Bentornati a The Bull, for 4books! Congratulazioni per aver terminato i primi passi nel tuo breve e intenso viaggio in questa introduzione alla finanza personale. Se non sono stato un cane a spiegare le cose fino adesso, fondamentalmente avrai capito che investire non è un'opzione ma una necessità per la tua prosperità finanziaria futura e che il grosso del risultato finale, beh, dipende dal tempo che i tuoi investimenti hanno a disposizione per crescere tramite l'interesse composto e dal risparmio che sei in grado di investire. Ora si tratta di capire però in che cosa investire.
Per semplicità, oltre che per mia insindacabile decisione, qua ci occuperemo esclusivamente di asset quotati su mercati finanziari regolamentati, tipo le borse. E nella fattispecie parleremo di liquidità, obbligazioni, azioni e materie prime. Non che le altre asset class non meritino attenzione o rappresentino cattivi investimenti, naturalmente. Ma non possiamo occuparci di tutto, mentre imparare a investire correttamente in queste 4 citate probabilmente risolverà il 99% delle tue esigenze come investitore o investitrice. E se non ti va bene, puoi sempre andarti a cercare un altro podcast. Prima di capire come si investe in queste asset class e soprattutto come costruire un portafoglio di investimento che metta insieme nel modo corretto ciascuna di esse come i giusti ingredienti di una buona ricetta, cominciamo dandone una breve descrizione per capire cosa sono, come si comportano e che ruoli assumono all'interno di un portafoglio.
Partiamo dalla liquidità. Quando parliamo di liquidità o cash ci riferiamo a strumenti finanziari che in qualche modo remunerano il fatto che noi lasciamo parcheggiati in essi i nostri soldi. Vediamo i principali. Vabbè, il conto corrente è la forma più basilare di strumento finanziario ed è probabilmente quello che conosci meglio, motivo per cui mi rifiuto di spiegarti cosa sia e come funziona. Già più interessante è il conto deposito, che è una tipologia particolare di conto corrente che offre un interesse maggiore sul capitale a condizione di lasciare quel capitale depositato presso la banca per un certo periodo di tempo e tra tutti gli investimenti di cui parliamo diciamo questo è l'unico non quotato anche se sicuramente molto regolamentato. Come tutti i prestiti, anche gli interessi pagati da un conto deposito sono legati ai tassi di interesse delle banche centrali e sono spesso allineati agli interessi pagati dai titoli di Stato con scadenze paragonabili. Nel decennio precedente, il 2022, i tassi quasi a zero della BCE facevano sì che i conti deposito pagassero interessi pressoché nulli. Quando invece i tassi sono saliti fino a raggiungere il picco in Europa a metà del 2023, non è stato infrequente vedere offerte di conti deposito con interessi anche del 5% lordo all'anno.
Come funziona un conto deposito? Se ad esempio la mia banca offre un conto deposito a due anni con interesse del 3% lordo all'anno, ciò significa che se deposito 10.000€ su quel conto, allora ogni anno maturerò 300€ l'ordine di interesse. Di solito l'interesse di un conto deposito non è composto. Se il conto è vincolato, allora sarò obbligato a tenere i miei soldi nel deposito fino alla scadenza. Se invece il conto è svincolabile, allora potrò prelevare i soldi anche prima, ma nella maggior parte dei casi ciò comporterà la perdita degli interessi maturati. È importante ricordarsi che sia i conti correnti che i conti deposito sono tutelati dal fondo di garanzia interbancario fino a 100.000€ o 200.000 se cointestati, e questo protegge in caso di fallimento dell'istituto bancario. Pertanto possiamo dire che un conto deposito rappresenta una forma di investimento praticamente senza rischio.
Un buono del tesoro invece è un'altra forma di investimento a breve termine che consiste nel prestito di un certo capitale ad uno stato, tipicamente per un periodo massimo di 12 mesi, a fronte del pagamento di un certo interesse. A differenza del conto deposito, il buono del tesoro può essere sempre liquidabile rivendendolo sul mercato borsistico in cui è quotato, ma di questo parleremo tra poco. Anche in questo caso, trattandosi di un prestito a breve termine garantito dallo stato, possiamo dire che l'investimento in un buono del tesoro sia fondamentalmente senza rischio. Nel momento in cui stiamo registrando, per esempio, un titolo di Stato italiano con scadenza inferiore a 12 mesi ha un rendimento annualizzato di circa il 3,5% lordo.
