Episodi di Storie di Donne
01. “Quando si deve fare una partaccia, a bordo usiamo una parola: arronzare. E ora ve la devo fare: io sono “la” comandante, “la” capitana e di questo ne vado molto orgogliosa”
A parlare è Serena Melani. L’occasione è la cerimonia di consegna del Premio Capperuccio, un importante riconoscimento, istituito dal Lions Club Livorno Porto Mediceo, che viene assegnato a persone o istituzioni che, nell’ambito delle proprie attività e competenze, hanno reso il massimo lustro alla città di Livorno, e il massimo contributo alla sua valorizzazione.
«Rivendico l’articolo al femminile», continua Serena. «La comandante, e ne vado molto orgogliosa perché c’è una differenza tra me e un comandante uomo. Una differenza che deve essere accolta, non per eliminare qualcosa ma per aggiungere modelli, visioni e gestioni della vita differenti. Lo spirito guascone e che ironizza su tutto, tipico dei livornesi, me lo porto sempre dietro, ed è quello che mi ha aiutato a superare le avversità di un mondo improntato ancora troppo spesso al maschile.»
La sua carriera inizia più di trent’anni fa, quando decide di frequentare l’Istituto Tecnico Nautico di Livorno. A quel tempo, le navi militari erano ancora precluse alle donne, per cui il nautico era l’unico modo che una donna aveva se voleva andare per mare. Al terzo anno, Serena ha la possibilità di imbarcarsi come allieva nautica ed è qui che scatta il colpo di fulmine per una vita che lei stessa definisce “gipsy at heart”, raminga nel profondo. Le prime difficoltà per lei, donna in un mondo ancora molto maschile, iniziano quando, dopo il diploma, Serena deve accumulare 18 mesi di navigazione come allievo ufficiale. La giovane infatti non riesce a trovare un imbarco. Nessuno all’epoca voleva a bordo una donna. C’è da dire negli anni Novanta il settore stava anche affrontando un periodo difficile. Era infatti uno di quei periodi ciclici di crisi per la marittima. Fatto sta, però, che tutti i suoi compagni erano riusciti a trovare un imbarco, tranne lei. Così Serena decide di frequentare l’università per tre anni, continuando nel frattempo a cercare l’occasione per imbarcarsi. Questa arriva grazie a un progetto finanziato dalla Comunità Europea. Serena fa così un’esperienza a bordo di una nave petroliera della allora SNAM. Con un contratto di formazione-lavoro che non prevedeva uno stipendio vero e proprio, Serena riesce ad accumulare mesi di navigazione e acquisire di titolo di Allievo Capitano di Lungo Corso, un titolo che le consente di poter tenere una guardia sul ponte come Ufficiale responsabile.
Finita questa esperienza, Serena rimane in SNAM per altri cinque anni. Poi, un amico le parla delle navi passeggeri e lei decide di fare domanda. È così che inizia la sua carriera presso la Carnival Cruise Line, la corporation più grande al mondo per quanto riguarda le navi passeggeri. All’epoca in Carnival c’erano molti ufficiali italiani, ma solamente due donne. Serena si imbarca come terzo ufficiale, ricominciando così tutto da capo. Dopo qualche anno e una carriera promettente, però, questa vita comincia a starle stretta. O meglio: sono le rotte della Compagnia che le vanno strette perché sempre le stesse. Serena, invece, vuole vedere quanto più mondo possibile. Inoltre, nelle grandi navi da crociera era facile scivolare in una vita alienata, visto che capitava di non incontrarsi mai per mesi nemmeno tra i membri di uno stesso equipaggio. Era diventato un po’ come «condurre dei grossi autobus. Non era quello che cercavo» confessa Serena in un’intervista a Marilisa Dalla Massara di “Attenti al Boma”. E così, insieme a quello che di lì a poco sarebbe diventato suo marito, Serena decide di cambiare rotta. Il marito trova un impiego nel mondo dei private yacht. Lei invece sceglie di approdare alla Regent Seven Seas, una compagnia americana di navi di lusso. Ed è qui che scatta il suo secondo colpo di fulmine. Questo era il mondo che cercava.
La Regent Seven Seas è una compagnia molto più piccola della Carnival Cruise Line e questo permette a Serena di sviluppare anche l’aspetto umano della navigazione, instaurando con i membri dell’equipaggio e con i passeggeri un rapporto più profondo. Inoltre, in sei mesi e mezzo – tanto era durato il suo primo imbarco – aveva visitato più porti che in 7 anni in Carnival. Le navi luxury, infatti, hanno la possibilità di viaggiare verso destinazioni che le navi da crociera più grandi non hanno. «Non ho cambiato per avanzare di carriera ma per continuare a fare quello che facevo prima in una dimensione che mi apparteneva» continua Serena sempre in dialogo con Marilisa. «Stare di guardia sul ponte era una delle cose che amavo di più. Alla fine c’è stata anche l’occasione di proseguire la carriera e nel 2016 mi hanno promosso Comandante.» Un paio d’anni dopo la Compagnia le propone anche di seguire la costruzione e l’allestimento dell’ultima nave in progetto, la Seven Seas Splendor. Serena ammette che non capita a molti ufficiali di avere questo onore. E che per loro, gente di mare, è un po’ come vedere nascere un figlio. La nave, costruita ad Ancona, è stata inaugurata poco prima che il Covid-19 bloccasse il mondo per mesi, con una crociera inaugurale fino a San Diego.
