
Gamificazione e team management
Impara a gestire un team e sviluppa le relazioni grazie alla Gamificazione
15min

Impara a gestire un team e sviluppa le relazioni grazie alla Gamificazione
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Episodi di Best Boss!
La Gestione del Team, o Team Management, è una delle competenze fondamentali nei contesti in cui delle persone collaborano per raggiungere un risultato comune. Un gruppo va innanzitutto considerato come un sistema, in cui la performance di ciascuna parte influenza la qualità generale del risultato. Gestire un Team significa dunque compiere in realtà due lavori in simultanea:
Si tratta dunque di un lavoro complesso, che richiede competenze specifiche e che non sempre chi viene messo a capo di un team possiede.
Spesso una promozione è legata soprattutto alle hard skills, ma per quanto sia importante essere competenti nel proprio settore, altrettanto importante è saper “vivere” all’interno di un contesto in cui non si opera da soli.
Dopotutto un fallimento, quale che sia la causa, brucia sempre. Per questo è importante imparare che gestire un team significa acquisire le competenze per farlo e la più importante è sicuramente la consapevolezza di quanto ogni membro sia decisivo.
In “The winning formula” David Coulthard racconta ciò che si nasconde dietro un pilota di Formula 1.Siamo abituati a vedere solamente l’auto e il pilota sulla pista ma dietro ci sono meccanici, consulenti, progettisti, centinaia di persone che contribuiscono alla performance, insieme al pilota. Ciascun tassello di questo mosaico influenzerà il risultato finale.
La Gamifcazione può aiutare in questo campo specifico? Sì, perché il suo scopo è proprio quello di valorizzare gli individui che la applicano, sviluppando motivazione e facilitando il coinvolgimento necessario per migliorare le proprie performance.
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The Winning Formula
Ci sono due errori molto gravi che in genere commettiamo quando componiamo un team:
In entrambi i casi il risultato è lo stesso: performance decadente e scarsi risultati. Pensare che tutti possano fare tutto o che sia possibile andare a braccio solo perché si è competenti rischia infatti di creare malumori, mancanza di focus e soprattutto non rende chiare responsabilità in caso di errori e meriti nel caso di vittorie. Lo stesso capita quando i ruoli sono invece stabiliti secondo parametri poco funzionali (e che purtroppo per noi sono un’abitudine): età, hard skills, conoscenze.
Come spiegato all’inizio di questo articolo, un Team è di fatto un sistema composto da parti: scegliere le parti in modo errato, giocare al risparmio e non oliare i meccanismi di tanto in tanto porta inevitabilmente a una rottura.
Per questo motivo è importante comprendere una lezione importante: il compito del Leader di un team è quello di compiere le scelte più adatte al fine di conseguire il Risultato. E le scelte più adatte non devono essere simpatiche a tutti o essere semplici: devono funzionare.
Nella composizione di un team occorre dunque tenere sempre a mente che il valore di una scelta è legata al risultato, così come l’individuazione dei ruoli e delle persone che dovranno occuparli.
Ad esempio, io posso essere il più competente, eppure non avere le giuste capacità per guidare un team.
Conviene che sia io ad occupare il ruolo di Leader?
Al tempo stesso, uno dei miei collaboratori può essere un leader nato, ascoltato da tutti ed in grado di motivare quando necessario, senza per questo essere in grado di garantire i miei stessi risultati.
Conviene dargli una posizione subordinata?
Nei videogiochi i membri di un team vengono scelti in base alle sfide che si affrontano, perché fare diversamente significa arrivare al Game Over.
Per quanto un personaggio possa piacere può essere messo in panchina se non ti aiuta ad affrontare una Boss Fight.
Perché l’unica cosa che dovrebbe contare, in fondo, è solo arrivare alla fine del gioco. Nel libro “Rework” J. Fried, D. H. Hansson si concentrano sugli strumenti e le strategie per costruire un team vincente, proponendo numerosi esempi e indicazioni chiare.
Uno degli elementi essenziali è ciò che definiscono il “potere del No”, ovvero la necessità di poter rispondere anche negativamente a una richiesta da parte di un membro del team.
Questo “potere” può nascere solamente in un contesto in cui ruoli e responsabilità siano chiare e il compito del Team Leader è soprattutto questo: conoscere perfettamente i propri collaboratori e saperli valorizzare al momento giusto, nel modo che loro riconoscono come valido.
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Rework
Sembra strano, eppure è così: spesso le motivazioni di una persona e i bisogni che la animano non sono la stessa cosa.
