Episodi di Storie di Donne
01. «Credo fermamente nell’Open Innovation come strada per una vera trasformazione del settore finanziario e per la crescita del sistema Paese»
Così Clelia Tosi ha commentato la sua nomina a Head of Fintech District, la community internazionale di riferimento per l’ecosistema del fintech in Italia. «Sono entusiasta e onorata di questa nuova sfida che ci vedrà impegnati a dare nuova concretezza e valore a quanto siamo riusciti a realizzare fino ad oggi, intraprendendo nuove strade di sviluppo anche grazie al supporto di player del settore, primo fra tutto l’ecosistema Fabrick di cui siamo parte».
Clelia ha 37 anni quando nel 2022 prende il testimone lasciato da Alessandro Longoni che aveva guidato il Fintech District fin dalla sua fondazione. Il passaggio di consegne è all’insegna della continuità. Nell’ultimo anno Clelia aveva già affiancato Alessandro, riuscendo a prendere man mano dimestichezza con questo ruolo. Il Fintech District nasce nel 2017, con appena 20 aziende, e ha sede a Milano. Il suo obiettivo è creare le migliori condizioni in modo che tutti gli stakeholder coinvolti – parliamo quindi di startup, istituzioni finanziarie, aziende corporate, professionisti, investitori – possano operare in sinergia e trovare opportunità di crescita sia a livello locale sia a livello internazionale. Negli ultimi anni questa community ha visto una notevole crescita. Le aziende presenti all’interno del Fintech District nei primi mesi del 2023 sono più di 260. Sono tutte aziende italiane, oppure internazionali, ma con sede in Italia. Di queste, 10 sono unicorni. Clelia fa parte del Fintech District dal 2019. All’inizio, con il ruolo di Business Development Manager. Poi diventa Head of Partnerships and Growth e ora capo del Fintech District. I suoi obiettivi come responsabile di questa community sono chiari: consolidare ulteriormente lo sviluppo del Fintech District, rafforzarne la presenza a livello internazionale, favorire la crescita di nuove iniziative di sistema e di Open Innovation a beneficio di tutto il settore.
02. Clelia si appassiona al settore economico quando sta finendo il liceo classico
È in quel momento che decide di iscriversi al corso di laurea in Management per l’impresa. Finita l’università, Clelia entra in Accenture, dove si occupa di progetti di digitalizzazione per il mondo bancario. Quindi, decide di dedicarsi alla ricerca e inizia a collaborare con il CeTIF, il Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazione e servizi Finanziari dell’Università Cattolica. Qui lavora sull’innovazione dei financial services in tutti i diversi ambiti del mondo finanziario. «Il mio percorso mi ha portata a una solida conoscenza del mondo finanziario e dei suoi problemi, ma anche delle sue soluzioni, prima fra tutte la tecnologia» racconta Clelia durante un’intervista a Economyup.
Quando le viene chiesto su quali ambiti punterà ora che è a capo del Fintech District Italia, Clelia non ha dubbi. E risponde «A guidarmi in questa avventura sarà l’obiettivo di sviluppare sempre più le partnership: il fintech ancora oggi è visto come un concorrente del mondo finanziario tradizionale. Nel futuro mi piacerebbe raccontare sempre più casi di open innovation. È il momento della consapevolezza per gli incumbent delle opportunità che nascono dalla collaborazione con realtà nuove e innovative più a contatto con i bisogni del cliente». Nonostante l’Italia nel settore fintech sia ancora il fanalino di coda rispetto ad altri paesi europei, una crescita c’è e c'è stata. «Il Fintech District in questi anni è cresciuto tantissimo» ha sottolineato Clelia. «Tra le altre cose, abbiamo sviluppato il nostro evento, il Milan Fintech Summit, con l’obiettivo di posizionare Milano come capitale del fintech a livello internazionale. Si tratta di un evento in collaborazione con Business International – Fiera Milano e con il patrocinio del Comune che raccoglie tantissimi speaker anche internazionali».
«Un altro filone su cui vogliamo concentrarci» continua Clelia «è il supporto a progetti di open innovation con le corporate. Abbiamo lanciato anche una Academy per diffondere una conoscenza approfondita di questo modello. C’è ancora tanto da raccontare sul fintech: che cos’è, la tassonomia, gli attori e i suoi pro e contro. Allo stesso tempo, vogliamo abilitare questi progetti di collaborazione, in primis con Fabrick di cui facciamo parte, ma anche collaborando con tutti gli altri player in una logica di apertura che abbiamo sempre avuto e sempre avremo. Nello specifico stiamo sviluppando alcuni progetti per stimolare l’innovazione interna, partendo dalla formazione per arrivare allo sviluppo di PoC e partnership. Facciamo anche molta attività di matchmaking tra le corporate e aziende nella nostra community. Per citare un esempio di successo, l’acquisizione da parte della storica società di credito OCS di Redo, fintech attiva nel mondo del microlending. Riassumendo, quindi, le nostre principali linee di crescita sono il mondo degli investimenti, l’ambito internazionale, e lo sviluppo di progetti di successo. Sono sempre state le nostre direttive, ma grazie al posizionamento raggiunto in questi anni penso che ora il District sia in grado di metterle veramente a terra».