02. Nel 2020 Serena fa un nuovo passo in avanti nella sua carriera e sceglie il progetto di Explora Journeys
Nel 2022 diventa così la Comandante di Explora 1, la prima delle sei navi di lusso targate Explora Journeys, il marchio di viaggi lifestyle di lusso del Gruppo MSC. A questo proposito, in un’intervista su Vera Classe, Serena sottolinea come questo tipo di navi da crociera sia pensato per offrire un’esperienza diversa, più intima. «Quando si viaggia su una nave di medio tonnellaggio come la nostra, si crea una union tra tutti quelli che sono a bordo, sia tra passeggeri sia tra membri dell’equipaggio, che mi ricorda il clima di unione e speranza tra tutti i passeggeri che un tempo si creava sulle navi di esplorazione. Vivendo questi viaggi in modo diverso si torna indietro nel tempo e si ricrea questa atmosfera. Poi sarà importante stare a contatto con l’oceano e viverlo con emozione, vedere con occhi diversi le destinazioni, soggiornare più a lungo in un porto avendo maggior tempo a disposizione.»
Sembra tutto così affascinante, no? La libertà, i viaggi per mare, scoprire luoghi nuovi, non essere mai fermi. Ma ci sarà pure un lato oscuro in questo lavoro? È una domanda che a Serena fanno continuamente. E in effetti un lato da gestire in questa vita raminga c’è. Si ha poco tempo per la propria famiglia. A Serena e a suo marito, per esempio, è capitato in momenti diversi di non poter partecipare al funerale di un proprio caro, mancato mentre loro erano in mezzo all’oceano e, quindi, impossibilitati a sbarcare. Inevitabilmente chi fa questo lavoro vive sconnesso dai propri affetti. Anche loro due si vedono poco, lavorando in settori nautici diversi. Ed è qualcosa che è bene sapere, perché non tutti sono disposti a scendere a questo compromesso. È importante trovare un compagno o una compagna di vita che accetti di vederti solo per qualche mese all’anno.
Parlando di figli, poi, Serena dice di aver deciso di non averne perché per lei incompatibili con il suo desiderio di continuare questa vita. La sua è stata una scelta. Altre donne che lavorano in mare hanno invece deciso di avere dei figli. L’importante è rendersi conto che poi, nella loro crescita, ci sono degli oggettivi paletti da gestire. Ma come è giusto che sia quando si parla di maternità, è sempre una scelta profondamente personale da fare e non c’è un giusto o sbagliato a priori. Dipende da noi, da cosa si vuole. In una video intervista, Serena dice di ammirare molto una sua collega ucraina, ragazza madre che ha deciso di continuare questo lavoro proprio per dare a sua figlia un esempio di come una donna possa realizzarsi nel lavoro, anche in un ambiente così difficile.
03. C’è un prezioso consiglio che Serena dà a chiunque voglia intraprendere questo lavoro, indipendentemente dal fatto di essere donna o uomo
«Quando si sceglie questo tipo di lavoro, in realtà, non si sceglie un lavoro ma un modo di vivere, perché è sicuramente una vita fuori dall’ordinario, fuori dai manuali classici» continua Serena nell’intervista rilasciata a Vera Classe. «Quello che è accaduto durante la pandemia noi lo viviamo spesso durante la nostra vita a bordo. Questo non è un lavoro per tutti, non perché siamo più bravi di altri, ma perché questo lavoro ti pone di fronte a scelte di vita che sono molto più restrittive e taglienti rispetto ad un tipo di lavoro di routine. Questo è uno dei lavori che ti richiede grandi scelte, ti porta via da casa molto tempo, non ricordo quante feste di di compleanno, celebrazioni di anniversari e quanti natali ho trascorso fuori casa. Fortunatamente ho trovato un compagno di vita che è sulle mie stesse frequenze ma chiaramente per le nostre famiglie tutto questo può risultare molto pesante. In passato proprio per questo le mogli dei marinai erano chiamate le vedove bianche. Questo è il mio messaggio: ricordatevi che scegliete uno stile di vita, non un lavoro.»
Tra le passioni di Serena una ha un posto particolare. I libri. La sua ancora di salvataggio in mezzo al mare. A chi le domanda cosa si porta sempre a bordo lei risponde «libri!». Ma non li tiene solo per sé. Durante la navigazione, oltre alle informazioni tecniche che poche persone realmente ascoltano, Serena legge qualche verso o passaggio di autori diversi, a seconda del luogo in cui stanno navigando. Decisamente un plus per i suoi passeggeri che così possono viaggiare anche con la mente tramite le suggestioni che le parole di grandi autori producono. E se le si chiedono un paio di consigli di lettura, Serena suggerisce La saggezza del mare di Björn Larsson, Bisogno di libertà, dello stesso autore, e Alda Merini per quanto riguarda la poesia. E poi Dostoevskij, Jorge Amado… e chi più ne ha più ne metta.
Infine, concludiamo questo racconto di chi è Serena Melani con una suggestione personale che accosta la Comandate al grande esploratore Ernest Shackleton, per passione, curiosità del mondo, senso di libertà e stile di leadership. Per chi voglia approfondire, suggeriamo la lettura di Shackleton's Way: Leadership Lessons from the Great Antarctic Explorer.
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