Un'ultima forma di strumento per investire in liquidità, ossia per parcheggiare il nostro denaro con l'obiettivo di ottenere un certo rendimento, tipicamente contenuto, però a fronte di un rischio quasi zero e di una disponibilità quasi immediata dei nostri soldi, sono i cosiddetti fondi monetari o ETF monetari. Allora parleremo diffusamente di ETF tra qualche episodio e sarà probabilmente il capitolo chiave del podcast, ma per il momento basti sapere che un ETF monetario è uno strumento quotato in borsa che restituisce all'investitore un rendimento simile al tasso dei prestiti interbancari. Ora non è importante addentrarci nel meccanismo di un ETF monetario, ma diciamo solo che questo strumento, in cui ciascuno può facilmente versare o prelevare i propri soldi quando vuole tramite una semplice app di trading online, fa la stessa cosa di un conto deposito, ma invece che vincolare il capitale ad una certa data, remunera l'interesse giornalmente, così che quando uno decide di prelevare i propri soldi ottiene anche tutto l'interesse maturato sino a quel momento.
La differenza rispetto ad un conto deposito è che mentre il primo offre un interesse definito al momento della sottoscrizione e che tale resta fino alla scadenza del deposito, nel caso degli ETF monetari l'interesse si muove insieme ai tassi di interesse decisi dalla BCE. Se i tassi salgono, anche l'interesse pagato dai fondi monetari sale, mentre se i tassi scendono avviene l'opposto. Diciamo che in generale gli investimenti in liquidità vengono fatti attraverso strumenti finanziari a bassissimo rischio con orizzonti temporali, tipicamente di breve termine. Riprenderemo questo discorso con alcuni approfondimenti nel prossimo episodio quando parleremo della funzione principale che nella nostra pianificazione finanziaria rivestiranno questi strumenti nella gestione del cosiddetto fondo di emergenza.
Veniamo invece alle obbligazioni e qui prepariamoci ad una bella fulminea emicrania. Abbiamo già incontrato quest'asset class parlando all'inizio di titoli di stato. Più in generale un'obbligazione è un titolo di debito che viene messo da un soggetto pubblico, come uno stato, un ente sovranazionale o da una società, e nella sua forma più semplice prevede il pagamento di un certo interesse periodico e la garanzia di restituzione del capitale a una data scadenza futura, ammesso che l'emittente non fallisca nel frattempo. Per esempio se investo 10.000 euro in un titolo di stato italiano, noto come BTP, con scadenza tra 5 anni, che paga una cedola del 3,5% all'anno, di fatto sto prestando questo capitale allo Stato italiano che in cambio mi promette di pagarmi ogni anno il 3,5% lordo sui miei 10.000 euro, quindi 350 euro all'anno, e poi di restituirmi i 10.000 euro alla data di scadenza del BTP. Considerato che tutti i titoli di stato hanno una tassazione agevolata sui profitti finanziari del 12,5% invece che del 26%, come per tutti gli altri strumenti, dopo 5 anni il mio investimento di 10.000 euro avrà fruttato 1750 euro lordi equivalenti a 1531 netti. Fin qui, tutto facile. Quello che viene adesso, però, è un po' meno facile, quindi dedicami due minuti di concentrazione. Finché si tratta di comprare un'obbligazione e di tenerla fino alla sua scadenza, è tutto molto semplice e chiaro. Le obbligazioni, però, non vengono solo tenute fino alla loro scadenza, ma possono essere anche rivendute nel corso della loro vita. Questa cosa è molto importante perché io devo essere libero di poter riavere indietro i soldi che ho investito anche prima della scadenza, qualora magari avessi la necessità di far fronte a una certa spesa o semplicemente rivolessi il mio capitale indietro per farci altro. Quindi la prima cosa molto importante da capire è che nonostante le obbligazioni abbiano una scadenza, io posso venderle o comprarle in qualunque momento. Il problema, però, è che il prezzo dell'obbligazione, e quindi il suo rendimento, non sta a fermo, ma fluttua secondo delle regole. Se tengo l'obbligazione fino a scadenza, il rendimento totale lo so fin dall'inizio. Se invece la rivendo nel corso della sua vita, le cose possono cambiare parecchio.
