L'ascesa degli eSports
Come la tecnologia e il costume stanno trasformando l’intrattenimento sportivo
17min
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C’è stato un tempo in cui giocare ai videogiochi era considerato soltanto un hobby per ragazzini sfaccendati e per giovani nerd. Oggi l’industria videoludica è uno dei settori maggiormente sviluppati dell’economia e, in accordo con i dati di Statista, l'intero mercato dei videogiochi dovrebbe superare i 200 miliardi di dollari entro il 2023.
Ma c’è di più. A ben vedere, i videogiochi non rappresentano soltanto un business in piena espansione: sono diventati un fenomeno di costume, che insieme ad altre forze sta rimodellando il modo in cui interagiamo con il mondo.
Da un lato, l'industria dei videogiochi ispira l'innovazione spingendo le grandi aziende tech come Google e Microsoft a creare nuove tecnologie per servire i miliardi di videogiocatori in tutto il mondo - basti pensare alle nuove tecnologie immersive che troveranno grande applicazione nell’industria videoludica.
Dall’altro lato, l’impatto sociale della pandemia sta determinando un significativo mutamento nelle abitudini delle persone: secondo un rapporto di NPD Group, quattro quinti di tutti i consumatori americani hanno giocato ad almeno un videogioco negli ultimi sei mesi e la crescita più significativa è stata registrata in una fascia demografica sorprendente: le persone di età compresa tra 35 e 54 anni.
Alla luce di questo, non sorprende che un report di MarketWatch ha attestato che il volume d’affari generato dell'industria dei videogiochi sta superando quello di sport e cinema messi insieme.
Se consideriamo sia il contesto tecnologico che quello sociale, e se a ciò aggiungiamo il radicale cambio di abitudini dettato dalla pandemia, è facile comprendere perché gli eSports stanno soppiantando in un colpo solo sia lo sport sia l’intrattenimento.
Da un lato abbiamo giocatori sempre più specializzati, preparati e mediaticamente influenti; dall’altro abbiamo spettatori sempre più numerosi, connessi e interessati.
L’industria videoludica è raccontata perfettamente nel libro Blood, Sweat, and Pixels, che ci dà uno spaccato completo di quella che sta diventando una delle più grandi macchine da soldi di questo decennio.
Storie di trionfo e turbolenza dietro alla creazione dei videogiochi 21 minBlood, Sweat, and Pixels
Videogiochi ed eSports non sono però la stessa cosa. I videogiochi, di per sé, sono prodotti software di carattere ludico utilizzabili da diversi dispositivi (come ad esempio un PC, uno smartphone o una console), mentre gli eSports sono competizioni agonistiche dedicate a specifici titoli di videogiochi in cui gamer professionisti si sfidano a livello competitivo.
Queste competizioni sono organizzate da società specializzate, spesso in collaborazione con le stesse case produttrici di videogiochi o con altri brand che decidono di investire nel settore.
In parole semplici, gli eSports sono la versione agonistica e brillantinata dei videogiochi: se consideriamo una partita a un videogioco alla pari di una partita di calcetto tra amici, possiamo considerare gli eSports alla pari della UEFA Champions League, sia in termini di competitività dei gamer professionisti, sia in termini di indotto generato.
Infatti, proprio come accade per lo sport tradizionale, anche le manifestazioni di eSports attirano sempre più l’interesse di investitori e altri attori economici:
Secondo Forbes, gli eSports sono sulla buona strada per diventare il mercato finanziariamente più lucrativo del pianeta, grazie all'enorme esposizione e all’interesse sempre più crescente per i grandi tornei.
Ora che gli eSports sono in netta ascesa e la loro integrazione nella cultura mainstream prosegue senza freni, stanno attirando l’attenzione di investitori, brand, mass media e utenti da tutto il mondo.
Secondo le stime di Business Insider, tra il 2019 e il 2023 il numero totale di spettatori di eSports dovrebbe crescere del 9%, passando da 454 milioni nel 2019 a 646 milioni nel 2023. Se pensiamo che nel 2017 il pubblico era di 335 milioni, possiamo dire che il pubblico degli eSports può raddoppiare in un periodo di appena 6 anni.