03. Clelia è fiduciosa nel futuro del settore fintech italiano
Vede a portata di mano opportunità che fino a qualche anno fa in Italia erano ancora troppo lontane. Secondo lei l’ecosistema è pronto per fare un balzo in avanti e a raggiungere i competitor europei. «L’ecosistema fintech italiano finalmente è maturo» ha dichiarato Clelia a inizio 2023. «Abbiamo realtà che si stanno posizionando, sia a livello italiano che internazionale, e un’interessante raccolta di investimenti, sia a livello italiano che internazionale. I nostri due unicorni, Satispay e Scalapay, hanno sicuramente dato una mano a rendere interessante il nostro mercato».
Clelia è convinta che il settore con il maggiore potenziale sia quello techfin, una sorta di alterego del fintech, formato da società ad alto contenuto tecnologico con applicazioni nel fintech, dall’artificial intelligence alla blockchain e le chatbot. «Abbiamo inserito il gruppo che tratta di crypto e di blockchain, anche alla luce di metaverso e nuovi trend» ha spiegato Clelia. «Altro filone interessante è quello del fintech for good, realtà che usano la tecnologia per abilitare nuove soluzioni che rendano i processi bancari e finanziari più sostenibili, sia sull’ambiente che sulle persone con nuove soluzioni di credito più inclusive».
In tutto questo, però, ci sono anche degli ostacoli da superare. «Gli ostacoli sono diversi, a partire dal tema regolamentare» sottolinea Clelia in un’intervista rilasciata a Economyup. «Fare business in questo settore implica grossi costi a causa della capillare regolamentazione, ma considero d’altra parte la PSD2, l’open finance e l’embedded finance anche come un’opportunità. Un aspetto che frena in alcuni casi è la mancanza, da parte dell’azienda, di una cultura della crescita scalabile alla base del percorso da startup a scaleup a unicorno, che è quello che serve in questo momento per stare al passo con i nostri competitor internazionali. Ultimo ostacolo è quello dell’integrazione. Stiamo iniziando a vedere ottimi esempi di partnership, ma c’è ancora tanta fatica nel mettere a terra progetti in questo senso».
04. Ma com’è per una donna essere una leader in un settore ancora molto maschile?
In un’intervista con l’avvocato Alice Passacqua, Clelia affronta l’argomento dell’insicurezza, in particolare quella che ogni donna si porta dentro quasi di default, ma che in realtà a pensarci bene non è affatto un’esclusiva di genere. Chi opera in un settore complesso come quello fintech ha spesso la sensazione di perdersi qualcosa per strada o di non essere all’altezza. Le donne, forse, sono un po’ più soggette a questo tipo di riflessione ma non bisogna lasciarsi sopraffare dall’insicurezza. Quando le è stato offerto questo incarico, Clelia non ci ha pensato due volte prima di accettare. È un ruolo stimolante, nonostante o forse proprio per la sua complessità, e a lei piacciono le sfide. Un altro fattore fondamentale che l’ha sostenuta in questa sua decisione è stato avere un team in grado di supportarla. Clelia lavora con delle persone che come lei credono nel confronto e nella possibilità di sbagliare, senza che ci sia un dramma. Sbagliare è umano. Solo chi non fa non sbaglia. Ma se non si fa, non si va da nessuna parte. Sbagliare permette di crescere. A questo proposito Clelia condivide come esempio un suo errore operativo, per far capire quanto sia importante non abbattersi ma imparare da quello che succede, aggiustare il tiro e andare avanti. Era da poco nella community e dovevano pensare una modalità di ingaggio per un certo tipo di stakeholder che fino a quel momento non avevano ma che erano interessati a entrare nella community. Senza ascoltare troppo il mercato, Clelia si è costruita una proposta da sé che, però, dopo dei mesi di test, non ha dato i risultati sperati. Una volta presa coscienza di questo, si è confrontata con il team riuscendo a trovare una quadra in grado di far funzionare tutto alla grande.
La possibilità di lasciare agire in autonomia le persone del suo team, anche con il rischio di errori, fa parte del suo stile di leadership. «Preferisco far sbagliare in modo cosciente, invece di mettermi sempre davanti io e tappare i buchi. È come quando si ha una perdita nel muro. Ne tappi due o tre ma poi l’acqua entra lo stesso, è inutile». Un’altra caratteristica di Clelia è la sua capacità di ascoltare. La community del Fintech District è molto variegata. Si passa dalle startup al corporate, al singolo imprenditore. Tutti con le loro esigenze e tutti con i loro problemi. Questo poi è un periodo particolarmente complesso per il settore e Clelia, insieme al suo team, si ritaglia molto tempo per ascoltare gli altri e provare a trovare soluzioni per aiutare chi fa parte della community.
Incalzata da Alice Passacqua sulle difficoltà del suo ruolo legate a genere ed età, Clelia risponde facendo una netta differenziazione tra mondo interno e mondo esterno. I colleghi e l’azienda in cui lavora non le hanno mai fatto pesare il fatto di essere donna o di “essere quella giovane” – e per dare oggettività a questa sua affermazione, Clelia specifica anche che l’azienda in cui lavora l’ha assunta quando era incinta. Poi però c’è un ambiente esterno in cui si fa ancora fatica. E anche a livello di comunicazione si tende a fare degli errori grossolani. Troppo spesso, per esempio, vengono esaltate già nei titoli alcune caratteristiche – l’età o il fatto di essere madre – che nel caso di un uomo passerebbero in secondo piano. C’è ancora molto da lavorare per arrivare a una parità di genere, anche se ci sono dei casi virtuosi. Per iniziare, è importante considerare le donne non come “un di meno” rispetto agli uomini. Hanno capacità diverse. Complementari. Per questo in un team le donne sono necessarie e fondamentali tanto quanto lo è la controparte maschile.
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