Ora, potreste chiedermi, ma cosa determina il rendimento di un'obbligazione? Tendenzialmente ci sono tre fattori che incidono sull'interesse che viene pagato da una certa obbligazione, che sono: i tassi di interesse della banca centrale di riferimento, tale per cui in presenza di tassi più alti, gli interessi pagati dalle obbligazioni saranno più alti e viceversa. La scadenza dell'obbligazione, e tipicamente, anche se non sempre, le obbligazioni con scadenze più lontane nel tempo pagano interessi maggiori, mentre quelle con scadenze più ravvicinate pagano un interesse inferiore. E poi c'è il rating delle società emittenti, così come viene stimato dalle cosiddette società di rating, quindi Standard & Poor’s, Moody’s e Fisher sono le più importanti. C'è il giudizio tramite cui viene indicato il livello di affidabilità dell'emittente, tale per cui a maggiore affidabilità corrisponde un interesse inferiore, mentre in caso di emittenti meno affidabili, questi saranno costretti a pagare interessi superiori perché le loro obbligazioni saranno considerate più rischiose. Ora noi sappiamo che un'obbligazione solitamente viene messa rimborsata a 100, cioè rimborsa il 100% del suo valore nominale. Questo significa che a qualunque prezzo io acquisti l'obbligazione, alla sua scadenza mi verrà rimborsato 100, che è chiamato valore alla pari. Si dice infatti che un'obbligazione può essere comprata alla pari, sotto la pari o sopra la pari, a seconda che la compri esattamente al prezzo unitario di 100, meno di 100 o più di 100. In tutti e tre i casi, alla scadenza, l'obbligazione sarà rimborsata a 100 ciascuna. Ma perché il prezzo di un'obbligazione emessa a 100 nel corso della sua vita può scendere sotto 100 o salire sopra 100? Soprattutto per il primo motivo, ossia la variazione dei tassi di interesse, e a volte per il terzo, sia quando cambi il rating di un’emittente, in meglio o in peggio. Per esempio, se aumentano i tassi di interesse, come è successo in questi ultimi due anni, le obbligazioni emesse in precedenza renderanno di meno di quelle emesse oggi. Pertanto se uno vuole vendere oggi obbligazioni con interessi più bassi di quelli correnti, dovrà abbassare il suo prezzo, ossia offrire l'obbligazione ad un prezzo inferiore a 100, così che chi la compra avrà lo stesso rendimento che avrebbe se comprasse una nuova obbligazione che ha interessi più alti, ma per ora l'unica cosa che ti deve essere chiara è la relazione inversa tra prezzi e rendimenti delle obbligazioni. Quando i tassi di interesse salgono, i prezzi delle obbligazioni scendono, mentre quando i tassi di interesse scendono, i prezzi salgono. Bisogna quindi fare attenzione quando si investe in obbligazioni, soprattutto quelle a lunga scadenza, perché nonostante siano considerati strumenti sicuri, in realtà sono sicuri solo se l'investitore è certo di non aver bisogno dei propri soldi prima della loro scadenza, altrimenti deve considerare il rischio di doverle vendere ad un prezzo inferiore a quando le ha comprate.
