Episodi di Storie di Donne
01. I cori del Mapei Stadium accendono il campo
Manca poco al calcio di inizio dell’ottava giornata di campionato. A sfidarsi in questa domenica pomeriggio ci sono Sassuolo e Salernitana. Insieme agli altri due suoi colleghi della terna arbitrale e al quarto ufficiale, Maria Sole Ferrieri Caputi esce dagli spogliatoi. Nel corridoio che porta le squadre al campo di gioco, stringe le mani dei giocatori. Qualche sorriso, lo sguardo concentrato. «Andiamo» dice ai suoi colleghi. Poi prende il pallone tra le mani e lo porta in campo. Maria Sole si sente «una pioniera, la punta dell'iceberg di un mondo che sta crescendo». Sì perché, tra pochi minuti, sarà proprio lei la prima donna ad arbitrare una partita di calcio della Serie A.
Un giorno storico, titolano i giornali. L’emozione pre-partita è innegabile. Il piacere di sentire i cori dei bambini che urlano il suo nome pure. Il giorno prima ha ricevuto tante telefonate di incoraggiamento. Tra queste anche quella del collega Daniele Orsato, uno dei migliori arbitri italiani di questi anni. Maria Sole è arrivata dove non pensava di poter arrivare. E la responsabilità di essere la prima si fa sentire. Ma lei è una tosta, come ha dichiarato più volte Gianluca Rocchi, il Responsabile della Commissione Arbitri Nazionale Serie A e B. Una volta scesa in campo, l’emozione lascia spazio alla professionalità che la contraddistingue e che le ha permesso di essere dove si trova ora. Maria Sole conduce un arbitraggio impeccabile. Fischia anche un rigore al 37° minuto, successivamente confermato dalla Var. La partita finisce 5 a 0 per il Sassuolo.
02. Classe 1990, due lauree e un dottorato, Maria Sole ha una passione per il calcio fin da bambina
Una passione nata guardando le partite della nazionale in televisione. È così che Roberto Baggio diventa il suo idolo. Poi, la prima volta che suo padre la porta al Picchi a vedere una partita del Livorno, Maria Sole si innamora dello stadio, di quell’atmosfera fatta di tifoserie, grinta e agonismo. Le sarebbe piaciuto giocare a calcio ma i suoi genitori non erano molto favorevoli. A sedici anni, un giorno uscendo da scuola, vede un volantino dell’Associazione Italiana Arbitri in cui si promuove un corso per diventare arbitro di calcio. Così ne parla con gli amici del liceo e insieme decidono di parteciparvi. Dopo un anno e mezzo, lei rimane l’unica del gruppo a continuare. All’inizio, ricorda Maria Sole, non pensava di arrivare in Serie A. Frequentava la sezione dell’AIA - Associazione Italiana Arbitri di Livorno per passione. Era una rete formativa, sana e pulita. Un bell’ambiente dove crescere insieme ad altri giovani. È qui che Maria Sole ha imparato cosa significa impegnarsi per raggiungere un obiettivo e la responsabilità di prendere una decisione. Due cose che poi si sono rivelate utili tanto nella vita quanto nello studio e nel lavoro.
La gavetta di Maria Sole è lunga e faticosa, e inizia nei campi polverosi della periferia. Sono queste le gare più difficili, quelle in cui piovono addosso insulti, a prescindere che tu sia maschio o femmina. La sua prima partita risale al 2007, nella categoria Esordienti, cioè ragazzini dai 10 ai 12 anni. La ricorda con un sorriso per un piccolo incidente di percorso. Quando è andata verso il portiere per espellerlo ha sbagliato a mostrare il rosso, indirizzando il cartellino verso il difensore. Maria Sole, però, ricorda anche un altro episodio legato a quell’incontro. La madre del portiere espulso, risentita per questa decisione arbitrale, l’aspettò fuori per dirgliene quattro. Tutto si risolse per il meglio ma a quell’età è difficile metabolizzare la violenza verbale gratuita che arriva dagli spalti, da persone sconosciute e spesso della stessa età dei propri genitori.
Il carattere di Maria Sole si vede già da queste prime partite. Maria Sole non molla. Non si arrende. Lavora sodo per avere le spalle larghe e va avanti. A 25 anni comincia ad arbitrare in Serie D. È questo forse uno dei momenti più difficili della sua carriera. Le prime partite in questa serie non vanno benissimo. Il fatto di essere donna non aiuta. Ma Maria Sole ha dalla sua il supporto di diverse persone. Uno di questi è Dino Sacchetti, responsabile della preparazione atletica del Polo Nazionale di Tirrenia. Quando Maria Sole si presentava al Polo con il muso lungo dopo una partita, Dino le diceva “Vieni Sole, girino!” E facendo insieme un giro di campo di corsa, Dino riusciva a rimettere tutto a posto. Il 2019 è l’anno della promozione a internazionale e viene designata per arbitrare due partite di qualificazione all’Europeo di calcio femminile. A 30 anni Maria Sole debutta in Serie C. Da qui è una crescita rapida e continua che la porta ad arbitrare prima in Serie B, poi in Coppa Italia e infine nella massima Serie italiana. A gennaio del 2023 un nuovo traguardo. Maria Sole viene inserita nella squadra scelta dalla Fifa per dirigere le gare del Mondiale femminile che si svolge in Australia e Nuova Zelanda tra luglio e agosto dello stesso anno.
