Quanto conta la cultura aziendale per una startup
Perché il giusto sistema di valori è fondamentale per un’azienda appena nata
21min
Perché il giusto sistema di valori è fondamentale per un’azienda appena nata
21min
Episodi di Exit: toolbox per startup
Quello della cultura aziendale è infatti l’unico vantaggio realmente sostenibile nel tempo, come emerge dall’analisi Global Human Capital Trends condotta nel 2016 da Deloitte: l’82% dei manager intervistati la riconosce come tale in quanto questa “disegna” la qualità dell’azienda, ne stabilisce il posizionamento ed è pertanto un fattore di business tutt’altro che trascurabile. Perché, se è vero che i gusti delle persone cambiano, se è vero che ci possono essere fattori esterni come l’andamento del mercato, il periodo che viviamo o altro che non dipendono direttamente dall’azienda, così come ci sono società che hanno più mezzi o sono più veloci nel prendere le loro decisioni, la cultura aziendale è qualcosa che rimane e che nessuno può duplicare. Né tantomeno copiare, se effettivamente non si hanno alla base certe caratteristiche, certi modi di vedere e intendere le cose che influenzano il proprio modo di “essere nel mondo”.
La cultura aziendale ha ancora più valore quando la propria attività è stata avviata da poco, quando è stata costruita intorno a un prodotto o un servizio che il mercato sembra apprezzare e anche quando si crede di averla, ma non le si dà particolare peso perché non la si comunica al meglio né tantomeno la si condivide tra i dipendenti. Va da sé che in una startup che ha bisogno di crescere diventa ancora più fondamentale.
Entrando ancora più nel concreto, possiamo dire che con cultura aziendale si intende l’insieme di valori dell’azienda, condivise dai lavoratori che includono anche mentalità e modelli sociali che magari non sono stati “dichiarati” o messi per iscritto, ma chiunque lavora in quel contesto conosce. Per essere ancora più precisi: la cultura aziendale ingloba quei comportamenti e quei credo che mettono sullo stesso piano manager, dipendenti, collaboratori esterni e che fanno sì che tutti siano parte di uno stesso organismo.
Un concetto che di solito viene portato avanti dai leader e che porta a unire le persone non solo per il fatto di lavorare nello stesso posto fisico, per gli obiettivi e i traguardi prefissati, ma anche per il fatto di condividere una serie di comportamenti e atteggiamenti che rendono quel dipendente diverso da quello che lavora per un’altra azienda. Se, pertanto, la strategia porta a raggiungere gli obiettivi e orienta le persone intorno alle azioni da compiere per arrivare fino al punto prefissato e/o superarlo, la cultura esprime questi obiettivi attraverso valori e credenze e guida l’attività attraverso assunti condivisi da tutti.
Una cultura aziendale riesce dunque a ispirare, coinvolgere, allineare le persone, a far capire come agire, come comportarsi.
In merito, la nota rivista di business e management, Harvard Business Review, nel 2018 ha dato vita a un sondaggio condotto su 230 aziende provenienti da diversi settori: manifatturiero, finanziario, servizi ecc… coinvolgendo fino a 1300 CEO e top executives e oltre 25000 tra dipendenti e manager. Obiettivo: capire come le organizzazioni si comportano, quali sono i valori che uniscono o dividono le persone e così via.
È venuto fuori che la cultura aziendale viene classificata sostanzialmente in base a due fattori principali: la reattività al cambiamento e le interazioni tra le persone che fanno parte dell’azienda.
Nel primo caso i due asset sono la flessibilità e la stabilità. Ci sono aziende che puntano tanto sulla capacità di reagire in breve tempo al cambiamento e sul sapersi subito adattare, altre invece valorizzano la stabilità, l’avere dei comportamenti rigorosi, il controllo, le regole.
Quanto alle interazioni con le persone, qui si gioca tutto tra le parole indipendenza e interdipendenza, secondo quello che viene fuori dal questionario. Ossia tra una cultura aziendale che dà spazio all’autonomia, alla crescita personale così come a iniziative individuali e chi invece preferisce l’“inter” ossia l’integrazione, il lavoro di gruppo, l’armonia ecc… Ovviamente questo non significa che l’una escluda l’altra ma si può anche ovviare con un mix tra i due fattori.
Ma quali sono i valori su cui un’azienda deve puntare e che costituiscono il suo sistema?
Un sistema di valori deve servire a collegare gli obiettivi di crescita professionale della singola persona al processo di valutazione della sua performance, di conseguenza a pianificare ogni processo di cambiamento e creare gruppi di lavoro che siano uniti, produttivi e ad aiutare a gestire al meglio le diverse dinamiche relazionali. Far sì dunque che le persone interne si mettano in connessione le une che gli altri.