Se non ti ho cotto completamente le meningi cercando di spiegarti come funzionano le obbligazioni, passiamo alle azioni che sono decisamente più semplici da comprendere. Le azioni sono letteralmente quote di una società. Quando investi in un'obbligazione, di fatto stai prestando soldi ad una società o ad uno stato, mentre quando investi in un'azione diventi proprietario di una parte di quella società e ne condividi onori, i profitti, e oneri, come le perdite fino al rischio di fallimento. Le azioni di una società sono sistematicamente scambiate sulla borsa in cui è quotata e tu in qualunque momento, durante l'orario di apertura delle negoziazioni, puoi sempre comprare o vendere quote di quella società. La domanda che potresti porti è, ma come si guadagna dall'investimento in azioni? La risposta è duplice, perché di fatto il rendimento derivante dall'investimento azionario è composto da due parti. La prima è l'apprezzamento del valore capitale, che in pratica è l'aumento di prezzo dell'azione della società nel tempo. Il prezzo di un'azione è determinato dal mercato, ossia dall'opinione generale degli investitori, in base alla legge della domanda dell'offerta. Se più investitori sono interessati a comprare una certa azione, perché convinti che i risultati economici futuri di quella società saranno positivi, allora il prezzo tenderà a crescere. Se invece più investitori sono interessati a vendere una certa azione perché convinti del contrario, allora il prezzo tenderà a diminuire fino al punto estremo in cui una società fallisce e l'azione non vale più una bella cippa di niente. La seconda componente che determina il rendimento di un investimento azionario è invece il cosiddetto stacco dei dividendi. Molte società infatti in determinati periodi dell'anno possono decidere di restituire una parte dei soldi investiti dagli azionisti sotto forma di denaro. Per fare un esempio semplice, se io avessi investito nelle azioni di una certa società che oggi sono scambiate in borsa 100 euro e questa decidesse di pagare un dividendo del 3%, allora io riceverei dalla società in cui ho investito 3 euro per ciascuna azione in mio possesso. Attenzione però, i soldi non si creano dal nulla. Affinché la società possa pagarmi questi 3 euro per azione, deve letteralmente andare sul suo conto in banca, prelevare i soldi e fare i bonifici a tutti gli azionisti. Evidentemente il fatto di fare uscire soldi dalle casse della società tenderà a ridurre il valore contabile della stessa. Cosa succede quindi all'azione in borsa? Tipicamente il giorno in cui viene pagato il dividendo, il prezzo dell'azione scende di un valore pressoché identico al valore del dividendo. Questa cosa succede perché chi compra l'azione il giorno in cui viene pagato il dividendo non avrà diritto a percepirlo, quindi pretenderà di comprare l'azione a suo prezzo di mercato meno il valore del dividendo che è stato pagato a colui che gli avrà venduto l'azione. Se io sono in possesso di un'azione che vale 100 euro e questa stacca un dividendo di 3 euro, il valore totale del mio patrimonio non diventa 103 euro ma resta sempre 100 euro, con la differenza che avrò 97 euro come controvalore della mia azione più 3 euro lordi pagati in cash. Se hai capito questa cosa capirai anche che ricevere un dividendo del 3% sulle tue azioni oppure vendere il 3% delle tue azioni produce lo stesso risultato anche se con una tassazione diversa come vedremo più avanti. Il rendimento dell'investimento azionario, per concludere, è quindi il risultato della combinazione tra l'apprezzamento del valore capitale dell'azione e il valore dei dividendi distribuiti. Questo rendimento è lo stesso sia che l'azienda distribuisca dividendi sia che non lo faccia, solo che nel primo caso una parte del rendimento viene pagato con i dividendi e il resto quando vendo l'azione. Nel secondo caso invece realizzo il rendimento interamente quando venderò l'azione.
Vedremo nelle prossime puntate però che noi non ci azzarderemo neanche lontanamente a provare a spiegare come valutare un'azione e come fare a scegliere le azioni migliori per il nostro portafoglio di investimento. Il motivo? Beh, il motivo è che nessuno è realmente in grado di farlo. Se pensate che gli investitori professionisti sappiano in quali azioni sia meglio investire, vi sbagliate, perché non lo sanno. Se pensate che esistano sistemi di trading in grado di generare guadagni certi dall'investimento azionario, vi sbagliate, non esistono. Se pensate che sia in qualche modo possibile studiare le aziende e cogliere dei loro valori di bilancio e delle conferme oggettive sulla crescita futura delle loro azioni, vi sbagliate, perché non è possibile. Per ora prendete per buono il fatto che al netto di una manciata di investitori leggendari che sono riusciti a ottenere performance straordinarie dall'investimento azionario, è impossibile prevedere come performeranno nel futuro le azioni di qualunque società.
E quindi? potreste chiedermi.. Beh, abbiate un po' di pazienza, adesso ci arriviamo. Per ora diciamo solo che ci sono dei modi molto economici ed efficienti per investire nell'intero mercato azionario, ottenere il suo rendimento medio, che è storicamente positivo, e non dover scegliere nessuna azione in particolare. Parleremo diffusamente di come fare questa cosa molto presto quando introdurremo gli ETF, che in pratica sono dei comodi scatoloni che in un colpo solo permettono di investire in tutte le più grandi azioni del mondo, o di una regione, o di un macro settore, e così via, ce ne sono davvero per tutti i gusti.
