 2022, quando il mix letale causato dal boom economico post covid e dall'invasione russa dell'Ucraina ha fatto schizzare il prezzo di gas, petrolio e grano mandando al tappeto tutti i mercati. Per cercare risposte positive anche ai periodi di rallentamento sono stati inventati i portafogli composti in maniera tale da avere sempre almeno un asset class performante in ciascuna delle quattro fasi dei cicli economici. Forse il primo portafoglio così composto è quello chiamato permanent portfolio, ideato da Harry Brown all'inizio degli anni ‘90, che è composto semplicemente da un quarto azioni, un quarto titoli di stato, un quarto strumenti monetari e un quarto oro.
Sul lunghissimo termine un portafoglio costruito in questo modo ha un rendimento atteso tipicamente inferiore ad un portafoglio composto prevalentemente da azioni. Per esempio 10.000 dollari investiti in entrambi i portafogli nei 45 anni dal 1978 alla fine del 2023 sarebbero diventati 350.000 con il permanent portfolio e addirittura 1.700.000 dollari con un portafoglio concentrato al 100% sull'S&P 500. Però le cose sarebbero andate diversamente se avessimo iniziato a investire nel 2000, ossia all'alba di quella che sarebbe passata alla storia come Internet Bubble o Dotcom Bubble, la bolla speculativa alimentata dalle prime società digitali esplosa poi a metà 2000 causando una grave crisi finanziaria e una pesante recessione economica per circa tre anni. Praticamente fino all'estate del 2020 il permanent portfolio avrebbe sempre fatto meglio di un portafoglio solazionario che avrebbe sofferto sia appunto della crisi della bolla di internet del 2000-2002 che soprattutto della grande crisi finanziaria del 2007-2009, probabilmente la peggiore del dopoguerra.
Nel lunghissimo termine le azioni tendono in generale ad avere sempre la meglio, ma è evidente che se avessi cominciato a investire proprio nel 2000, una composizione come quella del permanent portfolio avrebbe servito meglio agli obiettivi della mia vita e mi avrebbe risparmiato lunghissimi anni di sofferenza. Solo negli ultimi anni infatti, una volta che i lockdown legati al covid sono finiti un po' in tutto il mondo, l'esuberante crescita delle grandi società tecnologiche americane come Apple, Microsoft, Nvidia, Google, Amazon e così via avrebbero portato il portafoglio azionario nuovamente davanti al permanent, ma per 20 anni su 23 il permanent avrebbe reso la vita di un investitore nettamente più serena e soddisfacente. Facciamo un altro test, un po' meno estremo, in cui prendiamo gli ultimi 30 anni, dal 1994 al 2023, così da includere sia due fasi molto positive per le azioni, la fine degli anni ‘90 e il periodo dal 2009 al 2023, sia un decennio disastroso, quello in mezzo, dal 2000 al 2009, e anziché ipotizzare solo un investimento secco di 10.000$ fatti all'inizio, immaginiamo di aver investito anche 500$ al mese per tutti e tre i decenni.
Diciamo inoltre che è difficile trovare qualcuno disposto a investire tutti i propri risparmi in un portafoglio composto al 100% da azioni. Probabilmente l'alternativa realistica più sensata al permanent portfolio è un portafoglio composto come descritto nell'episodio precedente, ossia unicamente da azioni e obbligazioni in base ai criteri che abbiamo visto l'altra volta. Per semplicità, confrontiamo il più classico dei portafogli 60% azioni 40% obbligazioni con il permanent portfolio, immaginando appunto un investimento iniziale di 10.000$ e poi 500$ di versamenti mensili dal 1994 al 2023. Anche in questo caso, l'eccezionale performance del mercato americano degli ultimi 3 anni ha permesso al portafoglio 60-40 di prendere il largo, vincendo tra virgolette la sfida con il permanent portfolio 750.000$ contro 569.000$. Però attenzione, ancora a maggio del 2020, dopo oltre 26 anni di investimento, il capitale dei due portafogli sarebbe stato praticamente lo stesso, solo con un leggerissimo vantaggio per il 60-40. C'è da aspettarsi che se nei prossimi anni dovessero nuovamente alternarsi dei decenni di crisi e dei decenni di grande crescita, l'andamento dei due portafogli continuerà ad intrecciarsi.
Con tutto questo cosa vogliamo dire? Cerchiamo di mettere i seguenti punti fermi.
Uno. Non esiste un portafoglio perfetto, ogni portafoglio vivrà momenti migliori o peggiori nelle diverse fasi di mercato.
Due. Non esiste un portafoglio migliore. Un portafoglio con più azioni tenderà ad avere in teoria un rendimento atteso di lungo termine maggiore, ma ciò al costo di una maggiore volatilità e in base ai decenni che ci capitano in sorte come investitori.
