L’incertezza dei mercati e l’importanza della diversificazione
Come fare a mitigare i rischi diversificando i propri investimenti
19min
Come fare a mitigare i rischi diversificando i propri investimenti
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Episodi di Pianeta soldi
Se ci dovessimo trovare a gestire un patrimonio, ci potremmo porre la domanda: “esiste un investimento con poco rischio che mi faccia guadagnare molto?”
A quel punto, per rispondere al quesito, non ci resterebbe che iniziare a guardarci un po' intorno alla ricerca della nostra gallina dalle uova d'oro. Così da novelli esploratori del mondo finanziario, ci addentreremmo nella giungla dell'informazione per sondare il terreno su cui muoverci.
Non troppo interessati a conoscere l'intera storia dell'economia, dalla sua nascita ad oggi, andremmo a visionare le notizie calde, quelle dell'ultimo periodo, giusto per avere le idee chiare prima di affondare il nostro colpo da maestro.
L'anno è appena iniziato, ma le notizie non sembrano mancare, così cominciamo a scorrerne brevemente la cronologia. Pronti? Via...
Al cospetto di un numero così elevato di variabili nell'arco di un solo mese e di un atteggiamento del mercato che pare voler salire in ogni caso, potremmo anche considerare che in fondo si tratti solo di tanto rumore per niente. Al netto di questa osservazione, potrebbe maturare in noi l'idea che per conseguire guadagni con percentuali a doppia cifra, ci basterà seguire il nostro istinto, lasciando perdere le solite Cassandre.
A questo punto dovremmo chiederci se la nostra razionalità possa esser stata minata dal cosiddetto effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che consiste nella tendenza, da parte di individui normali, a sovrastimare le proprie capacità e a riporre nei propri mezzi una fiducia tanto maggiore, quanto minore risulti la conoscenza di una determinata materia.
Il paradosso di questo bias poi, è che all'aumentare dell'esperienza, la sicurezza tenda a diminuire. Insomma, più ci si addentra nella complessità, tanto maggiori saranno i dubbi sulla capacità di poterne conoscere tutte le ramificazioni.
Da investitori, quindi, possiamo dedurre che se anche passassimo una vita intera studiando i mercati finanziari, non arriveremmo ad essere tanto confidenti di padroneggiarli, quanto nel momento in cui li conoscevamo ben poco o affatto.
Per questo motivo, con buona pace di Dunning e di Kruger, potremmo essere tentati dall'idea di barattare un continuo apprendimento con l'acquisizione di poche nozioni come punto di arrivo, sentendoci così, in breve tempo, pronti ad investire come Gordon Gekko al grido di “Ferro azzurro ama Anacott acciaio!”.
Ma le trappole, ahinoi, non si fermano qui. Un altro fenomeno che va a complicare quello della sovrastima, è il cosiddetto confirmation bias. Un meccanismo mentale che ci imprigiona all'interno di un recinto, fatto di convinzioni acquisite. In pratica, vogliamo che ciò in cui crediamo risulti vero. Così facendo, tendiamo a rifiutare i dati che mettano in dubbio le nostre certezze e a ricercare solo informazioni che confermino il nostro pensiero e le nostre speranze, applicando ben poca razionalità.
Quindi, nel caso qualcuno cercasse di dissuaderci dall'idea di essere i nuovi “Re Mida” della finanza, potrebbe sorgere in noi la tentazione di citare quel nostro conoscente di Facebook che ha comprato le azioni della “Fiat” e ora gira in Ferrari. Cercheremmo probabilmente di giustificare errori e mancanze, additando fattori esterni sia al nostro giudizio che allo stato dell'arte (è accaduto, nessuno poteva prevederlo, non è sicuramente colpa mia!) e daremmo inoltre interpretazioni arbitrarie della realtà, affinché le nostre teorie trovino comunque conferma.
Ad aggravare questa inclinazione è poi l'utilizzo di Internet quale fonte di informazione. La sua vastità ci porta ad essere sommersi di dati scadenti che tendiamo a scambiare per conoscenza e, al tempo stesso, a credere che il solo aver effettuato una ricerca, soffermandoci perlopiù ai titoli, ci abbia fatto imparare qualcosa.
Tim Nichols, professore di Affari di Sicurezza Nazionale presso l'US Naval War College e la Harvard Extension School, affronta questi temi nel suo libro The Death of Expertise. Egli descrive con solide argomentazioni le problematiche sopraccitate, estendendole all'intera società e arrivando a mettere in dubbio persino la sopravvivenza della stessa democrazia. In particolare, quest'ultima risulterebbe a rischio proprio a causa della crescente avversione verso i consigli degli esperti, la cui opinione viene equiparata a quella di chiunque. Nichols difende la posizione di coloro che possiedono la necessaria competenza ed esperienza, ricordando che, per quanto essi possano non essere i migliori in assoluto, sono comunque meglio di chi non conosce adeguatamente la materia e che, per quanto possano anch'essi compiere errori di valutazione, la probabilità di sbagliare dei primi sarà in ogni caso inferiore a quella dei secondi.
