
Public speaking: come superare la paura di parlare in pubblico
Le tecniche della psicologia e della comunicazione per superare la glossofobia
13min

Le tecniche della psicologia e della comunicazione per superare la glossofobia
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Episodi di Psicolibrarsi
L’etimo di glossofobia ha origine dalle parole greche γλῶσσα (glōssa), lingua, e φόβος (phobos), fobia, si tratta della paura di parlare in pubblico e si può classificare tra i sintomi della fobia sociale. Alcuni studi mostrano che la paura di parlare in pubblico è molto diffusa, tanto che i dati che registrano il disturbo oscillano fra il 25% e il 75% della popolazione mondiale, con una tendenza più spiccata fra i giovani e le donne. La paura del public speaking può manifestarsi con diversi sintomi, alcuni dei quali sono fra i più ricorrenti e coincidono anche con i meno fastidiosi; in alcuni soggetti, invece, possono presentarsi dei sintomi più imbarazzanti che vanno a impattare sulla psicologia del soggetto peggiorando la sensazione di paura nel dover tenere un discorso pubblico.
I sintomi più comuni della glossofobia corrispondono a quelli dell’attacco di panico e della paura di volare (aviofobia) e dipendono da una risposta del sistema simpatico; solitamente, vanno dall’aumento del battito cardiaco, alla sudorazione eccessiva; ma si possono verificare anche palpitazioni, casi di insonnia nella notte precedente al discorso, fauci secche al momento della presa di parola, giramenti di testa, crampi allo stomaco; oltre a voce tremante, rossore in viso e bisogno di fermarsi in certi momenti del discorso.
Nei casi più complicati, quando la paura non riesce in alcun modo a essere gestita, si possono verificare nausea e vomito, affanno e iperossigenazione, emicrania e aumento della pressione, irrigidimento dei muscoli del collo e delle spalle. In alcuni casi si possono verificare svenimenti prima o durante la presa di parola oppure è possibile che si presenti amnesia improvvisa durante il discorso, che costringa al mutismo.
Se in passato si sono già verificati casi di malessere, durante il discorso pubblico, il soggetto può iniziare ad assumere dei comportamenti antisociali, condizionato dalla paura di doversi trovare di fronte alla possibilità di dover parlare in pubblico. Spesso questi comportamenti sono sintomi di disturbi d’ansia sociale e depressione.
Il soggetto è portato a pensare in maniera negativa e si convince che l’esito del suo discorso pubblico sarà disastroso, sviluppando vere e proprie fobie per il fallimento. Secondo Mike Acker, autore del libro Speak with no fear il primo passo da fare per liberarsi dalla paura di parlare in pubblico è abbandonare i dubbi che si hanno in merito alla riuscita della propria missione. Egli sostiene, infatti, che i dubbi annientano la fiducia in se stessi, distruggendola in briciole.
Solitamente viene riscontrato che le persone che soffrono di ansia da prestazione o glossofobia hanno una bassa autostima verso se stessi e pensano di risultare poco piacevoli agli altri, specie nei momenti in cui si trovano a condividere le proprie opinioni. Questi soggetti tendono a credere di risultare noiosi e poco interessanti e questo pensiero diventa parte di un circolo vizioso che vede nell’effetto, la sua causa e nella causa il suo effetto: non si parla in pubblico perché si ha paura di fare brutta figura e si fa brutta figura perché si è in preda alla paura.
Quando la paura di parlare in pubblico si presenta come un vero e proprio disturbo d’ansia sociale correlato alla performance, spesso le cause hanno origini traumatiche legate al passato; ossia, alcuni soggetti hanno sviluppato sensazioni di disagio durante un discorso alla presenza di altri o hanno ricevuto delle risposte negative, come derisioni, sbadigli o contestazioni.
Queste situazioni restano impresse nella mente del soggetto e ne condizionano le performance future attraverso sentimenti di paura e disagio nell’esibizione pubblica. Ci sono casi, però, dove il trauma ha origini più profonde e deriva da una mancanza nella formazione dell’autostima. Spesso soggetti con genitori poco presenti o aggressivi nei rimproveri e nei comportamenti punitivi sono portatori dei sintomi più violenti della glossofobia.
I sintomi aggressivi si possono manifestare anche nei soggetti vittime di bullismo o di umiliazioni pubbliche, che sono stati sottoposti a giudizi molto negativi e denigratori.
