
Attenzione: come coltivarla nell'era della distrazione?
Come funziona l'attenzione e quali strategie per sostenerla più a lungo
12min

Come funziona l'attenzione e quali strategie per sostenerla più a lungo
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Episodi di Psicolibrarsi
“Stare attenti” significa focalizzare le risorse mentali su informazioni specifiche. Dato che le nostre risorse attentive sono limitate, per scegliere quali informazioni elaborare il nostro cervello deve compiere un processo di selezione dei dati più importanti in un particolare momento.
L’attenzione è una risorsa mentale preziosa. Saperla conservare e orientare è fondamentale in un’epoca in cui siamo costantemente distratti. L’attenzione ha molte importanti funzioni. Vediamo le principali.
L’attenzione ha tre funzioni principali:
La capacità di essere focalizzati aiuta a ottenere performance migliori, essere più produttivi ed efficienti. Lo psicologo Mihaly Czikszentmihalyi, ad esempio, ha elaborato il concetto di Flow (“flusso”), uno stato di profondo appagamento nell’esecuzione di un’attività. Il flow si raggiunge quando ci sentiamo coinvolti, attenti, in controllo e ingaggiati in un’attività che ci piace. La capacità di rimanere focalizzati, in questo senso, è un ingrediente fondamentale.
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Flow
L’attenzione può essere di tre tipi:
L’attenzione selettiva consiste nella capacità di dirigere la consapevolezza su informazioni rilevanti, ignorando le altre e proteggendo il sistema cognitivo dal sovraccarico.
Un esempio classico di attenzione selettiva è la capacità di concentrarsi sulle parole di una conversazione in un ambiente molto rumoroso, escludendo gli altri stimoli sonori.
L’attenzione selettiva è stata molto studiata nel corso del tempo, e sono state elaborate varie teorie per capire come funziona. Vediamone alcune.
Teoria del Filtro a Selezione Precoce
Secondo le prime teorie sull’attenzione selettiva, il Sistema Nervoso Centrale sarebbe come un canale a capacità limitata. Quando la quantità di informazioni è eccessiva, il canale straripa. È necessario quindi limitare l’ingresso di informazioni, selezionando quelle più importanti.
Un filtro seleziona gli stimoli in entrata in base alla rilevanza, riducendo la quantità di informazioni che può avere accesso a livelli di elaborazione successivi.
Teoria del Filtro Attenuato
La teoria del filtro attenuato rende più flessibile l’idea di filtro, che in questo caso riduce le informazioni meno rilevanti, ma non le cancella.
Secondo questa teoria l’attenzione utilizza più di un canale: ognuno elabora un particolare aspetto dell’informazione in entrata.
Solo le informazioni dal valore maggiore raggiungono la coscienza. Ad ogni modo, in particolari circostanze anche gli stimoli cui non si stava prestando attenzione possono attivarsi.
La Teoria della Selezione Tardiva
Secondo questa teoria tutti gli stimoli sensoriali vengono elaborati in parallelo. La selezione scatta solo in una seconda fase, quando se ne valuta l’importanza. Se l’informazione è rilevante in quel momento allora supera il filtro, accedendo alla coscienza e ai sistemi di risposta.
A sostegno di questo modello esistono diversi esperimenti.
Grazie a studi neurofisiologici recenti, inoltre, oggi sappiamo che la mente elabora diversi stimoli in parallelo, selezionando le informazioni sia in uno stadio precoce che in uno stadio tardivo, riducendo il “volume” di quelle meno rilevanti.
Per capire questo concetto si pensi a questo esempio: è più facile studiare in un ambiente tranquillo che in uno spazio molto rumoroso, in cui le persone parlano tra loro a voce alta.
Svolgere più compiti a volte risulta semplice (es. camminare e telefonare), altre volte invece è più complesso (es. masticare e parlare).
Il tema del multitasking è molto discusso. Forse questo concetto è anche sopravvalutato, perché quando portiamo avanti più compiti contemporaneamente si verifica una “interferenza”, che degrada le capacità attentive e riduce la produttività.
