
Le piccole dimenticanze tra memoria e sonno
Il TED Talk indimenticabile sul funzionamento della memoria di Lisa Genova
11min

Il TED Talk indimenticabile sul funzionamento della memoria di Lisa Genova
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Episodi di Psicolibrarsi
Come mai ricordiamo alcune cose e ne dimentichiamo altre? Ragionando sui nostri ricordi e la capacità di memorizzare gli avvenimenti, tante volte ci chiediamo se le dimenticanze che compiamo quotidianamente siano normali oppure vogliano dire qualcosa in più, magari nascondendo delle spie della vecchiaia o di una malattia molto temuta, l’Alzheimer.
Grazie a Lisa Genova e al suo TED Talk, sappiamo invece che non è così: la differenza tra ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo risiede in alcune condizioni che lei ha esplorato in anni e anni di studio. Genova, nata in Massachusetts, è infatti una neuroscienziata laureata ad Harvard che ha dedicato la sua vita allo studio del cervello e delle sue malattie più misteriose, come l’Alzheimer; forse avete già sentito il suo nome collegato a «Still Alice», il suo primo romanzo diventato un incredibile caso editoriale, diventato poi un film hollywoodiano di grande successo.
Ma, quindi, cosa determina la differenza tra ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo?
Una prima risposta, secondo Genova, è l’attenzione: quando ci chiediamo, infatti, «dove ho lasciato il mio telefono/chiavi/occhiali» stiamo infatti cercando di ricordare qualcosa che abbiamo fatto mentre eravamo distratti, o concentrati su altro. Il cervello non è paragonabile a una telecamera che filmi costantemente ogni secondo della nostra vita, ricordando ogni suono e fermando ogni immagine: noi riusciamo a ricordare solo ciò a cui prestiamo attenzione.
Il nostro cervello non riesce a consolidare ogni sensazione in un frammento di memoria senza l’input dell’attenzione: ad esempio, se la nostra attenzione è focalizzata su quale abito indossare mentre appoggiamo i nostri occhiali su un tavolo, noi non registreremo quella informazione come memoria e quell'esperienza passerà senza lasciare una traccia tangibile nei ricordi.
Un altro meccanismo molto comune è quello delle «brutte sorelle». Questo nome così particolare nasconde un tipo di dimenticanza molto semplice, cioè il classico momento in cui si ha un nome o un concetto sulla punta della lingua e non si riesce ad afferrarlo. Bloccarsi su una parola può succedere quando c'è solo una parziale o debole attivazione dei neuroni che si connettono con la parola che si cerca; ciò che accade è che spesso ci viene in mente una parola correlata a quella che stiamo cercando, ma in maniera laterale, simile nel suono o nel significato. Ecco chi sono le «brutte sorelle» della parola target: somigliano a ciò che cerchiamo, ma solo in maniera obliqua.
Il funzionamento delle brutte sorelle ci spiega anche perché, di regola, dopo un certo periodo di tempo, ci viene in mente come se emergesse dal nulla la parola corretta: succede perché lasciando del tempo e disattivando il collegamento neurale debole, adesso è possibile per il nostro cervello attivare i giusti neuroni per arrivare alla parola target.
Come dicevamo prima, tante persone temono per questi vuoti di memoria, ma non c’è da preoccuparsi perché si tratta del normale funzionamento del cervello: ogni tanto ha degli intoppi ed è normale che sia così. Certo, queste dimenticanze sono frustranti, ma non un motivo di panico o vergogna e neppure sono sufficienti per fare una diagnosi: semplicemente è così che funziona il nostro cervello.
Il terzo concetto chiave nel creare una memoria è il contesto: la formazione dei nostri ricordi è fortemente influenzata dal contesto, che comprende tantissimi aspetti, a partire dagli “indizi” che troviamo in un luogo, dalle associazioni, delle informazioni sensoriali che riceviamo, ma anche dalle nostre emozioni e dal nostro umore, qualsiasi cosa insomma che sia collegato a ciò che cerchiamo di ricordare. Il contesto insomma influenza molto la formazione della nostra memoria, ma è interessante sapere che condiziona anche il processo in cui cerchiamo di ricordare: ad esempio, il classico caso di entrare in una stanza e chiedersi perché ci si è andati, si spiega proprio con il meccanismo del contesto, perché gli indizi che troviamo nella nuova stanza sono dissonanti dagli input che avevamo creato con la memoria. Pensiamo a quando andiamo in cucina perché abbiamo dimenticato gli occhiali che ci servono per leggere un libro in camera da letto: gli indizi della cucina sono legati al cibo o alla sete, non alla necessità di leggere e di vedere meglio qualcosa come accade in camera da letto; ecco perché, per recuperare il ricordo, dobbiamo semplicemente tornare indietro a dove eravamo prima fisicamente (o nella memoria) e subito il contesto ci dirà che cosa abbiamo dimenticato.
Una volta conosciuti questi meccanismi, sicuramente ti starai chiedendo: è possibile allenare il cervello e la memoria? La risposta è sì, ma non proprio come vorremmo, trattando il cervello al pari di un muscolo.
Per espandere la memoria e in generale le capacità del nostro cervello, possiamo creare nuove connessioni neurali: questo è possibile tutte le volte che impariamo qualcosa di nuovo; il cervello, infatti, è un organo molto dinamico in continua trasformazione e interagisce con ciò che facciamo ed esperiamo, così più impariamo più le nostre connessioni aumentano.