Queste persone tendono a sviluppare un’ansia che genera effetti psicosomatici di tipo imbarazzante o paura incontrollata che può portare alla fuga o all’isolamento sociale. Il generarsi di queste paure in soggetti fragili che sono stati sottoposti a pesanti giudizi negativi è del tutto normale se si pensa che le emozioni si costruiscono grazie alle esperienze del passato: secondo la psicologa e neuropsichiatra Lisa Feldman Barrett, autrice del volume How emotions are made, in ogni momento, il cervello utilizza esperienze passate per dare significato alle sensazioni e guidare le azioni. La proiezione di sensazioni negative aumenta la comparsa di ansia e stress e questi vanno ad agire sul sistema simpatico, generando i sintomi psicosomatici da stress.
Alcune teorie, meno accertate, mettono in relazione la paura del public speaking con una predisposizione genetica; ma la causa più ricorrente è da ricercare nella personalità del soggetto. Le persone timide e poco predisposte all’esibizione pubblica cercano di evitare di esprimersi pubblicamente a meno che non vi siano costrette. Anche in questi casi bisogna sempre considerare le esperienze passate, ossia, se le esperienze che si sono manifestate sono state più o meno positive, i soggetti proveranno un disagio meno intenso a dover parlare in pubblico, mentre sarà molto diverso per coloro che sono state vittime di esperienze negative.
Secondo Mike Acker, la prima cosa da fare per superare la propria paura è capirne l’origine e affrontare il proprio trauma. Lo specialista della comunicazione consiglia di non affrontare da soli questo percorso, specie se si tratta di una “ferita” profonda, ma di consultare un mental coach. Acker propone alcune domande da porre al soggetto traumatizzato, come: cosa è successo quando ti sei sentito imbarazzato davanti ad altre persone?; “Com’è andata”? e altre domande che mirano proprio a far riemergere la ferita per poter “scrivere del proprio dolore come se fosse una pagina del proprio diario personale”. Solo dopo il processo legato alla presa di coscienza del proprio dolore si potrà iniziare ad analizzare quella pagina del passato, con un meccanismo di domande e risposte che entrano un po’ più in profondità, cercando di ridimensionare il trauma: “ dalla tua esperienza hai ottenuto qualcosa di buono”?; “la tua esperienza negativa ti definisce in quanto persona?”.
Se il trauma è particolarmente profondo è consigliabile rivolgersi ad uno specialista, perché oltre alla capacità di parlare in pubblico, si deve tenere in considerazione la mancanza di autostima; pertanto è bene fare un percorso serio per ricostruire prima la fiducia in se stessi e solo dopo, lavorare sulla propria paura.
Se il soggetto inizia a prendere confidenza con il proprio dolore passato e comincia ad acquistare coscienza delle proprie capacità, deve cercare di non evitare in nessun modo le occasioni in cui potrebbe affrontare un discorso pubblico; anzi deve cercare di confrontarsi con la propria paura.
Il modo migliore per riuscire a parlare in pubblico è prepararsi a controllare le proprie emozioni e non lasciare che esse possano prendere il sopravvento nella propria vita. Un aiuto, in questo senso può essere dato dalla preparazione mentale e fisica. Prima di tutto, bisogna fissare bene nella mente i punti salienti che si vogliono comunicare, durante il discorso, cercando di provare il discorso il più possibile, ma senza mai leggerlo o impararlo a memoria.
Questo è un consiglio che viene espresso da molti psicologi e da molti esperti della comunicazione. I motivi sono sia di tipo emotivo, sia di tipo pratico: uno delle paure che fa parte della glossofobia è la paura di dimenticare parti del discorso o di perderne il filo; se si evita una preparazione puramente mnemonica o legata allo scorrere le pagine di uno scritto si avrà una maggiore padronanza del discorso e si riuscirà spontaneamente a fare dei collegamenti sensati, senza essere legati alla lettura progressiva delle pagine. Si consiglia di preferire degli appunti che sappiano tracciare una linea e provare molte volte, a voce alta. Il tono di voce più alto del solito, permette al cervello di registrare una maggior sicurezza, altro aspetto importante da conquistare. Si consiglia, inoltre, di parlare lentamente, scandendo bene le parole e le sillabe, si ridurrà, così, anche il rischio di balbettare, tipica conseguenza di quando si accelera troppo il ritmo del parlato.
Per ridurre la propria ansia in questa fase, secondo Acker è necessario calarsi nelle proprie emozioni negative e cercare di dominarle. In questo modo si esercita il controllo delle emozioni. Uno dei passaggi fondamentali è cercare di immaginare lo scenario peggiore, ossia, il fallimento del discorso. Il senso di questo passaggio è di mettere il soggetto in relazione con le proprie ansie e cercare di ridimensionarle, sminuendo la visione tremenda che, in questi casi, tende ad essere prospettata: in fondo, per quanto possa far male il fallimento, una volta passato, si può andare avanti lo stesso.