Il multitasking - cioè l’attenzione divisa - è meno efficiente di ciò che potrebbe sembrare.
In un esperimento molto noto, i ricercatori Daniel Strayer e William Johnston hanno studiato gli effetti della conversazione al cellulare sulla guida.
Nel loro esperimento, i partecipanti simulavano di guidare un’auto tramite un programma al computer. Ai partecipanti veniva chiesto di frenare il più velocemente possibile (premendo un pulsante) ogni volta che vedevano una luce rossa. Alcuni dovevano parlare al cellulare mentre guidavano, altri invece erano concentrati solo sulla guida.
I risultati mostrarono che i partecipanti impegnati al telefono erano molto più distratti. Passavano più spesso con il rosso e frenavano in ritardo rispetto a chi era concentrato solo sulla guida.
Risulta quindi evidente come l’uso di smartphone e telefoni abbia un impatto sulla prestazione alla guida e quanto sia importante ridurre il multitasking quando si svolgono attività che richiedono piena attenzione.
Più o meno negli stessi anni in cui Stryer e Johnston elaboravano il loro esperimento sulla guida, altri studi dimostravano che il cosiddetto multitasking era in grado di ridurre fino al 40 per cento la produttività. Il vero e proprio multitasking, in effetti, non è veramente possibile. Diversi dati sperimentali oggi concordano nel sostenere che l’attenzione non è in grado di “dividersi”. Piuttosto, passiamo da un compito all’altro ri-orientando di continuo le risorse attentive. Questa oscillazione ci porta a impiegare più energie del necessario, peggiorando la performance in tutte le attività.
Tuttavia, è anche vero che nella vita quotidiana riusciamo senza sforzo a portare avanti più attività. Com’è possibile?
Automatizzare per risparmiare tempo
Quando ripetiamo più volte le stesse azioni diventiamo sempre più bravi a eseguirle in modo automatico. Questo meccanismo definisce la differenza in abilità e velocità di esecuzione tra persone esperte e principianti. L’allenamento quindi permette di migliorare le capacità di attenzione e concentrazione anche su più compiti.
Va comunque tenuto in considerazione che il multitasking comporta sempre una certa quota di interferenza, anche se siamo molto allenati. Il consiglio è quello di concentrarsi su un’attività per volta, invece di provare a portare avanti in parallelo più azioni.
Questo vale anche in senso più ampio. Nel corso della vita ci capita di tenere aperti molti progetti diversi. Nel libro “Una cosa sola”, Gary Keller e Jay Papasan hanno spiegato che scegliere in ogni momento un’unica cosa su cui concentrarsi è il modo migliore per ottenere il successo desiderato.
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Una cosa sola
In seguito all’esplosione della pandemia, molti lavoratori hanno dovuto ripensare il proprio modo di lavorare. Se da un lato lo smart working (ovvero il lavoro da casa) ha permesso di portare avanti le attività lavorative in sicurezza, dall’altro ha avuto un impatto notevole sul benessere psicologico e lo stress delle persone. Lavorare da casa può voler dire avere a che fare con una quantità di distrazioni maggiori.
Un sondaggio del magazine specializzato in salute digitale Thrive Global, ha rilevato che a maggio 2020 il 75 per cento dei lavoratori si sentivano più stressati e meno produttivi a causa dello smart working.
In Italia, un sondaggio di LinkedIn ha rilevato che i lavoratori si sentivano più in ansia, meno concentrati e meno produttivi durante il giorno, a causa dello stress legato al lavoro da casa.
Da cosa dipende l’aumento dello stress da telelavoro?
Lo smart working può risultare stressante per tre motivi principali.
Il primo è il senso di isolamento rispetto ai propri colleghi, che può far percepire minor sostegno e collaborazione reciproca.
La seconda causa è la difficoltà nel diversificare gli ambienti. Chi lavora da casa spesso perde di vista i confini tra la realtà lavorativa e quella familiare. Inoltre, lavorare dalla camera da letto o dal salotto, magari con bambini piccoli, porta a perdere la concentrazione con estrema facilità.