Tre. Qualunque portafoglio ben diversificato avrà un rendimento atteso positivo e darà il suo contributo alla crescita del nostro patrimonio, ma mentre solo entro certi limiti potremo intervenire sul rendimento, scegliendo portafogli più o meno rischiosi, potremo invece sempre incidere sul tempo investendo il prima possibile e il più a lungo possibile, e sul risparmio investendo il più possibile. In quale portafoglio farà molto meno la differenza di quel che uno può pensare rispetto agli altri due elementi.
Gli esempi che abbiamo visto sinora si basano sulla prospettiva di un investitore americano che investe soprattutto in azioni e obbligazioni del suo paese e in dollari. Ovviamente non sono gli unici modelli di portafoglio che uno può pensare di costruirsi, anzi vediamo alcuni esempi abbastanza classici, tipici di un investitore europeo che usa ETF quotati sui nostri mercati, anche perché quelli quotati negli Stati Uniti non hanno la dicitura UCITS e non sono fiscalmente armonizzati con le normative europee, quindi di fatto non ci si può investire.
Il portafoglio più classico del mondo è il cosiddetto 60-40, che un europeo può facilmente costruire con un ETF sull'azionario dei paesi sviluppati, tipo l'MCI World, oppure sull'azionario globale, tipo il FUZI All World, che include anche un circa 10% di paesi emergenti, e poi con un ETF su un semplice indice di obbligazioni governative europee. Una versione simile di questo, che include però anche l'oro, può essere fatta per esempio con 60% in azioni, sempre con gli ETF citati, 30% in obbligazioni globali, che possono essere sia governative che un mix di governative e societarie, e questo viene fatto attraverso un ETF che replica un indice obbligazionario di tipo Global Aggregate, e poi un 10% di oro, con una specie di ETF che ne replica il prezzo, che in questo caso si chiama ETC, dove la C sta per Commodities, e che è una normativa leggermente diversa dagli ETF.
L'All Weather Portfolio, invece, che è stato ideato da Ray Dalio, il leggendario fondatore dell'hedge fund Bridgewater Associates, che è il più grande hedge fund del mondo, è invece un portafoglio pensato per ottimizzare la performance in tutti i cicli economici, e diversamente da molti altri modelli di portafoglio, prevede una quota piuttosto bassa di azioni. Una sua versione europea potrebbe essere fatta con il 30% di azionario dei paesi sviluppati, 15% in titoli di Stato europeo a medio termine, 40% in titoli di Stato europei a lungo termine, poi 7,5% di oro e 7,5% di materie prime.
Infine, l'ultimo che vorrei citare è il Golden Butterfly, che è una versione moderna del permanent portfolio di Henry Brown, e anche qui parliamo di un'impostazione particolare in cui l'allocazione è distribuita in parti uguali in queste 5 asset class. Azionario dei paesi sviluppati, azionario delle società a piccola capitalizzazione dei paesi sviluppati, chiamate small caps, obbligazione a lunga scadenza, obbligazione a brevissima scadenza e infine oro. Un 20% a testa per affrontare tutte le fasi dei cicli economici.
Purtroppo non è semplicissimo fare backtest utilizzando gli ETF europei, dato che esistono solo da poco più di 20 anni da questo lato dell'Atlantico. Idealmente bisognerebbe includere almeno 30, meglio ancora 40 anni di dati, così da comprendere diverse stagioni dei cicli economici. Ma resta pur sempre interessante vedere che negli ultimi 20 anni, portafogli costruiti in modo molto diverso tra loro, hanno tutti avuto un rendimento abbondantemente positivo, senza enormi differenze di rendimento tra uno e l'altro, e con diverse fortune nelle varie fasi economiche che abbiamo attraversato. Naturalmente i portafogli con più azioni sono andati meglio negli anni ‘90 e negli ultimi 15 anni, mentre i portafogli con meno azioni sono andati molto meglio durante il primo decennio del 2000 segnato da due crisi epocali. Lungo questi 20 anni il portafoglio all weather avrebbe reso poco meno di un 6% in media all'anno, mentre il portafoglio più performante sarebbe stato il 60-30-10, con poco più del 7%. Però attenzione, il fatto che un portafoglio in questo specifico periodo abbia performato meglio di altri, non significa che sia un portafoglio migliore di altri. Basterebbe infatti cambiare le date e in altri periodi storici la classifica sarebbe stata diversa. È fondamentale non basarsi mai unicamente sui dati delle performance del passato per prendere decisioni sui nostri investimenti futuri.
L'unica cosa davvero importante è comprendere come costruire un portafoglio adatto sia a sostenere i nostri obiettivi finanziari lungo il corso della nostra vita, sia al livello di tolleranza a rischio che siamo disposti a sopportare. Chi ha un'altissima tolleranza a rischio e ha un orizzonte temporale molto lungo, idealmente potrebbe investire al 100% in azioni, sapendo che nel lungo termine quello sarà con tutta probabilità il portafoglio dal miglior rendimento atteso. Chi invece ha una bassa tolleranza a rischio, e preferisce un portafoglio meno volatile e con un rendimento atteso inferiore, ma più stabile, potrebbe valutare un portafoglio tipo Permanent, All Weather o Golden Butterfly, generalmente composto da azioni per meno del 50%, più oro, obbligazioni a lunga scadenza e a brevissima scadenza.