Un altro elemento fondamentale nella formazione dei ricordi è il sonno: sappiamo infatti che i ricordi che noi formiamo durante la giornata diventano pezzi di memoria a lungo termine quando noi dormiamo, specificatamente durante la fase REM. Dormire è una funzione biologica incredibilmente sottovalutata: non è un momento in cui restiamo sdraiati e non facciamo nulla; è invece uno stato davvero molto impegnativo e importante.
Il sonno si divide in 2 fasi che si alternano durante la notte con cicli di 90 minuti circa: la fase REM (acronimo di Rapid Eye Movement) caratterizzata appunto da rapidi movimenti oculari, da una frenetica attività cerebrale e dalla presenza dei sogni e la fase NREM (Non-Rapid Eye Movement) in cui gli occhi sono fermi e le onde cerebrali hanno un andamento calmo e lento.
Tramite questa alternanza i circuiti neuronali sono rimodellati e aggiornati con il fine di creare spazio per le nuove informazioni e, contemporaneamente, trattenere quelle vecchie. Una funzione chiave del sonno NREM (prevalente durante la prima parte della notte) è infatti quella di rimuovere le connessioni neuronali non necessarie, mentre quella della fase REM (prevalente nella seconda parte) è, al contrario, quella di rinforzare quelle importanti: è qui che avviene la costruzione del ricordo, dato che una caratteristica della fase REM è invece quella di connettere i dati recenti con tutte le esperienze passate, di formare cioè una vasta rete di associazioni, nuove intuizioni, nuovi collegamenti da informazioni non correlate.
La scienza è molto chiara, ci dice Genova: ognuno di noi deve dormire almeno 7 o 9 ore per notte, pena la privazione di sonno; così non solo non si formerebbero i collegamenti che cementano la nostra memoria, ma la mattina seguente saremmo talmente stanchi che non riusciremmo a porre attenzione in nulla e, quindi, a formare nuovi ricordi.
Il sonno è una delle nostre funzioni più importanti, ma allo stesso modo è avvolto dal mistero: non è ancora chiaro, infatti, cosa accada esattamente durante il sonno, ma negli ultimi anni di ricerca alcuni benefici che il sonno procura sia al cervello che al corpo sono diventati evidenti.
In "Why we sleep" di Matthew Walker, neuroscienziato laureato alla Nottingham University (UK) e insegnante di psichiatria ad Harvard ed attualmente professore di neuroscienze e psicologia all'Università di Berkeley (California), impariamo che il sonno ha grandissima influenza sia sul benessere della mente che del corpo.
«Non esiste un altro stato che sia altrettanto capace di riequilibrare la nostra salute fisica e mentale e non esiste nessuna funzione biologica che non tragga beneficio da una buona notte di sonno» ci dice Walker: il sonno, infatti, arricchisce la nostra capacità di imparare e di memorizzare – come ci dice anche Genova –, ristabilisce l’armonia del nostro sistema immunitario, ricalibra l’equilibrio di glucosio nel sangue e regola il nostro appetito.
Tra i tanti benefici del sonno sul cervello, quello sulla memoria è ciò che ci interessa qui: il sonno, infatti, aiuta la memoria sia prima di imparare sia dopo, per cementare i nuovi ricordi e impedirne appunto la dimenticanza. Certe volte, però, dimenticare può essere importante tanto quanto ricordare, sia nella vita di tutti i giorni (dimenticare dove hai parcheggiato la settimana scorsa per ricordarti dove hai parcheggiato ieri) sia nei casi clinici (asportare ricordi dolorosi invalidanti, ad esempio). Il meccanismo del sonno in poche parole lavora talmente bene che ci consente di trattenere ciò che serve e di dimenticare ciò che è dannoso.
Anche il sonno, proprio come la memoria o altre capacità cognitive, può essere migliorato: sempre in "Why we sleep" Matthew Walker elenca il suo decalogo di «buoni comportamenti» per facilitare un buon sonno, naturalmente basandosi non sui consigli della nonna (anche se alcuni si rivelano veritieri) ma su solidi dati scientifici. Ad esempio, andare a letto e svegliarsi alla stessa ora tutte le mattine dovrebbe essere il fondamento della nostra routine, perché dormire di più durante il weekend non compensa la mancanza di sonno accumulata durante la settimana.
Ancora, caffeina e nicotina andrebbero evitati: come sappiamo sulla base dell’esperienza, bere un caffè a metà pomeriggio è una pessima idea, perché ci possono volere anche più di 8 ore per smaltirne gli effetti.
Sempre a tema bevande, anche l’alcool andrebbe evitato prima di andare a dormire, dato che mantiene negli stadi più leggeri del sonno.
Per favorire un buon sonno, inoltre è importante non fare dei sonnellini dopo le tre del pomeriggio e concedersi il giusto tempo per rilassarsi prima di dormire, quindi via libera ad attività come leggere o ascoltare della musica, mentre è bene evitare oggetti che distraggano dal sonno, come gli smartphone o le comuni sveglie (queste possono essere posizionate in modo che tu non possa guardare l’ora mentre cerchi di addormentarti). Infine, un consiglio inaspettato è quello di uscire di casa ed esporsi alla luce del sole almeno trenta minuti al giorno: se ci pensiamo, però, il sole agisce sulla produzione della melatonina e regola il ciclo sonno-veglia, aiutando il nostro corpo a “capire” che sia giorno.
Sonno, memoria e capacità di attenzione: questi tre aspetti così strettamente correlati ci raccontano perché ricordiamo, dimentichiamo e come questa alternanza sia fondamentale per il benessere psico-fisico e non certo la spia di una malattia come si può pensare inizialmente.
Comprendere l'importanza del sonno e dei sogni sull'uomo 19 min
Why We Sleep
di 3