A questo punto qualcuno potrebbe esclamare: “Ma se questi esperti di finanza possiedono la sfera di cristallo, perché non la usano per arricchirsi a dismisura, godendosi la vita sdraiati sotto una palma in riva al mare?” Beh, la risposta è che le cose non stanno affatto così.
I competenti del settore, proprio perché sanno di non sapere, riconoscono che anticipare sistematicamente il mercato, determinando quale sarà il migliore investimento, quale il peggiore, che titolo raddoppierà e quale sparirà, è letteralmente impossibile, al netto di qualche casuale colpo di fortuna. E, a ulteriore riprova di quanto sopra, va detto che oltre ai loro dubbi da esperti, essi temono una cosa sopra ogni altra. Questa loro paura ha le sembianze di un terribile animale dipinto di buio...
Accrescere le proprie competenze per migliorare la società 19 minThe Death of Expertise
Questo raro pennuto australiano, scoperto solo verso la fine del Seicento, è diventato la metafora ideale per indicare quegli eventi inaspettati, capaci di incidere sulla realtà molto più di quanto possa fare l'insieme degli eventi ordinari.
Si direbbe che lo stesso sgomento provato dagli uomini seicenteschi, nel vedere questi uccelli spazzare via la teoria granitica che i cigni fossero tutti bianchi, colga gli investitori ogni qualvolta il mercato venga travolto da un accadimento di tale portata. Se dovessimo poi fare un parallelo con la vita di tutti i giorni, ascriveremmo questi avvenimenti in quel campo di possibilità che non viene affatto considerato, seppur il verificarsi di ciascuno di essi possa avere la forza di cambiare l'intera esistenza di un individuo in un solo attimo.
Nassim Nicholas Taleb, matematico e filosofo libanese, nel suo celebre libro Il Cigno Nero, rileva come questo tipo di evento sia contraddistinto da caratteristiche ben definite. La prima è quella di essere isolato, ossia di non rientrare in quell'insieme di ragionevoli attese, fondate sulla base di ciò che è accaduto nei vari campi fino ad oggi. La seconda è la sproporzionata portata degli effetti causati dallo stesso, capaci di scompaginare un intero sistema. In ultimo, non essendo ipotizzabile, a causa della bassissima probabilità di accadimento che lo contraddistingue, la nostra natura ci spinge a creare spiegazioni a posteriori, al fine di creare l'illusione che, tutto sommato, fosse prevedibile.
La teoria di Taleb evidenzia i nostri limiti di comprensione rispetto al caso e al quadro generale degli eventi e sottolinea come, i bistrattati esperti, siano solitamente i peggiori in questo campo previsionale, poiché più saldamente ancorati alle dinamiche del passato, le quali, in alcuni casi, si rivelano addirittura ingannevoli. Giusto per essere chiari, va detto in loro difesa, che questo risultato deriva da uno studio condotto su popolazioni di diversa estrazione sociale, culturale e professionale, nel quale, nonostante emerga che le persone meno competenti in media abbiano risultati migliori, si evidenzia come, in ogni caso, la capacità previsionale di queste ultime sia ben lontana dall'essere soddisfacente. Questo perché anch'esse, come abbiamo visto, tendono a sopravvalutare ciò che conoscono a scapito dell'incertezza.
Se poi volessimo trovare la prova empirica dell'influenza di questi eventi, ci basterà guardare alla storia del mercato e non solo. Tra i fatti elencati dall'autore possiamo trovarne sia di positivi che di negativi, basti pensare in rapida serie all'ascesa di Hitler, alla fine improvvisa del blocco sovietico, alla diffusione di Internet, al crollo del mercato borsistico del 1987 o alla nascita del fondamentalismo islamico. Avevamo possibilità di prevedere tutto ciò? Probabilmente solo con il senno di poi. Proviamo comunque a far previsioni sull'avvento del prossimo Cigno Nero? Continuamente.
C'è chi pensa che sarà il cambiamento climatico ad affondare il sistema finanziario. Tra questi va ricordato Larry Fink, Ceo di BlackRock (la maggior società di asset management mondiale), il quale recentemente ha sostenuto che se anche si verificassero solo una parte degli impatti previsti a causa del riscaldamento globale, andremmo comunque incontro ad una crisi lunga e strutturale senza precedenti.
Altri sostengono, vedi la Federal Reserve, nella sua ricerca intitolata “Pre-mortem analysis”, che un rischio significativo per la tenuta del sistema americano e mondiale, possa arrivare da un cyber attacco alla rete dei pagamenti a stelle e strisce, con conseguenze ben maggiori di ciò che accadde con Lehman Brothers.
