
Pianificazione a prova di burnout
Il segreto per pianificare un trimestre in modo efficace e realistico
13min

Il segreto per pianificare un trimestre in modo efficace e realistico
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Episodi di Psicolibrarsi
Il termine “burnout” è stato utilizzato per la prima volta nel 1980 dallo psicologo americano di origine tedesca Herbert J. Freudenberger, uno dei primi a descrivere professionalmente i sintomi dell'esaurimento. Nei decenni successivi il concetto è stato ripreso da molti altri studiosi: nel libro "Burnout. Come uscire dal circolo dello stress", Emily e Amelia Nagoski definiscono lo stress come una risposta neurologica e fisiologica del nostro corpo a un agente stressante.
Il nostro corpo risponde a un elemento di potenziale pericolo accendendo dei campanelli d’allarme invisibili che ci aiutano a mettere in salvo la nostra stessa vita.
Questa è la risposta “normale” che dovrebbe avere il nostro corpo in una situazione di pericolo, ma se prolungata per un periodo troppo lungo questa normale risposta può diventare un problema e causare l’esaurimento delle nostre risorse mentali e fisiche provocando il burnout.
Il problema è particolarmente diffuso tra i lavoratori della conoscenza e in particolare tra chi lavora in campo creativo e tecnologico - che si tratti di dipendenti delle startup o di aziende giganti della tecnologia - e si può manifestare con sintomi sia mentali che fisici che vanno dagli sbalzi d’umore alla vera e propria disperazione. Nei casi estremi può spingere le persone anche a lasciare il proprio lavoro, o il lavoro in quello specifico settore.
Diverse persone sono consapevoli che una certa cultura del lavoro non è sostenibile, ma pochi stanno davvero facendo passi concreti per cambiare le cose. Molte aziende mettono l’equilibrio tra vita e lavoro ai primi posti nella classifica dei valori in cui credono - scrivendolo a chiare lettere anche negli annunci di lavoro - ma poi i manager continuano a vedere di buon occhio le persone che inviano e-mail a mezzanotte, anziché incoraggiare i dipendenti a staccare alle 18:00.
Così, i lavoratori vivono in ambienti aziendali malsani, si sentono in dovere di mostrarsi sempre pronti e operativi, anche ben oltre l’orario d’ufficio, perché sanno che i manager lo faranno, che i colleghi li ringrazieranno e che tutto questo forse li porterà ad avere una promozione. Si instaura così un circolo vizioso di accelerazione costante, e siamo noi stessi ad alimentarlo quando, ad esempio, non appena riceviamo un'e-mail da qualcuno rispondiamo immediatamente. In questo modo abituiamo le persone a pretendere la nostra attenzione immediata, ma se ci comportiamo come se non dovessimo stancarci mai, gli altri si sentiranno in diritto di chiedere sempre di più. In questo modo il nostro calendario, la casella e-mail, l'elenco delle priorità non saranno mai davvero sotto il nostro controllo, bensì in balia degli altri.
Al tempo stesso, i creativi, i lavoratori della conoscenza e in generale le persone più ambiziose mettono una pressione costante e crescente su se stesse. Riusciamo ad essere spietati nel giudicarci: non diremmo mai a un nostro amico visibilmente stanco e provato “Alzati e vai a lavorare”, ma lo diciamo costantemente a noi stessi.
Per evitare l’esaurimento dovremmo imparare ad adottare una prospettiva più gentile, o quantomeno più flessibile: a volte dobbiamo saperci dare una spinta per fare le cose, ma a volte dobbiamo solo dirci che va bene fare una pausa e riprendere fiato.
Burnout Come uscire dal circolo dello stress 18 minBurnout
L’antropologa digitale Rahaf Harfoush fa notare che oggi molte aziende illuminate stanno combattendo il burnout promuovendo “vacanze obbligatorie”, durante le quali l'intera azienda chiude per un determinato periodo, ad esempio una settimana.
Questa è un’ottima strategia per dare alle persone la possibilità di prendersi una vacanza senza sensi di colpa. In questo modo i dipendenti si sentono autorizzati a fermarsi e non saranno tentati di controllare le e-mail o fare cose, dal momento che l’intera azienda è a riposo. Nella maggior parte dei casi, però, a prevenire il burnout non ci pensa il sistema, dobbiamo farlo in prima persona.
La buona notizia è che possiamo adottare delle strategie concrete per evitare di arrivare all’esaurimento: un passo fondamentale è imparare a pianificare la nostra vita lavorativa nel medio termine, ad esempio su base trimestrale. Considera i prossimi 90 giorni e chiediti quali obiettivi vuoi raggiungere e quali compiti vuoi portare a termine, poi inizia a pianificare. Affinché il tuo calendario per i prossimi tre mesi sia davvero a prova di burnout, tuttavia, dovrai definire in anticipo dei giorni “cuscinetto” – giorni in cui potresti avere l’emicrania, l’influenza o qualsiasi altro intoppo.