Anche il numero di giocatori mensili è destinato a salire con lo stesso passo: nel 2018 si contavano circa 167 milioni di giocatori mensili in tutto il mondo, e secondo le stime di Business Insider questo numero è destinato ad arrivare a 276 milioni nel 2022. Più in generale, secondo Forbes, dal 1998 il numero di gamer professionisti è cresciuto ad un tasso del 43% all'anno, e parallelamente a questo anche i premi in denaro nelle competizioni sono saliti del 42%.
Inoltre, l'industria eSports ha ricevuto sostanziali aumenti degli investimenti per sostenere la sua crescita: i dati di Business Insider ci parlano di investimenti totali per 4,5 miliardi di dollari nel 2018, rispetto ai 490 milioni di dollari del 2017, con un impressionante tasso di crescita dell’837%.
Gli eSports hanno raggiunto questi numeri anche grazie all’avvento dello streaming e alla componente sociale che ne deriva. Piattaforme di streaming specifiche per i videogiochi come Twitch e YouTube Gaming danno ai fan una connessione diretta con i giocatori e le squadre, che a loro volta si muovono in aree come il merchandising per diffondere il loro brand e aumentare la loro fanbase - proprio come qualsiasi squadra di calcio.
Twitch è stato infatti il catalizzatore perfetto di questo fenomeno. La piattaforma social dedicata allo streaming di gameplay è stata fondata nel 2011 da Justin Kan e Emmett Shear, poi acquistata da Amazon nel 2013 per 1 miliardo di dollari, quando già aveva 35 milioni di visitatori unici al mese e 600.000 utenti che generavano contenuti, i cosiddetti streamer. Da allora è cresciuta senza sosta: a Febbraio 2020 Twitch contava infatti 150 milioni di visitatori unici al mese e 3,8 milioni di streamer.
A questo proposito, Rick Yang, partner di NEA, una società di venture capital che investe in eSports - in una conversazione con Business Insider ha sottolineato: "In realtà penso agli eSports come al definitivo ingresso del gaming nella cultura mainstream, piuttosto che alla sola idea di gamer professionisti che si sfidano per soldi.”
E che il gaming sia entrato nella cultura mainstream lo dicono i numeri.
Secondo la maggior parte delle proiezioni, l'ecosistema eSports è sulla buona strada per superare il miliardo di dollari di entrate per la prima volta quest'anno e di raggiungere gli 1,8 miliardi di dollari entro il 2022.
Asia-Pacifico (APAC), Nord America ed Europa sono i primi tre mercati per gli eSports, rispettivamente, in termini di pubblico e ricavi. L'APAC rappresenta oltre la metà (55%) del pubblico globale di eSports nel 2019, il Nord America circa il 20%, mentre l'Europa circa il 13%. Il resto del mondo rappresenta solo il 12% delle entrate totali di eSports, ma contiene diverse regioni da tenere d'occhio: una delle regioni in più rapida ascesa è l'America Latina.
Il denaro fluisce negli eSports attraverso i diritti dei media, la vendita di biglietti per eventi dal vivo, la vendita di merchandise e gli acquisti in-game, ma il 69% delle entrate proviene da sponsorizzazioni e pubblicità, secondo i dati di Newzoo citati da Statista.
Succedono molte cose dietro le quinte per organizzare con successo un torneo. Sviluppatori, squadre, organizzatori e marchi lavorano insieme per garantire che questa industria in espansione costante continui a crescere sempre di più. Secondo eSports Observer, per organizzare un torneo eSports di successo occorrono quattro componenti chiave.
Gli eventi di eSports stanno diventando sempre più frequenti per soddisfare la domanda in costante espansione. Nel 2012 gli eventi erano al massimo mensili, ora ci sono eventi quasi ogni fine settimana, con nuove iniziative che spuntano in ogni angolo del mondo.
Non cadiamo nel tranello di pensare che gli eSports siano un fenomeno recente, esistono infatti fin dagli anni '70: il primo caso documentato di eSports è quello di una banda di giovani californiani riuniti intorno ad una console Atari.