Come gli eventi improbabili governano la nostra vita 19 minIl Cigno Nero
Quello che rientra nelle nostre possibilità è di razionalizzare le scelte, concentrandoci sull'arginare le conseguenze negative derivanti dalle nostre decisioni.
A questo proposito ci può servire citare Machiavelli. Nel suo saggio di politica Il Principe, scrisse a proposito della fortuna:
“Ed assomiglio quella ad fiume rovinoso, che quando ei si adira, allaga i piani, rovina gli arbori e gli edifici, lieva da questa parte terreno, ponendolo a quell’altra; ciascuno gli fugge davanti, ognuno cede al suo furore, senza potervi ostare; e benchè sia così fatto, non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi possino fare provvedimenti e con ripari, e con argini, immodochè crescendo poi, o egli andrebbe per un canale, o l’impeto suo non sarebbe sì licenzioso, nè sì dannoso.”
La fortuna per Machiavelli è ciò che sfugge al dominio umano, mentre quello che spetta al politico accorto è di costruire potenti argini per limitarne i danni. Alla stregua di abili sovrani, dovremmo far sì che i nostri investimenti siano il più possibile resilienti al cospetto di minacce più o meno prevedibili. Per conseguire questo risultato bisognerebbe evitare di inseguire ciecamente i rendimenti passati, non seguire i trend di breve periodo e non lasciarsi governare dall'emotività di chi compra quando sale e vende quando scende.
A proposito di questo, Benjamin Graham, mentore del leggendario investitore Warren Buffet, conosciuto anche come “l'oracolo di Omaha”, nel suo libro The Intelligent Investor enuncia i principi chiave per investire i propri averi. Di particolare interesse è la spiegazione delle dinamiche d'investimento che l'autore dà, attraverso la parabola di Mr Market.
Egli suggerisce di immaginare un socio in affari, con seri disturbi bipolari, che tutti i giorni si presenterà alla nostra porta per avanzarci delle offerte. Se nella maggior parte dei casi ci proporrà di cedergli le nostre quote ad un valore congruo, ci saranno invece giorni in cui, trasportato dai propri eccessi umorali, ci offrirà prezzi ridicolmente alti nei momenti di euforia e cifre irrispettosamente basse nelle sue fasi depressive.
Quello che ci qualificherà come investitori intelligenti sarà proprio la conoscenza del valore e delle prospettive dei nostri investimenti, il che ci permetterà di approfittare dell'emotività di Mr Market senza esserne influenzati. Insomma, venderemo quando i valori saranno convenienti e richiuderemo la porta al nostro socio quando ci offrirà prezzi indegni, senza dimenticare che a prescindere da quante volte ci prenderemo gioco di lui, egli tornerà comunque il giorno dopo bussando al nostro uscio. Secondo Graham infatti, se tutti gli operatori del mercato fossero razionali, sarebbe molto difficile trarne dei guadagni.
Nella nostra analisi sarà quindi necessario valutare una moltitudine di fattori diversi e, tra questi, i risultati ottenuti precedentemente risulteranno essere solo uno dei tanti elementi da considerare.
Ciò che non possiamo dimenticare però, come evidenziato in precedenza, è che sappiamo di non sapere e che per quanto efficaci si possa essere nell'analizzare gli investimenti e nel governare l'emotività, correremo comunque il rischio di fare passi falsi. Per questo motivo sarà necessario applicare il principio cardine di ogni investimento che si rispetti, nonché uno dei principali argini all'imprevedibilità degli eventi.
Diventa un investitore di successo: la ricetta vincente 21 minThe Intelligent Investor
Diversificare significa costruire una combinazione di portafoglio che, nel suo insieme, risulti essere estremamente meno rischiosa dei singoli strumenti che lo compongono. A questo punto possiamo far entrare in scena Antonio, il Mercante di Venezia di Shakespeare, il quale, alla domanda se fosse triste per le sue mercanzie in balia dei venti e del mare, risponde:
“No, credimi; e ne ringrazio la mia fortuna:
le mie imprese non sono affidate a una sola stiva,
né a un solo posto; né dipende il mio patrimonio
dalla fortuna di questo solo anno.
Quindi le mie mercanzie non mi fanno triste.”
Per raggiungere la serenità di Antonio sulla sorte delle sue merci, dovremmo suddividere il nostro patrimonio in diverse tipologie di investimenti finanziari, dette asset class. Una regola desunta dalla prassi ci suggerisce che in un portafoglio dovrebbero esserci azioni domestiche, azioni internazionali, azioni emergenti, bond domestici, bond esteri, valute, materie prime, liquidità ed immobili.
