È giusto seguire le mie passioni?
Forse è giunto il momento di riconsiderare come vedi il lavoro e le passioni
10min
Forse è giunto il momento di riconsiderare come vedi il lavoro e le passioni
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Episodi di Domande per Crescere
Tu sapevi già da piccolo cosa avresti fatto da grande?
Quando crescevi avevi uno di quei sogni del tipo “farò l’astronauta” o “salverò le foreste” o “lo sport sarà la mia vita”?
Ti confesso una cosa: io no.
Anzi, è scorretto dire di no. Sarebbe meglio dire che io ce l’avevo, ma cambiava in continuazione.
Da piccolissimo cambiava ogni settimana, poi crescendo cambiava ogni mese, poi ogni anno. E oggi ti direi che ogni 2-3 anni continua a cambiare.
E sai qual è la cosa interessante che ho scoperto nel tempo? Che la maggior parte delle persone (amici, colleghi, conoscenti) si è trovata e si trova nella stessa identica situazione.
Crescendo hanno incrociato lungo la strada una valanga di passioni, che poi si sono rivelate abbastanza momentanee.
Certo, c’è quella fase in cui fare la dottoressa o il pittore sembrano la cosa più importante della tua vita. E poi passa.
Perché sto facendo questa premessa?
Perché in questo episodio voglio parlare di uno dei consigli peggiori che si possa dare a una persona.
Il consiglio in questione è: segui le tue passioni.
L’avrai sicuramente sentito, in una delle sue varianti: fai quello che ami, trasforma la tua passione nel tuo lavoro e così via. Forse la più famosa è quella presa in prestito da Confucio che fa, più o meno, “se fai un lavoro che ami non lavorerai mai”.
Mi spiace per Confucio e per tutti gli altri che ripetono frasi del genere, ma secondo me la cosa è semplicemente sbagliata!
Sì, sbagliata.
Eh lo so, sono sicuro al 100% che questo episodio ti spiazzerà un bel po’. Perché la questione del seguire le proprie passioni è talmente radicata nella nostra cultura, è talmente onnipresente nelle narrazioni che ci circondano che raramente viene messa in discussione.
Ce l’hanno detto tantissime volte e forse, l’abbiamo detto anche noi tantissime volte.
Qual è il problema con sta storia del seguire le passioni?
Ce ne sono vari, in realtà.
Il primo l’abbiamo affrontato poco fa: non tutti hanno un’unica grande vocazione che individuano da piccoli e coltivano per tutta la vita.
Certo ci sono le eccezioni: il ragazzino che inizia a giocare a calcio e poi diventa uno dei calciatori più forti del mondo. Ste storie le sentiamo tutti. Sono belle, vendono benissimo e hanno anche quel non so ché di romantico che le rende eterne.
Il problema è che sono delle eccezioni. Non possiamo trasformarle nella regola.
La maggior parte di noi, non ha tutta questa sicurezza. Non aveva capito tutto della vita a 5 anni. Anzi, molti di noi (me compreso) della vita ancora non ci hanno capito niente.
Poi c’è un altro problema: che non tutte le passioni possono diventare un lavoro. Non tutte sono monetizzabili. Non per tutte le passioni c’è un mercato.
Dire a qualcuno di seguire le proprie passioni è generalizzare. Che succede se la mia passione è estremamente di nicchia? Se le persone interessate sono poche? O se sono tante ma nessuna è disposta a pagare? E così via.
Il rischio è di dare l’illusione che tutto possa diventare un lavoro e non è così. Semplicemente non lo è. Smettiamo di vendere questo sogno.
E poi c’è una terza questione che a mio avviso è la più importante.
Passione e lavoro dovrebbero rimanere separate.
Le passioni sono il nostro spazio sicuro, la nostra casa, sono il luogo e il momento nel quale ci rifugiamo quando tutto il resto sta andando male.
Giornata storta al lavoro? Torno a casa e mi tuffo in un buon libro.
Traffico di 2 ore in autostrada? Torno a casa e mi metto a dipingere.
Riunione interminabile col cliente? Stasera mi dedico alle mie piante.
E così via.
Le passioni devono rimanere separate dal lavoro! Devono essere quell’area della nostra vita e della nostra quotidianità che rimane intatta, pulita, pura.