03. Quando si guarda una partita di calcio spesso si sottovaluta una cosa
Anche l’arbitro è un atleta, proprio come i giocatori. E più si sale di categoria e più l’atleta deve essere capace. Ci vuole caparbietà per rimanere a questi livelli. Ancora di più se sei una donna, ma non perché c’è un ambiente ostile. Anzi, negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti nella cultura dell’inclusione. Inoltre, rispetto alle divisioni più basse, man mano che si sale fa sempre meno differenza se l’arbitro è uomo o donna. Ma i test fisici da superare sono gli stessi sia per gli uomini sia per le donne. Per questo, se un arbitro uomo si allena tanto, un arbitro donna lo deve fare tantissimo. Maria Sole lo prova sulla sua pelle. All’inizio non aveva tutte le caratteristiche per perseguire un obiettivo così sfidante come quello di stare in un gruppo di arbitri di Serie A e B. Lungo il suo percorso ha però scoperto che con il lavoro si possono superare i propri limiti e avvicinarsi passo dopo passo a quel target fisico-atletico richiesto per poter essere all’altezza del proprio ruolo.
La preparazione di un arbitro non è solo di tipo fisico. Un arbitro ha bisogno di studiare molto. Ogni partita viene preparata minuziosamente. Una parte di questa preparazione è individuale, mentre un’altra viene fatta insieme a un match analyst dedicato. Un arbitro riguarda i video degli incontri passati. Studia gli schemi di gioco concentrandosi su quello che gli serve sapere. E poi si confronta con gli altri assistenti di gara sui temi di maggiore interesse in vista della partita.
«Non si ha paura di sbagliare?» le chiedono spesso quando la intervistano. Maria Sole sa che l’errore prima o poi ci sarà, anche se lei non lascia nulla al caso nella preparazione delle partite. Ma lo dice la probabilità: fare un errore prima o poi è inevitabile. Imparare a gestire la paura dell’errore, però, è fondamentale per riuscire ad arbitrare al meglio una partita. È questione di carattere. E poi c’è la Var che in questo senso offre una sicurezza psicologica importante, un aiuto a ristabilire la verità in campo quando l’arbitro da solo non ci riesce.
04. Fare l’arbitro è anche una scelta che implica alcune rinunce
In un’intervista Maria Sole ricorda come in passato abbia dovuto rinunciare a diverse cose per seguire questa sua carriera. L’Erasmus è stata una di queste. Ma specifica che è stato un suo limite rinunciarvi. Molti riescono a fare entrambe le cose ma lei pensava che perdere una stagione sportiva potesse essere un problema. In quanto donna, però, le rinunce potrebbero non finire qui. Fra colleghe si confrontano spesso sulla maternità. Alcune hanno deciso di programmarla in un anno dove non c’erano né Europei, né Mondiali. Quello del pianificare il momento di mettere su famiglia è un pensiero in più che le donne hanno rispetto agli uomini quando sono delle atlete. Per ora, è qualcosa a cui lei non pensa direttamente, ma in futuro potrebbe dover fare una scelta.
Maria Sole ha pensato più volte di rinunciare e lasciare l’arbitraggio. Per questo negli anni si è costruita un piano B e anche un piano C. Oggi, che quel piano A è andato in porto con successo e fa l’arbitro di professione, Maria Sole vuole comunque trovare il modo di tenere insieme tutte le altre cose che ha costruito. È per questo che continuerà la sua attività di ricercatrice per passione, grazie anche al beneplacito dell’istituzione in cui lavora.
Quando le viene chiesto se ha un modello di riferimento, Maria Sole risponde Stéphanie Frappart. Arbitro francese della Ligue1, è la prima donna ad aver arbitrato in Supercoppa, nella Nations League, nella Champions League e in un Mondiale di calcio maschile, quello che si è svolto in Qatar nel dicembre 2022. Arbitro o arbitra? È un’altra di quelle domande che le fanno spesso, soprattutto i giornalisti. Maria Sole risponde che per lei fa lo stesso, ha altre priorità, ma tra i due preferisce arbitro perché novanta volte su cento quando la chiamano arbitra è per sottolineare il fatto che sia una donna. Maria Sole non vuole essere giudicata in base al genere, ma per come svolge il proprio lavoro sul campo.
Se parliamo di consigli da dare a chi, ragazza o ragazzo che sia, vuole intraprendere la carriera di arbitro, Maria Sole ne ha tre. Il primo è provare, perché solo così si può capire se questo mestiere piace o non piace. Il secondo è divertirsi. Deve piacere fare l’arbitro, perché le difficoltà possono essere tante e fin dove si arriva lo si capisce solamente con il tempo e l’esperienza. Infine, di non trovare scuse con se stessi. Un arbitro sa quando la partita è andata bene e quando invece no. Se qualcosa va male, nei test o in partita, è inutile cercare scuse. L’unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche e trovare il modo di lavorare su se stessi per colmare le proprie lacune. Senza arrendersi mai.
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