Il concetto che sta alla base di questa suddivisione è che non tutte le classi di strumenti dovrebbero muoversi nella stessa direzione e con la stessa forza nel medesimo arco temporale, per cui eventuali perdite che dovessero colpire alcune parti del portafoglio, potrebbero essere bilanciate dai guadagni ottenuti su altre porzioni di investimento. All’interno delle singole classi di strumenti sarà poi necessario ripartire il patrimonio su diversi settori, emittenti, aree geografiche, ecc.
Inoltre, ciò che non possiamo dimenticare è che il fine ultimo della costruzione del portafoglio sarà quello di soddisfare le nostre esigenze di investitori e che per ottenere un risultato adeguato sarà necessario affrontare questioni piuttosto complesse.
Infatti, nella selezione dei tasselli che lo andranno a comporre dovremo valutare in primo luogo i mercati sui quali investire, sia in termini qualitativi che quantitativi. In secondo luogo bisognerà considerare una stima delle performance future dei singoli mercati scelti, senza perdere di vista il rapporto tra il rischio e il rendimento atteso. In particolare, tra i vari indicatori da analizzare, ci sarà anche l’efficienza in termini di utilizzo del rischio che, per essere chiari, può essere visto come il carburante del nostro investimento e, in quanto tale, dovremo valutare il consumo che ne viene fatto (il mio investimento quanti chilometri/rendimento mi permette di fare con un litro di rischio/carburante?). In ultimo andrà individuato un modello di ottimizzazione che, per utilizzare una metafora, sarà la ricetta da seguire nella preparazione del giusto mix di ingredienti e delle relative proporzioni che andranno a comporre il nostro portafoglio.
In ogni caso, dovremo metterci il cuore in pace che il nostro impegno non finirà qui, poiché se da un lato non è consigliabile lasciare che l’investimento segua il suo corso senza alcun intervento da parte nostra, dall’altro andranno limitati gli stravolgimenti, o comunque un numero eccessivo di modifiche, se non necessarie. A questo fine, andranno stabilite delle regole di gestione, quindi un metodo, per adattare quanto costruito inizialmente in rapporto alle situazioni di mercato e non solo, che via via si verificheranno nel corso del tempo.
Tutto questo troverà attuazione in un vero e proprio processo di investimento che possiamo suddividere in due fasi: l’asset allocation strategica e l’asset allocation tattica.
Per quanto riguarda la prima, si tratterà di stabilire quali classi di strumento acquistare in un’ottica di medio e lungo termine. In questa fase dovremo far sì che l’investimento rispetti i nostri bisogni e sia in linea con le nostre aspettative. In pratica si tratterà di mettere a punto una sorta di abito sartoriale, ritagliato su di noi e sul giusto equilibrio tra rischio e rendimento, non dimenticandoci dell’orizzonte temporale, ovvero il periodo di tempo per il quale intendiamo mantenere i nostri investimenti.
L’asset allocation tattica, invece, è basata su un orizzonte di breve termine ed è incentrata sulla situazione contingente del mercato. In questa fase, se necessario, si andrà a variare la composizione di portafoglio in relazione a determinate dinamiche intervenute sul mercato affinché, al netto di queste, venga in ogni caso perseguita la visione strategica stabilita inizialmente. Si tratta quindi di operazioni marginali che dovranno essere il più coerenti possibile con la gestione di lungo periodo.
Ovviamente può anche accadere che a cambiare non sia il mercato, bensì il nostro profilo di investitori. In tal caso saremmo costretti a rivedere l’impianto generale del portafoglio costruito, stando bene attenti a non confondere cambiamenti radicali con l’emotività del momento. Questo perché l’asset allocation strategica risulta essere la parte cruciale di questo processo, tanto che, circa il 90% del rendimento e del rischio di medio/lungo temine di un portafoglio è spiegato proprio da quest'ultima (Ibbotson e Kaplan, 2000).
Per ciò che concerne invece la scelta degli strumenti finanziari all'interno delle singole asset class, dovremo valutare se acquistare direttamente i titoli sui mercati in cui sono quotati o se utilizzare fondi di investimento. Questa seconda soluzione, in particolare, ci darà l'opportunità di diversificare in maniera economica e con una profusione di sforzi molto inferiore. Dobbiamo infatti considerare che se volessimo operare autonomamente, per ottenere un’adeguata composizione di portafoglio dovremmo selezionare un numero congruo di emittenti, in modo da non legarci troppo al rischio specifico di ogni singolo investimento.
Questo comporterà costi maggiori e un’attività di selezione molto impegnativa che potrà essere ovviata, appunto, dalla decisione di delegare ad un gestore la costruzione dei singoli fondi che comporranno il nostro investimento, sia che questo li gestisca attivamente (cercando di battere il mercato di riferimento, vedi i fondi comuni di investimento) o passivamente (replicandolo, vedi gli Etf).
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