Posso essere felice dell’ambiente di lavoro in cui mi trovo, ma non ricevere il tipo di gratificazione di cui ho bisogno. Posso amare i miei colleghi, ma preferire lavorare da solo. Posso aver bisogno di ricevere indicazioni precise da seguire per completare un task, ma preferirei poi essere lasciato libero di lavorare alle mie condizioni.
Le possibilità sono tante perché motivazione (inteso come il carburante che ti fa muovere) e bisogno (motore che ti permette di agire) non sono necessariamente la stessa cosa.
Quando componiamo le relazioni di un team occorre tenere conto di questo aspetto perché sul lungo periodo fare confusione può creare problemi anche gravi.
Uno degli aspetti più efficaci della Gamificazione in tal senso è il concentrarsi su dei meccanismi umani comuni a tutti, ancestrali, come ad esempio il bisogno di ricevere una gratificazione, ottenere premi, la tendenza a seguire pattern precisi e stimolare costantemente la motivazione del giocatore.
Questi elementi possono essere inseriti nelle dinamiche di un gruppo in modo semplice, gamificando le relazioni e le performance.
Ad esempio, indicando dei premi raggiungibili tramite le performance si stimola la motivazione legata al profilo tipico del “cacciatore”.
Stabilendo in modo chiaro il perché del lavoro da svolgere e gli step da seguire si dà al profilo del “killer” ciò di cui ha bisogno per agire e rimanere coinvolto: regole e risultati.Creando un ambiente dinamico in cui sia possibile conoscersi e collaborare in modo libero si stimolano i giocatori detti “socializzatori”.
Infine, concedendo un pizzico di libertà e fiducia si permette agli “esploratori” di sentirsi apprezzati e coinvolti.
Questi quattro termini, ovvero “cacciatore”, “killer”, “socializzatore” ed “esploratore” derivano da un sistema di profilazione ampiamente usato nel mondo della Gamificazione per individuare tipi di motivazione e bisogni dei giocatori e può essere usato nella composizione di un team.
Per approfondire quali sono le caratteristiche delle 4 tipologie di persone identificate nel mondo della gamification, leggi il nostro contenuto dal titolo “Profilare gli utenti e comunicare al meglio il tuo prodotto”.
Il sistema di profilazione accennato, chiamato “test di Bartle”, non è perfetto e ne esistono in realtà tante versioni diverse, eppure su un punto risulta essere molto preciso: non esiste un gioco che possa piacere a tutti.
Le persone cercano infatti stimoli diversi, si attivano per motivazioni diverse e rimangono coinvolte da esperienze diverse.
Per questo, nella gestione di un Team è importante per un Leader conoscere in modo approfondito i membri di cui deve occuparsi.
Questa conoscenza determinerà la creazione di relazioni consapevoli e da questo dipende qualunque aspetto del lavoro.
Molto importante, da questo punto di vista, sarà la distribuzione dei task e la valutazione del lavoro svolto.
Ad esempio, ci sono persone che agiscono meglio sotto pressione, mentre altre hanno bisogno di calma per dare il massimo.
Posto che nessuna di queste due caratteristiche sia giusta o sbagliata in senso assoluto, è pacifico sostenere che mettere sotto pressione chi preferisca la calma è un’ottima ricetta per creare un problema.
A quel punto, sarebbe davvero colpa del membro del team?
Un argomento spinoso, certo, perché dopotutto gli adulti dovrebbero essere in grado di gestirsi al meglio.
Ma la parola importante, in tal caso, è “dovrebbe”: la realtà è che nella maggior parte dei casi, soprattutto quando le risorse sono poche e il tempo stringe, è meglio valorizzare i punti di forza che cercare di sistemare le debolezze.
Un Leader deve dunque saper distribuire i Task creando il giusto equilibrio tra il Risultato ricercato e le risorse a disposizione.
Una delle condizioni più innovative che stiamo incontrando a causa della pandemia è lo smart working.
Questo modo di lavorare viene spesso scambiato per “lavoro a distanza” ma in realtà è una concezione errata.
Con “smart” si intende un tipo di lavoro intelligente, il che non significa necessariamente che sia a distanza: l’importante è che le risorse a disposizione siano usate in modo efficace. Nella gestione di un team questo principio è legato soprattutto al riconoscimento delle capacità dei membri che lo compongono.
Nel mondo dei videogiochi esistono ad esempio i concetti di “missione principale” e “missione secondaria”.
Le prime fanno sviluppare il gioco in modo verticale, ovvero il superarle ti accompagna verso la fine del gioco; le seconde invece lo sviluppano in modo orizzontale, approfondendo il mondo e la storia del gioco, e dandoti la possibilità di guadagnare risorse aggiuntive.
