Marketing VS Advertising: facciamo chiarezza
Qual è la differenza tra marketing e advertising?
19min
Qual è la differenza tra marketing e advertising?
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Questo punto di vista ci dona già una prospettiva più ampia per ciò che riguarda il termine ‘marketing’: è piuttosto semplicistico pensare che per introdurre sul mercato un prodotto o servizio sia sufficiente creare una campagna pubblicitaria. Introdurre sul mercato un prodotto o servizio ha più a che fare con l’anima dell’azienda, con la sua vision e con la sua strategia di crescita piuttosto che con l’atto di creare messaggi pubblicitari.
Il termine ‘marketing’, infatti, oltre a denominare una specifica funzione aziendale ed una disciplina di studi, identifica una filosofia gestionale che indica valori, modelli decisionali e comportamentali a cui dovrebbero ispirarsi la direzione e la gestione aziendale per sviluppare strategie competitive di successo.
Il termine ‘advertising’, per contro, indica semplicemente la forma di comunicazione utilizzata dalle aziende per promuovere i propri prodotti e servizi.
Capite bene che la portata dei due concetti è enormemente differente: se si guarda al marketing come ad un intero, l’advertising ne rappresenta una percentuale nemmeno troppo grande. In questo contesto, possiamo utilizzare la metafora dell’iceberg: da fuori, l’advertising rappresenta la parte visibile del marketing.
In questo processo di “accavallamento semantico”, in cui una parola finisce per acquisire un significato che non le è proprio, gran parte della responsabilità è da attribuire ai nuovi modelli di business emersi negli ultimi anni grazie alla digital economy.
Al giorno d’oggi è molto più semplice dar vita ad un business rispetto anche a solo 15 anni fa, ciò ha portato a una “democratizzazione dell’imprenditoria” che, se da un lato ha aperto scenari straordinari per la realizzazione personale degli individui, dall’altro ha aperto voragini semantiche enormi, dovute principalmente alla scarsa conoscenza di un’adeguata terminologia tecnica.
Negli ultimi anni sembrano essersi moltiplicati gli approcci al marketing: sentiamo sempre parlare di email marketing, social media marketing, search engine marketing, content marketing, funnel marketing, growth marketing. In verità, però, il marketing è sempre lo stesso: in tutte queste espressioni il termine è sempre usato in maniera impropria, a volte al posto di ‘advertising’, altre al posto di ‘comunicazione’, altre ancora al posto di ‘visibilità’ o ‘strategia’.
Non formalizziamoci: va bene utilizzare il termine ‘marketing’ al posto di questi termini, così come va bene utilizzare il termine ‘piatto’ per indicare il termine ‘pietanza’: l’importante è esserne consapevoli, perché nel fare advertising senza un’adeguata programmazione di marketing si rischia di mordere un disco di ceramica invece che una bistecca.
Ora che abbiamo capito che marketing e advertising appartengono a due differenti campi semantici, possiamo portare il nostro livello di analisi più in profondità.
Secondo Kotler il concetto di marketing fa riferimento alla “superiore capacità dell’impresa rispetto ai concorrenti di raggiungere i suoi obiettivi attraverso lo sviluppo, il trasferimento e la comunicazione di valore al suo mercato obiettivo”. Il concetto di marketing pone quindi enfasi sull’idea di valore per il cliente e sulla creazione di una strategia di mercato idonea a perseguirlo.
Si tratta quindi di un concetto che permea l’azienda ad ogni livello: per questo motivo il marketing è innanzitutto un orientamento gestionale, che mette al centro il cliente e la comprensione dei suoi bisogni, in modo che l’azienda possa creare per lui reale valore.
Come orientamento gestionale, il marketing si contrappone ad altri 3 orientamenti:
A differenza degli approcci gestionali menzionati, l’orientamento al marketing pone alla base della creazione e del sostenimento del vantaggio competitivo il cliente - ovvero un individuo facente parte del mercato obiettivo selezionato dall’impresa, detto anche buyer persona - e propone una strategia finalizzata alla comprensione dei suoi bisogni e alla realizzazione di un sistema di offerta coerente con questi.