Per quanto riguarda invece il mondo esterno, un sistema di valori permette la riconoscibilità dell’azienda, ne denota la sua affidabilità sul mercato ma anche la sua differenziazione. Ecco perché è fondamentale che questi valori siano “veri”, nel senso di riconosciuti davvero da tutti e non mutuati da qualche concorrente.
Alla base ci devono essere trasparenza, onestà e correttezza, valori che devono essere suffragati da azioni concrete e riconoscibili
Uno di questi valori è sicuramente la trasparenza che è connessa all'onestà, alla correttezza, all’essere chiari e nitidi. La trasparenza è ovviamente un valore che non può essere solo annunciato ma deve essere suffragato da azioni concrete. Vantarsi di essere trasparenti e poi non dire a un candidato com’è andato un colloquio o come si è svolto il processo di selezione che l’ha coinvolto per poi magari escluderlo, è sicuramente un autogol. Così come con un cliente vantarsi di essere trasparenti e poi non essere chiari nel processo di spedizione di un prodotto o su come funziona un servizio e affidare tutto, per esempio, a delle clausole scritte in piccolo, va in direzione completamente opposto.
La trasparenza, peraltro, è stato il punto inconfondibile di un leader come Sergio Marchionne. Certo, quando andò alla guida della Fiat non aveva di certo a che fare con una startup, ma con un’azienda sul mercato da anni che si trovava in un momento tutt’altro che florido. Eppure, come ricorda Tommaso Ebhardt nel suo libro “Sergio Marchionne”, gli analisti apprezzarono il fatto che il manager con il maglione avesse detto la verità su come stavano andando le cose, il che comportò un’iniezione di fiducia tale da far salire il titolo anche in Borsa. Certo, a tutto questo poi sono seguite decisioni imprenditoriali vincenti, ma questo sta a significare che trasparenza, chiarezza, correttezza e onestà devono far parte del bagaglio di valori di qualsiasi azienda e ancor di più di una startup che vuole crescere. O che è in fase di scale up.
La storia del CEO Sergio Marchionne 17 minSergio Marchionne
Rispetto, fiducia, responsabilità e condivisione tra manager e dipendenti e tra i dipendenti stessi
Altro valore fondamentale è il rispetto, connesso strettamente alla fiducia. Stare addosso ai propri dipendenti, controllare su quali siti si collegano mentre sono al lavoro, togliere loro l’accesso ai social media, come fanno alcune aziende, va ovviamente in direzione opposta.
Dare invece fiducia e rispettare le proprie persone vuol dire affidarsi ai propri lavoratori e dare loro modo di sperimentare, anche sbagliando. Senza mettere nessuno sul patibolo, ma, anzi, capire cosa è successo. Nella direzione della fiducia vanno per esempio gli orari flessibili di entrata e uscita o il lavorare per obiettivi anziché per orari fissi.
Aziende che puntano sulla fiducia e che la coltivano quotidianamente possono puntare sullo smart working e il remote working anche con dipendenti e collaboratori che incontrano raramente dal vivo ma con cui c’è un confronto comunque continuo. Connesso al rispetto e alla fiducia dunque ci sono la responsabilità e l’affidabilità.
Parlare di smart working, al giorno d’oggi, vuol dire inoltre non solo occuparsi degli aspetti tecnici e del design dell’ufficio casalingo o della sede alternativa all’azienda, ma farlo entrare a pieno titolo nella cultura aziendale. Lo smart working non è una modalità di lavoro che si improvvisa da un momento all’altro o che deve essere calata dall’alto - anche se ci si trova in una situazione grave come la pandemia e condivisa da tutti - ma deve essere raccontato, spiegato. Bisogna che sia condiviso con tutti coloro che lavorano all’interno della startup e che vengano progettati al meglio tutti i modi di incontrarsi, sia online che dal vivo.
Ha bisogno di regole, regolamenti, ma anche, per tornare al nostro discorso iniziale, di una scala di valori da cui tutti possano attingere per svolgere al meglio il proprio lavoro, ovunque si trovino e in qualunque momento pensino sia più congeniale portarlo avanti. E questo senza trascurare mai l’importanza di fare squadra, collaborare con altri e confrontarsi. Il che consente di pensare in modo efficace per agire tutti nella stessa direzione. Tema che è al centro del libro “Nessun limite” di John C. Maxwell che ricorda come la condivisione costringa alla chiarezza, ci porti ad avere riscontri esterni e a sviluppare ancor meglio un’idea che è buona in partenza e che vale la pena perfezionare.