Prima di fare questo però parliamo di un'ultima asset class, le materie prime. Se da un lato azioni e obbligazioni rappresentano le due asset class regine all'interno della maggior parte dei portafogli di investimento, sia comprate individualmente sia all'interno di ETF come vedremo, le materie prime meritano comunque una breve trattazione, perché possono ricoprire un ruolo importante nella strategia di investimento. A differenza di azioni e obbligazioni, che come abbiamo visto generano dei flussi di cassa sotto forma di dividendi e cedole, le materie prime non hanno questa caratteristica, pertanto consideriamoli degli asset puramente speculativi, cioè traduco, il rendimento generato dall'investimento in esse deriva unicamente dalla differenza di prezzo, tra quando le compro e quando le rivendo. Si tratta quindi di una scommessa sul valore futuro di una o più materie prime. Quando parliamo di materie prime ci riferiamo a cose come ad esempio il petrolio, il gas, il rame, i metalli preziosi, i metalli industriali, il grano, il bestiame e via dicendo. Comprenderai facilmente che in linea generale il prezzo di una materia prima sale quando sale la sua domanda oppure quando scende la sua offerta e viceversa naturalmente. Diciamo subito che investire in materie prime è estremamente complesso perché il loro comportamento, se possibile, è ancora più imprevedibile di quello delle azioni, e può essere influenzato da una miriade di fattori di natura economica, geopolitica, sanitaria, meteorologica e così via. Perché ne stiamo parlando, allora? Beh, per due motivi. Il primo è che esattamente come per le azioni e per le obbligazioni, anche con le materie prime è possibile investire in maniera diversificata senza fare scommesse su singole categorie. Il secondo è che, in alcuni casi, potrebbe avere senso investire una parte del portafoglio in esse per diversificare il nostro investimento. Vedremo che spesso azioni e obbligazioni si controbilanciano, con le obbligazioni che forniscono una sorta di cuscinetto nei momenti in cui le azioni hanno qualche crollo, ma ci sono situazioni in cui sia le azioni che le obbligazioni hanno dei momenti di sofferenza e abbiamo avuto un'esperienza piuttosto recente di questa tipologia di situazioni nel 2022. Di solito quando si verifica un'impennata nella crescita dell'inflazione, sia azioni che obbligazioni perdono valore, anche in maniera importante. Quando ci sono dei picchi di inflazione, che ciclicamente si ripresentano o per via di un'economia eccessivamente dinamica, o per qualche shock sui prezzi delle materie prime, o per un mix delle due cose come nel 2022, spesso le materie prime sono l'asset class più performante e, di solito, un ruolo particolare ce l'ha l'oro. L'idea classica è che l'oro sia un bene rifugio, a cui gli investitori si rivolgono quando aumenta la paura di una possibile crisi economico-finanziaria o all'alba di tensioni geopolitiche internazionali. Probabilmente l'oro è l'unica riserva di valore universalmente e unanimemente riconosciuta a livello globale e viene spesso inserito nei portafogli per avere una sorta di paracadute quando azioni e obbligazioni vanno male. Come per azioni e obbligazioni, comunque, anche sull'oro e sulle altre materie prime si può investire usando degli strumenti simili agli ETF che ne replicano l'andamento dei prezzi. E questi prendono il nome di ETC, che sta per Exchange Traded Commodities, e che sono appunto dei modi molto comodi per investire in materie prime direttamente su una borsa finanziaria.
Ovviamente ci sarebbero tantissimi altri strumenti di investimento, come gli immobili, le criptovalute, il private equity, il private credit, il crowdfunding, e così via. Ma non te ne parlerò. Un po' perché mi sono stancato di parlare e un po' perché non sono cose strettamente necessarie per un investitore privato, al quale, nel 99% dei casi, obbligazioni, azioni e al limite un po' di materie prime bastano e avanzano. Ora che abbiamo capito quali saranno gli ingredienti alla base del nostro piano di investimento, ci sentiamo nelle prossime puntate per capire come cucinare la ricetta del nostro portafoglio!