Se quindi il marketing concept porta la comprensione dei bisogni del cliente al centro della strategia aziendale, la sua realizzazione è propria del marketing management. In linea generale, quest’ultimo consta di 3 processi aziendali:
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Cos’è il marketing analitico? In parole povere, il marketing analitico è ricerca di mercato e analisi dei dati. Per creare valore per i clienti è innanzitutto necessario operare un’attenta analisi dei loro desideri, bisogni e preferenze. Al fine di identificare tali elementi, l’analisi deve essere compiuta sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Il primo tipo di analisi permette di cogliere la presenza di elementi di insoddisfazione nell’attuale sistema di offerta presente sul mercato; il secondo tipo permette invece di quantificare la dimensione del potenziale di mercato e del mercato obiettivo.
Ogni impresa raramente è la sola ad operare all’interno di un certo mercato, per cui è opportuno estendere la fase di analisi al sistema di offerta presente nell’ambiente competitivo. In particolare, la presenza di un contesto competitivo sempre più vario ed interconnesso porta a mettere maggiore enfasi sull’analisi competitiva.
Uno degli strumenti più utili in questa fase è quello della SWOT Analysis, una matrice che mette a sistema aspetti positivi e negativi sia del contesto aziendale interno, sia del contesto competitivo esterno.
Esiste in realtà anche un modello che ci parla dell’inutilità dell’analisi competitiva, ed è quello propugnato da W. Chan Kim e Renée Mauborgne nel loro best seller “Strategia Oceano Blu”: secondo questa visione (ben lontana dall’essere superficiale) negli oceani blu la concorrenza è irrilevante, perché sono spazi di mercato incontrastati, in cui vengono create una nuova domanda e una nuova opportunità di crescita redditizia.
Cos’è il marketing strategico? Il marketing strategico è la formulazione della strategia competitiva aziendale. Successivamente alla comprensione analitica della situazione complessiva di mercato, è fondamentale accorpare tutte le informazioni in un piano strategico dettagliato, che interpreti al meglio tutta la situazione e tutte le azioni da affrontare.
Il marketing strategico, snodo centrale nella realizzazione del concetto di marketing, è tipicamente suddiviso in 3 fasi:
Questi tre momenti consentono di progettare una strategia che abbia una valenza nel medio termine e che consenta all’impresa di affermare e via via consolidare la propria immagine nel mercato.
Cos’è la segmentazione?
Il punto di partenza è rappresentato dalla segmentazione del mercato, intesa come l’accorpamento dei clienti in gruppi omogenei sotto il profilo geografico, demografico, psicografico, dei modelli di consumo o dei benefici e attributi ricercati nei processi di acquisto.
Cos’è il targeting?
La fase successiva è quella del targeting, ovvero l’identificazione del segmento - obiettivo che si vuole soddisfare attraverso la strategia di mercato.
Negli ultimi anni, grazie soprattutto al radicale cambiamento dei modelli di consumo, le due fasi di segmentazione e targeting hanno assunto connotati sempre più sfumati, per poi confluire in un unica macro-fase, quella di definizione delle buyer persona.
Le buyer persona sono rappresentazioni immaginarie dei clienti ideali che l’azienda intende servire. Comprendono sia informazioni reali circa i potenziali clienti, come ad esempio informazioni personali e demografiche, sia riferimenti qualitativi immaginari di carattere psicografico, ad esempio abitudini, ambizioni, sfide e modelli di comportamento condivisi dal cluster di riferimento.
Cos’è il posizionamento?
L’ultimo step del marketing strategico riguarda il posizionamento, ovvero la formulazione di un sistema di offerta coerente con il segmento-obiettivo e differente da quanto proposto dai concorrenti che competono per lo stesso segmento.
Per ‘posizionamento’, in questa sede, non si intende il posizionarsi ai primi posti sui motori di ricerca, ma si intende il posizionarsi in maniera definita nella mente del cliente, della buyer persona, occupare quindi un posto stabile all’interno del suo sistema percettivo. Nel best seller “Le 22 immutabili leggi del marketing”, Al Ries e Jack Trout sostengono infatti che "il marketing è una battaglia di percezioni, non di prodotti."
Il posizionamento viene poi realizzato attraverso le leve del marketing operativo. Saranno infatti le politiche di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione che potranno creare il cosiddetto ‘sweet spot’ nella mente del cliente.
