Come sviluppo un pensiero critico?
Al giorno d'oggi è fondamentale imparare a pensare in maniera critica. Vediamo come fare
10min
Al giorno d'oggi è fondamentale imparare a pensare in maniera critica. Vediamo come fare
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Episodi di Domande per Crescere
Wikipedia descrive il pensiero critico in questo modo “Il pensiero critico trae informazioni dall'osservazione, l'esperienza, il ragionamento o la comunicazione. Esso si fonda sul tentativo di andare al di là della parzialità del singolo soggetto: i suoi valori fondamentali sono la chiarezza, l'accuratezza, la precisione e l'evidenza.”
E a questo punto la domanda potrebbe nascere spontanea: perché parlare di pensiero critico in un podcast dedicato alla crescita?
Perché a mio avviso, nel mondo di oggi, il pensiero critico è una delle soft skill più importanti da sviluppare.
Avere un pensiero critico significa essere in grado di ascoltare qualsiasi opinione senza pregiudizio, di riuscire a suddividere un argomento nei suoi elementi fondamentali, individuare contraddizioni nel ragionamento e tanto altro.
L’impressione è che viviamo in un periodo storico nel quale si stia andando nella direzione opposta. I social media, da questo punto di vista, sicuramente non hanno aiutato.
Le discussioni (sia online che offline) sono sempre più difficili da sostenere senza finire nel radicalismo e senza assumere posizioni dogmatiche. Ogni tema, anche quello all’apparenza più innocuo, può diventare divisivo in un batter d’occhio. Tutto ormai sembra polarizzante.
E proprio per questo motivo ritengo che il pensiero critico sia fondamentale. Più il mondo diventa estremo, più si tende a ragionare per eccessi, più l’intransigenza la fa da padrona e più noi dovremmo imparare a ragionare con la nostra testa, cercando di sospendere il giudizio.
Mi sono imbattuto per la prima volta in questo concetto quando ho iniziato ad appassionarmi al metodo socratico (la cosiddetta maieutica).
Trovandomi spesso nella situazione di coach o di formatore per aziende e professionisti, mi ero accorto che riuscivo ad avere risultati migliori lavorando molto sulle domande aperte. Mai con l’intenzione di dare la risposta ai miei interlocutori, ma cercando di trovarla insieme, in un certo senso “tirarla fuori” da loro.
In una prima fase è stato tutto molto artigianale. Nel senso che lo facevo senza manco sapere che fosse un metodo ben definito in letteratura, ma come sempre a un certo punto il mio lato nerd ha avuto il sopravvento e ha deciso di approfondire il tema.
Mi capitava di leggere i miei autori preferiti o di vedere i miei speaker preferiti e notare in loro una capacità di pensiero critico fuori dal normale. Una capacità di osservare, riflettere e argomentare che raramente vedevo in giro.
Soprattutto online e soprattutto nel mio settore.
Come sempre la prima domanda che mi sono fatto è stata: ci sono nati così o ci sono diventati? Questo loro modo di ragionare lucido, razionale ed efficace è una sorta di talento?
Ma se hai già ascoltato l’episodio numero 2 sul tema del talento ormai saprai che quello che spesso noi etichettiamo come talento altro non è che allenamento, perseveranza e duro lavoro.
Se quindi era possibile allenarsi al pensiero critico, il passo successivo era capire come farlo.
Anche qui la mia ricerca in termini di libri ha tirato fuori una valanga di materiale, si parte dalle antiche filosofie (sia occidentali che orientali) fino ai modernissimi studi di psicologia cognitiva e di neuroscienze.
Ma se anche in questo caso dovessi selezionare un solo testo da cui partire e che per me ha fatto la differenza direi che è “Pensaci ancora” di Adam Grant che, come sempre, trovi anche qui su 4books.
Il sottotitolo del libro è abbastanza emblematico: il potere di sapere ciò che non sai.
Adam Grant è senza ombra di dubbio uno dei miei autori preferiti. È un professore di psicologia organizzativa e fa tantissima divulgazione su questi temi attraverso i suoi libri che, manco a dirlo, sono tutti dei best seller.
In questo fantastico libro Grant sottolinea come quando si tratta di conoscenze e opinioni spesso diamo priorità al sentirci nel giusto invece che nell’essere nel giusto.
Lo facciamo perché tendiamo ad assumere uno di questi tre approcci:
Ragioniamo da predicatore quando non ci preoccupiamo delle prove, quando usiamo sempre gli stessi argomenti e agiamo solo per una fede cieca in quello che crediamo.
Invece ragioniamo da politico quando non ci preoccupiamo delle informazioni e ci concentriamo più sull’attaccare l’interlocutore con l’obiettivo di avere l’approvazione degli altri.
E infine ci approcciamo come un pubblico ministero quando passiamo il tempo a fare le pulci ai ragionamenti degli altri con il fine di dimostrare che hanno torto e vincere il confronto.