Troppo spesso, anche se pianifichiamo con tutte le migliori intenzioni, accade che i nostri sforzi siano fallimentari perché teniamo il calendario troppo pieno di impegni, senza lasciare spazi vuoti da dedicare al riposo o a possibili rallentamenti dovuti a imprevisti. Ma una pianificazione di questo tipo non è realistica, perché nella vita niente potrà mai andare esattamente secondo i piani.
Se invece partiamo da questo presupposto, considerando già in partenza che ci saranno dei giorni in cui non lavoreremo – potremo pianificare avendo un'idea realistica di quanto tempo abbiamo davvero a disposizione e saremo in grado di affrontare i nostri grandi obiettivi senza sentirci persi se un giorno qualcosa va storto e dobbiamo rallentare. È questo il piccolo grande segreto per una produttività “umana”.
Si tratta di creare un calendario flessibile che funzioni effettivamente per te, che ti permetta di dare la priorità alle cose che contano davvero come la salute, le relazioni, il riposo, il tempo libero. Si tratta di creare un calendario a prova di burnout che permetta effettivamente di prosperare, e la chiave per farlo è dare priorità al riposo: qualunque sia la nostra cornice temporale di riferimento, dobbiamo prima di tutto bloccare dei periodi di tempo dedicati al riposo. Se ad esempio dai 90 giorni di un trimestre togliamo i fine settimana, una settimana di ferie e un’altra settimana di imprevisti, ecco che il nostro calendario lavorativo passerà improvvisamente da 90 giorni a circa 50 giorni.
In questo modo avremo un calendario umano, dove la nostra ambizione lavorativa diventa sostenibile nel lungo termine. Anche se lavoriamo in sprint di 90 giorni, non dovremo pianificare cosa faremo esattamente il tale giorno, dovremo invece avere ben chiari alcuni risultati che vogliamo raggiungere, e i tempi fisiologici di recupero di cui abbiamo bisogno. Questo tipo di struttura offre libertà e flessibilità, e rimuove molto stress perché permette di gestire il tempo in modo realistico. Si tratta di adottare una mentalità che presume che le cose semplicemente non andranno come previsto e di usare questa consapevolezza come un punto di partenza.
Diversamente, avere un calendario pieno zeppo di cose che “dovremmo fare" è il modo migliore per caricarsi di troppa pressione, fallire nei piani e andare in burnout. Inoltre, avere una visione intenzionale relativa al trimestre è importante, perché a volte potremmo ritrovarci talmente presi dai compiti quotidiani che - se non pianifichiamo con cura il tempo per portare avanti progetti collaterali o di lungo termine - rischiamo di dimenticarcene.
Un’altra domanda importante da porsi è: "Quando faccio il mio lavoro migliore?" Ognuno di noi ha picchi di energia diversi durante la giornata. Se sei creativo al mattino, dovrai prevedere di inserire le attività creative come prima cosa nella giornata, diversamente se la tua mente funziona meglio la sera, prevedi di dedicare le ore pomeridiane alle attività che richiedono tutta la tua concentrazione.
Si tratta di scoprire cosa funziona meglio per noi e poi provare a organizzare il lavoro in modo adeguato in base al nostro bioritmo. L'unico sistema che funziona è quello che ciascuno di noi costruisce su misura per sé. Magari non per tutti va bene una pianificazione trimestrale, per qualcuno funzionerà una pianificazione settimanale o anche giornaliera. A questo punto puoi fare anche un passo oltre e chiederti come sarebbe il tuo calendario ideale: "Se farò tutte le cose che voglio fare, realizzerò tutti i miei obiettivi e troverò il successo, come sarà il mio calendario?". In pratica: come vorresti che fossero le tue giornate? Forse al momento non puoi ancora gestire il tuo tempo con una piena libertà, soprattutto se sei dipendente, ma farti questa domanda ti aiuterà a dare le giuste priorità alle cose.
Se ad esempio ti rendi conto che fare sport a inizio giornata ti fa stare decisamente meglio, potresti impegnarti per inserire un workout nel tuo calendario almeno due o tre volte a settimana.
Per capire davvero perché pianificare dando la priorità al riposo sia la svolta, bisogna comprendere cosa sia un ciclo di prestazione: in pratica, per poter affrontare periodi di massima prestazione avremo necessariamente bisogno di periodi di recupero intenzionale.
Non è possibile sostenere alte prestazioni a lungo termine senza un relativo tempo di recupero, perché a livello fisiologico e biologico il cervello ha una capacità limitata di svolgere compiti cognitivi intensi. Una giornata di 16 ore di lavoro non ci fa produrre di più di una giornata di 8, le nostre risorse mentali più elevate sono limitate, quindi una volta che abbiamo superato quel limite dobbiamo fermarci e far recuperare cervello e corpo.