Il terzo fattore di stress è relativo alla quantità di distrazioni e interruzioni a cui siamo sottoposti, che diminuiscono produttività e benessere. Per distrazioni e interruzioni si intendono soprattutto notifiche, email, meeting e tentativi di multitasking.
1. La prima strategia utile per sostenere l’attenzione è quella di conoscere se stessi. In particolare, è importante sapere in quali momenti della giornata ci si sente più attivi e in quali più distratti. Ad esempio, molte persone raggiungono il picco di energia alle 11 di mattina, ma il loro livello di produttività prima di questo orario è piuttosto basso. Se sappiamo come fluttuano in modo naturale i nostri livelli di attenzione durante il giorno, possiamo organizzare le nostre attività di conseguenza. Così, ad esempio, se siamo molto motivati alle 11 di mattina, programmeremo per quell’ora compiti più impegnativi, mentre lasceremo per fine giornata compiti secondari come controllare le email o aggiornarsi sulle notizie di settore.
2. La seconda strategia consiste nel ridurre le distrazioni digitali. Le notifiche hanno un grande potere su di noi: dato che agiscono sui circuiti della ricompensa, sono in grado di catturare l’attenzione e risucchiare le energie. Inoltre, dal momento che riducono la produttività, aumentano la probabilità di arrivare più stressati a fine giornata, a causa del lavoro da smaltire fuori dal normale orario lavorativo. Quindi è importante cercare di azzerare le notifiche, ad esempio mettendo lo smartphone in modalità aereo o - meglio ancora - lasciandolo in un’altra stanza, fuori dalla vista e dalla portata. Un’altra opzione è quella di impostare un timer sul telefono che ci permetta di monitorare l’utilizzo di un’applicazione e che ne impedisca l’accesso superato un certo limite.
3. Eliminare il multitasking. Come accennavamo nei paragrafi precedenti, il multitasking in realtà consiste nel passare di continuo da un compito all’altro, riadattando rapidamente l’attenzione. Questo passaggio riduce la produttività, perché provoca un accumulo di micro-distrazioni. Un’alternativa migliore al multitasking è incanalare l’attenzione in porzioni di tempo limitate (ad esempio 25 minuti), concedendosi poi una breve pausa di distrazione o “recupero”. Il focus su un compito permette di essere più centrati, efficienti e precisi. Questo modo di lavorare si chiama “deep work”, che vuol dire appunto “lavoro profondo”. Nel libro Free to Focus, Michael Hyatt ha elaborato un sistema per concentrarsi e tornare a essere padroni del proprio tempo.
4. Stabilire qualche pausa. Di solito riusciamo a concentrarci a fondo solo per un tempo limitato. È bene quindi lasciare al cervello la possibilità di “respirare” e svagarsi, in modo che sia poi meno attratto dagli stimoli distraenti.
5. Creare rituali. Soprattutto per chi lavora da casa, può essere importante stabilire rituali che definiscano quando inizia e quando finisce la giornata. Alcuni ricercatori hanno proposto che, pur adottando il telelavoro, potrebbe essere utile prepararsi come se si stesse andando in ufficio. Quindi, ad esempio, se prima passavamo mezz’ora sui mezzi pubblici, dovremmo camminare mezz’ora e poi rientrare a casa per lavorare. Inoltre, i ricercatori sostengono che si dovrebbero compiere le stesse azioni svolte prima della pandemia. Se nel tragitto ascoltavamo un podcast, faremo lo stesso durante la passeggiata intorno all’isolato. Ciò permette al cervello di “capire” quando è il momento di concentrarsi.
Per concludere, stare attenti e riuscire a essere focalizzati su un compito sono abilità complesse. Si tratta di processi cognitivi articolati che vanno coltivati ed esercitati nel tempo. Ognuno di noi ha l’opportunità di essere più efficiente e guadagnare tempo. Sapere come funziona l’attenzione può essere il primo passo per lavorare meglio ed essere più produttivi.
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Free to Focus
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