Tutti e tre questi approcci ci fanno finire in un terribile circolo vizioso di eccessiva fiducia, nel quale tendiamo ad auto confermarci le nostre convinzioni. A quel punto entrano in gioco i bias cognitivi che ci aiutano a validare la nostra posizione (anche se sbagliata) e da questa validazione scaturisce un forte senso di orgoglio. Che a sua volta va ad alimentare la convinzione iniziale.
Insomma, è un bel casino e se osservi con attenzione sono sicuro che noterai comportamenti del genere intorno a te un po’ ovunque: nelle aziende, nella politica, nelle dinamiche familiari, e così via.
Nelle sue ricerche l’autore americano fa notare come le persone in grado di avere un pensiero critico e mettere in discussione le proprie idee siano quelle di maggior successo. Dai politici agli studenti, passando per manager e ricercatori, i dati mostrano che chi è in grado di cambiare idea ottiene risultati migliori nel lungo periodo.
Spiegato perché i tre approcci di prima sono pericolosi, l’invito di Adam Grant è quello di pensare come uno scienziato. Prende in prestito il metodo scientifico e lo applica ad altri contesti della nostra vita usandolo come modello per sviluppare un pensiero critico.
Che significa di concreto pensare come uno scienziato?
Significa che le nostre opinioni e le nostre credenze devono essere dei punti di partenza non dei punti di arrivo. E dobbiamo provare a validarli o smontarli in base alle nuove informazioni che periodicamente ci arrivano.
C’è una differenza abissale in termini di approccio. Perché spesso cambiare idea viene vista come una debolezza morale, invece in questo caso è questione di integrità intellettuale.
In altri casi ancora viene vista come ammettere una sconfitta, invece per noi dovrebbe diventare avvicinarsi alla verità.
Quando ci sono dati più affidabili e una logica più accurata cambiare idea dovrebbe diventare il nostro intento principale.
Quando riusciamo a fare nostro questo approccio creiamo un circolo virtuoso che si autoalimenta e che è l’opposto di quello descritto in precedenza.
Se di base abbiamo dei dubbi, questi dubbi ci spingono verso la curiosità (che in fondo è la benzina del pensiero critico). Grazie a questa continua curiosità facciamo nuove scoperte (quindi nuove informazioni, nuovi dati). Scoprire continuamente qualcosa di nuovo ci permette di avere un approccio umile che a sua volta alimenta i dubbi. E il ciclo ricomincia da capo.
E proprio sul tema dell’umiltà Grant dedica uno spazio approfondito nel suo libro. Lui ci fa notare che spesso l’umiltà viene confusa con la scarsa fiducia in se stessi. Invece essere umile significa rimanere con i piedi per terra. Accettare il fatto che possiamo sbagliare in qualsiasi momento.
Si può essere persone con un’alta fiducia nelle proprie competenze e nei propri mezzi, ma allo stesso tempo avere l’umiltà di fare domande e chiedersi se ci manca un pezzo del puzzle. È esattamente questa la chiave del pensiero critico.
L’autore prende poi questi concetti e li cala nei contesti più disparati: nelle relazioni di coppia, nell’essere genitore, nel lavorare in team e così via.
Insomma, è un vero e proprio manuale su come portare il pensiero critico in tutti gli ambiti della nostra vita.
Il libro di Adam Grant per me è stato un fulmine a ciel sereno. Venendo da una formazione scientifica per me l’idea di applicare il metodo scientifico al ragionamento è stato qualcosa di illuminante.
Mi ha spinto ancora di più a vivere la vita in maniera sperimentale, in ogni suo ambito. Imparando a dire ogni volta che scopro qualcosa di nuovo “oggi ho un po’ meno torto di ieri”.
Questo significa smettere di cercare l’alternativa migliore, ma puntare ad avere quante più alternative possibili sul piatto.
E poi, essendo io una persona pubblicamente esposta con libri, conferenze e contenuti di ogni tipo, ho pian piano portato questo approccio anche nel rapporto con il mio pubblico. Ammettendo senza vergogna i miei errori, raccontando i miei fallimenti, condividendo con chi mi segue cosa imparo di volta in volta.
All’inizio pensavo che questo tipo di condivisione avrebbe scalfito la mia credibilità e rovinato la mia autorevolezza, invece ha contribuito a rendermi più credibile, più umano e soprattutto più genuino.
Mi rendo conto che non sempre questo cambiamento è facile da effettuare. Dire a qualcuno “metti in dubbio tutto quello che sai” può causare l’effetto opposto. Spesso questo avviene perché tendiamo a far coincidere ciò che siamo con ciò in cui crediamo. Grant ci ricorda che ciò che siamo è collegato ai nostri valori, non alle nostre credenze.
Quelle nel tempo possono cambiare.
In fondo, come disse una volta il Premio Nobel per la letteratura George Bernard Shaw “chi non può cambiare idea non può cambiare niente”.
Hai ascoltato un episodio di Domande per crescere. Io sono Raffaele Gaito, fondatore del Growth Program, l'academy che ti aiuta a far crescere il tuo business e il tuo mindset. Ti do appuntamento nel prossimo episodio nel quale parleremo di originalità. Come si può essere originali? Ma prima ancora, esiste veramente qualcosa di originale al mondo? Metti in play l’episodio 6 per scoprirlo.