Guardando le cose da questa prospettiva è evidente che il riposo non sia un diversivo rispetto alle alte prestazioni, ma sia complementare a esse. Per massimizzare le nostre prestazioni non dobbiamo lavorare più ore, dobbiamo essere davvero bravi a capire come possiamo avere un recupero intenzionale. Se impariamo a pianificare il recupero in modo strategico potremo mantenere più a lungo alte prestazioni, come fanno gli atleti di successo. Il nostro ciclo delle prestazioni è uno strumento strategico: dobbiamo essere molto intenzionali su come investire le nostre energie, come strutturare la nostra giornata in modo da poterci concentrare al massimo quando è il momento, e poi prenderci il tempo necessario - un'ora o due, 40 minuti, 10 minuti – per ricaricarci e fare qualunque cosa ci faccia sentire bene.
Una volta che iniziamo a incorporare il recupero intenzionale nella nostra routine quotidiana e nella pianificazione strategica, il rischio del burnout pian piano scomparirà. Parallelamente, è fondamentale essere intenzionali con il proprio tempo. Potremmo non essere in grado di controllare alcune variabili del nostro lavoro che dipendono da altri, ma ci saranno sempre tasche di tempo che possiamo controllare, ed è una responsabilità verso noi stesso farlo. Come consiglierebbero gli stoici: concentrati davvero sulle cose che puoi controllare.
Lavorare 10-12 ore al giorno vuol dire non essere intenzionali con il proprio tempo. Se in una giornata non blocchiamo in anticipo il tempo per fare una passeggiata, incontrare un amico, preparare i pasti, fare esercizio o guardare il nostro programma preferito, finiremo per non avere limiti e il lavoro ci risucchierà. Dobbiamo anche dare il giusto peso agli stimoli che arrivano da fuori: solo perché qualcuno ci contatta non ha automaticamente il privilegio di ottenere la nostra piena attenzione in quel preciso momento.
Dobbiamo imparare a dare la priorità ai nostri compiti e al nostro tempo, preservando la nostra energia e poi gestendo in modo strategico le cose non urgenti. Puoi decidere che invece di riunioni di un'ora avrai riunioni di 25 o di 40 minuti e lascerai 20 minuti di tempo per ricaricarti, o puoi decidere che non risponderai a un'e-mail alle 21:00 se può tranquillamente aspettare fino al giorno successivo.
Questi sono piccoli cambiamenti personali di cui possiamo assumerci la responsabilità. Se non prendi il controllo del tuo calendario e non stabilisci confini con i tuoi clienti, il tuo capo o i tuoi colleghi, ti esaurirai e potrai solo puntare il dito contro di te. Guarda la tua giornata e assicurati di aver bloccato abbastanza tempo per prenderti cura della tua salute.
Assicurati di allontanarti per un po’ dallo schermo, di mangiare del cibo sano e di fare qualcosa che ti porti un po' di gioia ogni giorno, perché altrimenti ti ammalerai e non potrai più lavorare. Tieni però anche presente che non dovrai cercare di bilanciare ogni singola settimana o giornata, ma dovrai avere un equilibrio nell’arco del trimestre. A volte avrai bisogno di darti da fare e di spingere sull’acceleratore per raggiungere risultati ambiziosi, ma dovrai anche imparare a bilanciare questi momenti con il recupero. E metterlo in agenda in anticipo.
Quando iniziamo a lavorare con nuovi referenti in azienda o con nuovi clienti come freelance, è molto utile avere una conversazione sulle aspettative reciproche: in quanto tempo si aspettano una risposta? Quali sono i vincoli reciproci? Spesso, le nostre pressioni sul lavoro derivano dal non sapere quando qualcuno ci risponderà o quando noi pensiamo di dover rispondere, ma se mettiamo queste cose in chiaro fin dall’inizio tutto filerà più liscio.
Potremmo ad esempio decidere che ci impegniamo a ricontattare un cliente che ci ha scritto via email entro la fine della giornata lavorativa, e che se c’è un'emergenza dovrà chiamarci al telefono.
Quando qualcuno ci chiede di risolvere velocemente una certa situazione, spesso non sappiamo cosa significa velocemente. Si tratta di 15 minuti, o forse il nostro interlocutore intende entro la fine della settimana? Ciò che serve per far funzionare meglio certe dinamiche professionali, soprattutto quando lavoriamo da remoto, è una comunicazione chiara unita ad una maggiore struttura.
Infine, non possiamo non considerare il fatto che il burnout è legato anche al significato che diamo al nostro lavoro. Fare un lavoro ricco di significato, con uno scopo chiaro, spesso si rivela un potente antidoto al burnout. Per questo in azienda i leader hanno la responsabilità di articolare uno scopo chiaro per il lavoro della loro organizzazione e ispirare energia positiva nei dipendenti: se c’è un reale allineamento tra i valori dell’azienda e il lavoro quotidiano di chi ne fa parte, sarà più difficile per le persone arrivare al burnout.
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