In sostanza, il punto principale, in questa fase, è imparare a trasformare la paura in adrenalina. Per combattere la glossofobia è importante comprendere che il problema principale sta nella "dose" di paura provata. Con l'esercizio e con il giusto metodo si impara a capire che la paura può essere un alleato. La paura è prodotta dall’ormone dell’adrenalina e viene rilasciata dalle ghiandole surrenali e dal sistema nervoso; proprio l’adrenalina permette di essere vigili e concentrati, perciò, se la paura viene controllata può essere positiva e portare buoni risultati. L’importante è imparare a non perdere il controllo.
In fine, bisogna considerare che lo stress percepito dal soggetto è maggiore di quello che viene captato dal pubblico; solitamente il pubblico si accorge del disagio solo quando i segnali sono molto evidenti, altrimenti tende totalmente ad ignorare il disagio dell’oratore. Se si pensa in questa ottica, sarà più semplice concentrarsi sulle esigenze del pubblico e sul senso della propria comunicazione.
Altri due aspetti importanti su cui esercitarsi durante il controllo delle emozioni è cercare di analizzare la situazione e non inseguire una perfezione che non esiste.
Nel primo caso, bisogna porsi la domanda: perché il pubblico viene ad ascoltare? Se il pubblico si presenta in sala significa che vuole ascoltare il relatore e ciò che ha da dire. In questo modo il relatore si avvicina alla sfera emotiva del pubblico e la tensione diminuisce.
Ad ultimo, è necessario rendersi conto che la perfezione è un miraggio; in questo senso, è utile guardare altri interventi e prendere coscienza di alcune imprecisioni che si possono verificare durante un discorso pubblico. È bene rendersi conto che nessuno è perfetto, ma l’importante è sempre come arriva il messaggio.
Osservare gli altri oratori è anche il modo più efficace per imparare dai più performanti, ma senza mai volerli imitare.
Durante un discorso pubblico, può sempre capitare di sentirsi nervosi, anche quando si è raggiunto un buon controllo delle emozioni e quando si percepisce la fiducia in se stessi.
Per controllare meglio le proprie emozioni e migliorare la riuscita della performance gli esperti di comunicazione consigliano alcune pratiche. Innanzitutto, conta molto la predisposizione mentale al momento del discorso: bisogna essere positivi e credere nella riuscita della propria performance, cercando di confidare nella propria preparazione. In questo modo si raggiungerà la serenità giusta per fare un buon discorso. Oltre a una buona preparazione pratica ed emozionale, è necessario prendere confidenza con il luogo in cui si andrà a fare il discorso e cercare di mettersi nei panni dell’oratore, ossia vestirsi in maniera congrua alla situazione.
Psicologicamente significa prendere coscienza di ciò che si sta per fare. Familiarizzare con il luogo aiuta ad allontanare l’idea che ci si possa sentire inadeguati e sarà utile a prendere contatto con la situazione che ci si troverà di fronte. La stessa cosa vale per l’abito; è importante sentirsi congrui al contesto e allontanare ogni possibile elemento di disagio. In questo senso è importante anche mantenere il più possibile un aspetto in linea con la propria personalità. Per ottenere dei buoni risultati bisogna essere se stessi e cercare di evitare di diventare la copia di qualcun altro, sia nel modo di abbigliarsi, sia nell’atteggiamento.
Oltre a prendere familiarità con il luogo può essere utile provare il discorso con alcuni amici e conoscenti, per vedere immediatamente l’effetto su di loro. Inoltre, secondo Acker, questo è un modo per smaterializzare la folla, entrando in contatto con dei volti noti; un modo per rilassare i nervi, proprio perché non si parla con un pubblico “ombra” ma con un insieme di persone conosciute. Lo scenario ideale sarebbe quello in cui al discorso partecipano anche degli amici dell’oratore, tuttavia, se questo non è possibile l’oratore può fingere che nella platea si presente qualcuno di sua conoscenza e pensare di rivolgersi a lui, ma pensando sempre che il pubblico è composto anche da altre persone.
Quando si sta parlando è importante affrontare il pubblico, quindi si deve evitare di tenere gli occhi bassi sul foglio degli appunti. Questo, non è solo un consiglio per migliorare la performance, poiché gli spettatori si sentono più coinvolti se possono guardare il viso dell’oratore e sentire che c’è un contatto fra lui e loro; si tratta, però, anche di un importante esercizio di controllo delle emozioni. Se si distoglie lo sguardo dal pubblico, la mente tende a domandarsi quale sia il pensiero del pubblico, quale giudizio dà alla performance, dato che non si hanno riscontri diretti e si rischia di immaginare che il pubblico osservi chi sta parlando in maniera canzonatoria. Per ottenere un buon controllo di sé e dell’attenzione dei partecipanti è importante guardare gli spettatori e coinvolgerli attraverso delle domande.
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