Abbattere i blocchi e raggiungere i propri obiettivi 18 minNessun limite
Miglioramento continuo, innovazione e creatività che portano a team open mind e al coinvolgimento dei clienti
La condivisione è dunque un valore importante che si connette alla perfezione con il miglioramento continuo, l’innovazione, la creatività. Voler continuamente progredire, adottare degli approcci che consentono di modificare il percorso degli eventi mentre questi avvengono, usare dei tool ad hoc che allo stesso tempo avallino soluzioni innovative e creative e che possono essere visibili anche a chi è fuori dall’azienda può essere una modalità vincente, in particolare per una startup. Se questa sta pensando a diverse fasi di rilascio di un prodotto ed è quanto ha annunciato agli investitori, ma anche ai clienti, usare uno strumento come Trello che fa vedere come stanno evolvendo le cose, può andare sia in ottica di trasparenza che di miglioramento continuo.
I clienti, in particolare quelli tecnologici, amano essere coinvolti nelle sperimentazioni e l’essere considerati, ascoltati, il sapere di poter dare il proprio contributo all’ottimizzazione di un prodotto è sicuramente una marcia in più nella direzione della fidelizzazione. Gli strumenti possono essere svariati: sondaggi online e sui social media così come aprire un canale ad hoc Slack anche per comunicare con i propri clienti e accogliere le loro richieste di innovazione.
Una cultura aziendale simile presuppone persone molto open mind, flessibili, pronte a scommettere e ad andare oltre quelle che possono essere le proprie competenze, che abbiano voglia di formarsi di continuo e non si scoraggino di fronte al fatto che una cosa che andava bene il mese prima potrebbe essere sorpassata. Anzi, vedono tutto questo come una sfida.
E tutto questo, in ottica di marketing, si traduce nella capacità di attirare i clienti giusti, senza per forza voler comunicare con tutti quelli possibili e nel comunicare, con azioni concrete, cosa rende la propria azienda diversa dalla concorrenza. La propria unicità si basa dunque sui valori che un’azienda riesce a trasmettere e sul come li mette in campo per creare quel Magnetic Marketing di cui parla Dan S. Kennedy che ti porterà a non dover rincorrere i clienti, ma ad attrarli per come sei e come fai le cose.
Connesso al concetto di unicità e di attrazione, c’è sicuramente da cogliere quanto dice Simon Sinek in "Start with why", che invita a raccontare il perché si fanno le cose, ancor prima del come e cosa, fanno capire agli altri in cosa consiste il loro metodo unico, diverso.
Imparare come attirare clienti anziché rincorrerli 17 minMagnetic Marketing
Le tipologie di cultura aziendale: Authority, Caring, Enjoyment, Learning, Order, Purpose, Results, Safety
Abbiamo parlato di cultura aziendale in modo unico, ma in realtà ci sono 8 tipologie di cultura aziendale o meglio 8 modelli che possono mescolare in modo più o meno differente i valori di cui abbiamo parlato (oltre che tra di loro) e che hanno a che fare con i due fattori principali emerse dal sondaggio di Harvard Business Review. Ecco quali sono:
Come essere un grande leader attraverso la comunicazione 23 minStart With Why
Quello che ti abbiamo offerto finora è un quadro del sistema di valori cui puoi fare riferimento e dei modelli cui puoi ispirarti. Ciò che conta più di tutto è capire cosa fa davvero per la tua azienda e cosa può davvero aiutarla a crescere.
Se come diceva Andy Grove, fondatore di Intel, “la cultura è anche la conoscenza del modo in cui le cose sono e devono essere fatte in un’azienda” e ancora che “il management deve sviluppare e nutrire l’insieme comune di valori, obiettivi e metodi che è essenziale per l’esistenza della fiducia. Come lo facciamo? Un modo è esplicitarli, formularli chiaramente. L’altro, ancora più importante è l’esempio”.
Nelle parole di Grove è già implicito il modus operandi: bisogna conoscere a fondo la propria azienda, sapere dove vuole arrivare, quali sono i valori e renderli visibili a tutti. Dicendoli sì, ma mostrandoli. Inutile dire “siamo aperti e flessibili” e agire in modo completamento diverso. O dire di credere nella formazione continua e poi ricusare ogni richiesta da parte di dipendenti di poter seguire dei brevi webinar mentre stanno lavorando.
Una volta che si ha chiaro chi si è e cosa si vuole fare, è fondamentale appunto infonderlo, farlo capire. Inoltre, trovare le persone che si facciano ambassador di tali valori e contribuiscano a creare la cultura aziendale.
È necessario dunque avere un cambiamento che parta dai leader ma che poi venga condiviso anche dai dipendenti, dovendo eventualmente abbandonare chi invece si comporta in modo non appropriato o non consono alla cultura aziendale, purché appunto i suoi aspetti siano chiari. I leader quindi devono non solo implementare questo tipo di cultura, ma impersonarla e saperla comunicare facendo capire quali sono i valori fondanti.