La primissima competizione videoludica di cui si ha notizia si tenne infatti il 19 ottobre 1972 all’Università di Stanford, in cui alcuni studenti si sfidarono alle “Olimpiadi Intergalattiche di Spacewar” per contendersi un ambitissimo primo premio: un abbonamento annuale alla rivista Rolling Stone.
Da allora, il fenomeno eSports è cresciuto in popolarità con eventi sempre più grandi per soddisfare la crescente domanda.
In seguito alla diffusione dei videogiochi a gettone e delle primissime console casalinghe nascono i primi veri campionati, nel 1980 la Atari organizza il primo torneo di Space Invaders, nel 1983 nasce la prima vera e propria squadra di eSports e nel 1984 va in onda il primo programma televisivo dedicato agli eSports: Starcade.
Negli anni '90 nascono poi nuove modalità di competizione: fino a quel momento i tornei di eSports erano basati principalmente sul raggiungimento del punteggio più alto, ma con l’avvento dei primi videogiochi multiplayer arriva anche la possibilità di sfide individuali tra videogiocatori.
In un’epoca senza internet, era piuttosto difficile che qualche media si interessasse in maniera continuativa ad eventi del genere, l’unica audience degli eSports erano infatti le persone che si trovavano fisicamente all’evento.
È a partire dagli anni 2000 che gli eSports cambiano passo, proprio grazie alla diffusione di internet a banda larga e delle console moderne, che permettono di streammare direttamente mentre si gioca. In questo decennio i numeri aumentano in maniera esponenziale in termini di giocatori, di spettatori e di indotto economico: basti pensare che nel 2000 i tornei mondiali di eSports erano meno di 10, nel 2010 più di 260.
Le ragioni di questa ascesa non risiedono esclusivamente nel progresso tecnologico, ma anche nel contesto antropologico e sociale.
I Millennial e la Gen Z, i giovani degli anni 2000 e 2010, a differenza delle generazioni passate, sono cresciute con i videogiochi. Sia come parte attiva - giocando - sia come parte passiva - assistendo alle sessioni videoludiche di amici, fratelli o sorelle. Questo background esperienziale comune a due generazioni ha fatto in modo che, a partire dagli anni ‘00 e via via sempre di più negli anni ‘10, seguire gamer e tornei di eSports sia diventata un'opzione sempre più credibile per il grande pubblico, perché familiare, divertente ed interessante, spesso più che seguire il calcio, il basket o la formula 1 - come facevano le precedenti generazioni.
I giovani adulti di oggi sono infatti meno propensi ad avere abbonamenti per le pay TV rispetto ai propri genitori, mentre è cresciuta sempre più la tendenza di seguire gamer professionisti su Twitch o YouTube.
Un altro fattore determinante alla crescita degli eSports è la loro accessibilità. A differenza di sport come il rugby o il cricket, gli eSports non sono legati a nessuna regione o cultura particolare: i giocatori e gli spettatori degli eSports provengono da tutto il mondo, uniti dalla lingua comune del loro gioco.
Inoltre, pur richiedendo grande impegno e grandi abilità, gli eSports non hanno le stesse restrizioni fisiche degli sport tradizionali e in virtù di questo possono definirsi molto più inclusivi di questi ultimi. Le persone che si interessano ai videogiochi e agli eSports non affrontano le stessa barriere all'ingresso che incontrerebbero, per esempio, nel basket o nel calcio, in cui potrebbero essere svantaggiati perché non abbastanza alti o abbastanza veloci. Le uniche cose di cui si ha bisogno per affinare la propria abilità negli eSports sono il videogioco e una connessione internet.
È quindi lecito pensare che nel prossimo decennio gli eSports continueranno a crescere ancora di più. Ai Millennial e alla Gen Z si sta aggiungendo la generazione dei nati dopo il 2010 (chiamata Generazione Alpha), ancora più immersa nella tecnologia dei suoi predecessori, e che con ogni probabilità estenderà ulteriormente il processo di trasformazione dell’intrattenimento sportivo in tutto il mondo.
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