Nel momento in cui i soldi entrano a farne parte il tutto si incasina. Perché adesso devi pagarci le bollette con quella cosa, devi rispettare delle scadenze, devi inviare dei preventivi, devi assicurarti di guadagnare abbastanza.
Quella cosa che serviva a rilassarti, è appena diventato un altro motivo di stress nella tua quotidianità.
E allora cosa si dovrebbe fare? Secondo me il consiglio giusto è l’esatto opposto.
Non deve essere fai ciò che ami, ma ama ciò che fai.
E anche a sto giro devo ringraziare un autore e un suo (incredibile) libro per avermi aiutato a chiarire questo concetto.
Si tratta di Cal Newport e del suo libro “Così bravo che non potranno ignorarti” che come sempre trovi anche qui su 4books.
Newport è un autore bestseller noto per tanti dei suoi libri, ma a mio avviso il migliore è proprio questo.
Il momento in cui ho incrociato sulla mia strada è stato forse il primo in cui ho messo in dubbio la questione delle passioni e in cui ho capito una cosa importante: che lavorare su una passione e lavorare in modo appassionato sono due cose diverse.
Occhio, sembra un gioco di parole ma non lo è. C’è una differenza abissale.
E l’autore lo spiega alla perfezione, mostrando che ci sono elementi che nel lungo periodo hanno un impatto molto più importante della passione.
Che significa quindi che non bisogna fare ciò che si ama, ma bisogna amare ciò che si fa?
Per me, il concetto si può riassumere in: dai sempre il 100% in tutto ciò che fai.
Tutto. Ciò. Che. Fai.
Questo aspetto è fondamentale per tutti, ma lo è ancora di più per i giovanissimi.
Trovandomi spesso a parlare con studenti e studentesse che si avviano alla fine del percorso universitario e si affacciano nel mondo del lavoro, mi capita in diverse occasioni di trattare questo argomento.
E ovviamente tutti vogliono il lavoro dei sogni. Tutti vogliono sapere come trovarlo. Come capire qual è quello giusto.
La risposta è una sola: nessuno lo sa, devi sperimentare.
Innanzitutto è molto improbabile che il tuo primo lavoro sia il lavoro dei sogni. Ed è ancora più improbabile che tu sappia che quel lavoro è quello giusto per te prima di farlo.
Sperimentare è la chiave. Sporcarsi le mani. Fare tante esperienze (anche molto diverse tra di loro) e capire sul campo qual è la nostra strada.
Ma ovviamente questo approccio funziona solo se diamo sempre il 100%. E torniamo quindi al ama ciò che fai.
Significa innamorarsi del processo. Mettere l’attenzione sul percorso e non sul risultato finale.
Provo una cosa, poi un’altra, poi un’altra ancora e a un certo punto lungo la strada capisco che in questo lavoro mi ci trovo proprio bene. Che ottengo dei buoni risultati, che sono portato, che mi fa stare bene, che sono in un bell’ambiente, circondato dalle persone giuste e così via.
Newport fa una valanga di esempi a tal proposito.
E il libro si chiama “così bravo che non potranno ignorarti” proprio per questo motivo. Lui spinge molto su questa idea di non puntare sulla passione, ma puntare a diventare bravi in quello che facciamo.
Che concretamente si traduce poi in alcuni consigli come:
Seguendo questi semplici consigli possiamo dare il massimo in ogni occasione. Ed è così che a un certo punto troviamo la nostra strada. La troviamo perché la passione arriva dopo. Il fatto di concentrarci sul processo ci ha fatto piano piano appassionare a quella cosa che magari all’inizio avevamo approcciato con superficialità.
Newport la chiama la mentalità dell’artigiano e dice:
“Se vuoi amare ciò che fai, abbandona la mentalità della passione ("cosa può offrirmi il mondo?") e invece adotta la mentalità dell'artigiano ("cosa posso offrire al mondo?")”
Io me lo chiedo ogni mattina quando mi sveglio, cosa posso offrire al mondo?
Hai ascoltato un episodio di Domande per crescere. Io sono Raffaele Gaito, fondatore del Growth Program, l'academy che ti aiuta a far crescere il tuo business e il tuo mindset. Ti do appuntamento nel prossimo episodio nel quale proveremo a rispondere a una domanda difficilissima: è giusto mollare? E se si come capisco quando farlo? Ne parlerò nel prossimo episodio.