Per semplificare, esistono due tipi di giocatori: quelli che puntano dritto alla fine del gioco (per poi magari tornare indietro dopo, per completare il tutto) e quelli che invece si dedicano ad ogni singola missione secondaria, lasciando la trama principale in secondo piano.
Questi due atteggiamenti li troviamo spesso nel lavoro: c’è chi si concentra sul Risultato, chi sul Processo.
Perché non applicare allora questo principio (Missione principale e Missione secondaria) alla formulazione di obiettivi?
Se sappiamo che un membro del team si concentra di più sul Risultato, possiamo costruire task più dirette e semplici, che ne facilitino il conseguimento. Nel caso opposto, se un nostro collaboratore è più “tipo” da missioni secondarie possiamo costruire un Risultato composto da Step e farlo giocare secondo le sue regole. Agire in questo modo può aiutare a costruire un ambiente lavorativo efficiente e positivo, in cui ogni membro del team possa agire secondo le proprie attitudini personali. Soprattutto quando alla base della costruzione del team ci sia una vision comune.
In generale ogni persona agisce spinta dai propri bisogni e dalle proprie motivazioni.
Ad esempio lavoriamo perché ci piace ciò che facciamo oppure, banalmente, perché veniamo pagati per farlo.
Spesso, quando viene creato un team, si scelgono le persone in base alle loro competenze, si stabiliscono ruoli e definiscono obiettivi.
Questo però è il minimo indispensabile: noi esseri umani abbiamo infatti bisogno di sentirci parte di qualcosa di più grande per poter dare il massimo.
Nella Gamificazione esiste un concetto chiamato “Core Drive”, che indica le Motivazioni istintive e naturali delle persone.
Uno dei più importanti quando gestiamo un Team è il primo, “Epic Meaning & Calling”, che indica appunto il bisogno delle persone di sapere che ciò che fanno conta qualcosa, che stanno lasciando un impatto, una traccia.
In che modo possiamo usare questo core drive nella composizione di un Team? Per prima cosa, dando uno scopo ai membri che non sia solo legato al “cosa” vogliamo che facciano, ma al “perché”.
Queste domande aiutano le persone a valorizzare se stessi, a sentirsi necessari, a diventare parte di “qualcosa” e ricordi?
La qualità di un sistema è legata soprattutto all’efficienza dei singoli componenti.Valorizzare al massimo ogni membro del Team come essere umano, prima che come professionista, è il modo migliore per ottenere questo effetto.
Soprattutto, essere spinti da una visione molto forte e sentirsi parte di una realtà importante aiuta ad affrontare crisi ed imprevisti che richiedono risorse straordinarie.
Nel libro “Blood, Sweat and Pixels” Jason Schreier racconta di come una compagnia di videogiochi, la Naughty Dog abbia vissuto diversi momenti di “crunch”, ovvero la necessità di lavorare senza sosta per completare dei videogame, e che molti dei dipendenti abbiano trovato l’energia per affrontare questa sfida soprattutto nella consapevolezza di essere al lavoro su qualcosa di straordinario (per quanto il crunch rimanga comunque un problema in questo settore).
Un Water Cooler è il tipico distributore d’acqua che si può trovare in un ufficio e che appare spesso nei telefilm americani.
Water Cooler è anche il nome di una tecnica di Gamificazione molto utile quando ci troviamo a gestire un Team.
Ma in cosa consiste?
Molto semplice: questa tecnica ha lo scopo di creare spazi e momenti in cui le persone possano smettere di lavorare e concentrarsi invece sullo sviluppare relazioni più umane. Poter contare su un momento di pausa, poter fare due chiacchiere, potersi anche sfogare del “capo” sono comportamenti necessari, perché noi esseri umani non siamo macchine e funzioniamo meglio quando i nostri ritmi e tendenze naturali sono rispettati.
Sentirsi parte di qualcosa di vivo e umano è importante per tutti noi, e troppo spesso il lavoro è un ambiente asettico e goal-driven. Il che, ovvio, non è sbagliato: è solo limitante.
Noi esseri umani ci impegniamo di più quando proviamo affetto, quando c’è un legame non solo economico ed è ciò che consente di ottenere la Gamificazione tramite le sue tecniche: restituire ad attività ed ambienti lavorativi quella dimensione umana, coinvolgente e motivante tipica dei giochi.
Una concezione del lavoro di questo tipo non solo permette di migliorare le performance, ma si rivela essenziale durante periodi di crisi, quando poter contare su un Team legato al progetto dalla passione e dall’affetto farà passare in secondo piano difficoltà, budget ridotti e crunch sul lavoro.
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