Chi invece pensa di trovarsi nel mezzo e predilige la semplicità di un portafoglio ridotto all'osso, può basarsi sul modello di asset allocation di cui abbiamo parlato nell'episodio prima di questo, utilizzare unicamente azioni e obbligazioni e poi adattare il portafoglio all'orizzonte temporale dei propri obiettivi. Ma l'unica cosa davvero importante, nel caso non fosse ancora chiaro, è investire il prima possibile, il più possibile e nel portafoglio con un rapporto tra rischio e rendimento più adatto alla propria situazione.
Prima di chiudere anche questo episodio diciamo giusto due cose su come si fa fisicamente e praticamente a comprare gli strumenti di investimento di cui stiamo parlando. Per investire in ETF hai bisogno di un conto titoli, questo viene generalmente offerto da qualunque banco oppure da società specializzate esclusivamente nel fornire servizi di trading online, chiamati broker. Ci sono tre categorie principali di soggetti tra cui scegliere per aprire il tuo conto titoli con accesso ai mercati finanziari. In primis, le banche. La maggior parte delle banche offre servizio di conto titoli con diverse opzioni di servizio e costi. Alcune banche in particolare, come ad esempio Fineco o Banca Sella, sono particolarmente note per l'elevato livello di digitalizzazione e la completezza dei servizi e degli strumenti di investimento che offrono. Abbiamo poi dei broker italiani. I broker sono società che offrono servizi di trading online senza essere delle banche, potendo quindi offrire, di solito almeno, delle condizioni economiche più vantaggiose non avendo alle spalle costi di struttura tipici di una realtà bancaria. Un celebre esempio in Italia di questa categoria è Directa. Sia che tu investa con una banca che con un broker italiano, l'indubbio vantaggio è che entrambi possono fare da sostituto d'imposta e quindi occuparsi della gestione fiscale dei tuoi investimenti al tuo posto, trattenendo direttamente le imposte dal tuo conto e dichiarando all'erario lo stato di tutti i tuoi investimenti.
Diverso invece è il caso qualora tu voglia investire con broker esteri. Il mondo dei broker esteri è un vasto campo sconfinato composto da piccoli e grandi player molto diversi tra loro. Tipicamente i broker esteri offrono condizioni economiche particolarmente competitive ma non tutti rappresentano delle valide soluzioni per investire i propri soldi. I criteri che mi sentirei di consigliare nella selezione di un broker estero sono i seguenti.
Uno: la sede del broker. Consiglio caldamente broker con sede nell'Unione Europea o comunque in stati che non siano paradisi fiscali con una giurisdizione diciamo un po più morbida di quella comunitaria.
Due: il supporto fiscale. Alcuni broker forniscono ogni anno, di solito a giugno, un report pre compilato che permette piuttosto agevolmente di compilare la dichiarazione dei redditi.
Tre: la tipologia. Alcuni broker forniscono semplicemente accesso ai mercati e permettono di comprare e vendere asset come quelli descritti in questo podcast. Altri operano invece attraverso CFD che sta per Contract For Difference che sono prodotti derivati che simulano il comportamento di un certo titolo. Mentre nel primo caso l'eventuale fallimento di un broker non comporta la perdita dei tuoi investimenti, dato che i titoli vengono depositati presso una banca terza, nel caso invece di broker che operano tramite CFD e che quindi sono la controparte dei tuoi investimenti, in caso di fallimento del broker si potrebbero perdere i soldi investiti. Broker esteri che soddisfano questi requisiti sono, ad esempio, le tedesche Scalable Capital e Trade Republic e l'olandese Degiro. Una volta scelta la banca o il broker più adatto a te, considerando il bilanciamento che preferisci tra costi e servizi, potrai investire negli strumenti che reputi più opportuni per le tue esigenze finanziarie. La compravendita di un titolo finanziario è piuttosto semplice e richiede l'inserimento della quantità che si intende scambiare, l'invio dell'ordine di acquisto o di vendita, e di solito non più di qualche secondo di attesa, che l'ordine venga eseguito sul mercato. Molte banche e broker inoltre offrono la possibilità di attivare i piani di investimento automatizzati chiamati PAC, che sta per piano di accumulo capitale, che mensilmente investono la quantità di denaro impostata sui prodotti selezionati del tuo portafoglio senza la necessità che ogni mese tu debba svolgere manualmente le attività di acquisto di nuove quote dei titoli su cui vuoi investire.
Bene e con questo abbiamo esaurito anche la parte centrale del nostro breve e intenso viaggio all'interno del mondo della finanza personale. Ma non è ancora finita: dobbiamo parlare del lunghissimo termine, di come mettere a riparo la nostra pensione. Ma di questo parleremo nel prossimo episodio.