Tutto questo può portare una startup alla fase di scaling up purché appunto i leader ricordino che non devono né controllare né gestire la compagnia in ogni aspetto, ma mantenere, come dice Verne C. Harnish in “Scaling up”, l’attenzione di tutti sull’unico e vero obiettivo del loro lavoro.
Come si evince, la cultura viene prima di qualsiasi strategia che è solo figlia di determinati credo, convinzioni e comportamenti.
Se la tua è una startup che ha puntato più sul nuovo prodotto o servizio da lanciare tralasciando questo aspetto, è ora di rimediare anche perché rischi di non andare molto lontano e alla prima difficoltà non avere dei valori ferrei non ti aiuterà. Così come non ti aiuterà nella ricerca delle persone giuste per costituire i tuoi team.
E ora qualche esempio di cultura aziendale per vedere come le diverse imprese hanno messo in pratica tutto questo.
Henkel, già sul suo sito, fa capire che quello su cui punta è “Creare valore sostenibile” e questo per i clienti, i consumatori, le persone, gli azionisti ma anche “per le società e le comunità in cui operiamo”.
Cosa significa? Che sicuramente il modello cui l’azienda si rifà è sicuramente quello del Purpose, ossia di avere una missione: la sostenibilità che significa accettare le varie componenti cui si rivolge Henkel, sapersi adattare all’ambiente circostante e farlo in un modo che sia davvero possibile. E questo anche grazie all’apprendimento continuo.
Nel caso di Disney, per esempio, il modello cui si riferisce una delle aziende più amate al mondo è quello del Caring, ossia del prendersi cura. Sono dunque valori fondanti l’attenzione così come l’ascolto delle esigenze delle persone cui ci si rivolge. E il far vivere ai propri clienti, ma anche ai dipendenti, la migliore esperienza possibile. Attenzione ai dettagli, cura di quel che si fa ed empatia sono alla base della cultura aziendale di Disney. Non a caso Walt Disney era solito dire: “Ogni volta che progetto un’attrazione, sto pensando a cosa ha di sbagliato e come poterla migliore”. Sì, c’è anche l’apprendimento continuo che non trascura mai gli altri.
Anche per Google il tema del learning è fondamentale insieme alla voglia di evolversi. Non a caso Big G avalla molto la formazione aziendale e personale così tanto che adotta la cosiddetta “strategia del 20%”, permette, cioè, ai suoi tecnici di dedicare un 20% della settimana lavorativa, ossia un giorno, a progetti collaterali. In questo modo libera la loro mente dalle cose da fare e le dà modo di spaziare.
E Gmail è nata proprio così! Nel 2001 il giovane Paul Buchheit ha iniziato a lavorare nel suo 20% al progetto chiamato Caribou, oggi Gmail. Nessuno gliel’aveva chiesto, oggi è uno dei servizi di maggiore successo aziendale.
Ma non solo: per Google quello che conta è anche la socializzazione dei propri dipendenti, farli sentire parte di un tutto, puntando sulla flessibilità lavorativa, l’indipendenza, il benessere.
Va da sé che la cultura aziendale non può restare avulsa dall’organizzazione ma deve lavorare in perfetta sincronia con essa, deve dunque permeare tutti i settori, dalle risorse umane al customer care, a chi si occupa di comunicazione e chi di formazione.
Si deve dunque applicare a tutti i livelli e deve guidare i comportamenti di tutti, compresi anche i collaboratori esterni. Ecco perché le due cose devono andare di pari passo e non si può pensare di costruire un certo tipo di cultura aziendale senza cambiare eventualmente l’organizzazione dell’azienda.
Tutto questo pertanto prevede un lavoro di forte analisi di quello che la tua startup è già, dei valori che porta avanti, di quelli che magari ancora sono sottaciuti ma fondanti. È dunque importante prevedere diversi momenti di incontro, di confronto, stabilire quali sono i modelli cui ci si vuole ispirare, capire come costruirli, quali sono le persone che possono agire sul cambiamento e “influenzare” gli altri. E dopodiché comunicare tutto questo bene, sia internamente che esternamente.
Magari mettendo in campo doti narrative e raccontare storie che colpiscono. Facendo quello storytelling che, come dice Kindra Hall in “Stories that stick”, può fare la differenza per il nostro business.
Di contro, una cultura aziendale non esplicitata, non condivisa, non riconosciuta, è come se non esistesse. La cultura in fondo è quel qualcosa che non possiamo toccare, ma che di fatto condiziona tutta la nostra vita. Anche aziendale.
Come lo storytelling può migliorare il nostro business 15 minStories That Stick
di 6