Cos’è il marketing operativo? Il marketing operativo è l’insieme delle attività che operativamente introducono il prodotto o servizio sul mercato. Una volta pianificato il sistema di offerta, l’impresa può passare alla fase di implementazione, selezionando le leve operative che consentono la realizzazione della strategia di marketing. Tali leve operative compongono il cosiddetto ‘marketing mix’.
Il marketing mix è una miscela di attività peculiare ad ogni strategia, quindi unica ed esplosiva, finalizzata a realizzare il concetto di marketing e avere di conseguenza una maggiore probabilità di conquista del mercato, attraverso un livello crescente di soddisfazione del cliente.
Come evidenziato già negli anni 60 da McCarthy, uno dei grandi teorici del marketing, le principali leve del marketing operativo sono 4, le cosiddette 4 P del marketing:
Possiamo ora dimensionare meglio i due concetti: l’advertising fa parte della quarta P del marketing mix, ovvero la P di Promotion.
Il marketing mix è una parte del marketing operativo, che è l’ultima fase del marketing management, che viene dopo il marketing strategico e il marketing analitico.
Il marketing management è l’espressione aziendale del marketing concept, ovvero l’atto di mettere il cliente al centro dell’organizzazione al fine di comprendere profondamente i suoi bisogni e creare per lui reale valore.
In altre parole, il marketing è un processo che prende origine dal concetto di mettere il cliente al centro dell’organizzazione aziendale; acquisisce sostanza attraverso un modello gestionale e operativo che si articola in 3 fasi: raccolta dei dati, formulazione delle strategie, implementazione delle strategie; infine arriva al consumatore finale attraverso le leve operative del marketing mix, tra cui l’advertising.
Il marketing riguarda quindi la pianificazione, l'implementazione e il controllo di un mix di attività volte a far incontrare clienti e venditori allo scopo di trasferire valore.
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Cos’è l'advertising? La definizione di ‘advertising’ più semplice che si può dare è la seguente: l’advertising è una forma di comunicazione a pagamento, utilizzata dalle aziende allo scopo di promuovere la propria offerta di prodotti e servizi ed influenzare le scelte di consumo dei potenziali clienti.
Per quanto corretta, questa definizione rimane su un livello troppo didascalico senza aggiungere un reale significato al termine in questione. Semplicemente descrive ciò che avviene quando si decide di fare pubblicità, ovvero advertising.
L’advertising è “salesmanship in print”
Esiste una definizione molto più densa di significato che parla ad un piano più intuitivo e meno didascalico: l’advertising è vendita moltiplicata. Questa definizione venne data da Claude Hopkins, negli anni ‘20, in risposta alla definizione originale data qualche anno prima da John E. Kennedy, nello specifico: l’advertising è vendita su carta.
[Claude Hopkins e John E. Kennedy sono considerati, insieme a David Ogilvy e Albert Lasker, i principali padri fondatori della pubblicità moderna]
La definizione di Hopkins arricchisce quella data da Kennedy in quanto comprende il concetto di media: da un lato osserva che la carta non è l’unico media disponibile, dall’altro pone l’accento sul fatto che il media è di per sé un moltiplicatore: è infatti grazie ai mezzi di comunicazione che è possibile la “vendita uno a tanti”.
È piuttosto semplice interiorizzare questo concetto: se per assurdo non fosse mai stata inventata la radio, o la TV, o addirittura Internet, ogni azienda avrebbe dovuto affidarsi ai singoli venditori e alle loro doti persuasive per veicolare il proprio messaggio pubblicitario e posizionare la propria offerta nella mente dei potenziali clienti.
Nel corso dei decenni i media si sono via via saturati di messaggi pubblicitari. Prima la radio, poi la TV ed ora Internet: da anni siamo ormai letteralmente sotto assedio e la nostra biologia si è dovuta in qualche modo adattare per garantire la nostra sopravvivenza in questa guerra mediatica di stimoli e risposte.
La nostra soglia di attenzione si è infatti abbassata drasticamente. Il nostro cervello ha risposto così al costante flusso di informazioni che ci arriva quotidianamente: non potendo esaminare in dettaglio tutto ciò a cui siamo sottoposti, ha limitato la quantità di attenzione a nostra disposizione.
Ogni giorno ci passano sotto gli occhi migliaia di messaggi pubblicitari tra siti web, smartphone, cartellonistica, TV, giornali. È fisiologicamente impossibile poter dare la stessa attenzione ad ognuno di essi mentre, peraltro, dobbiamo fare le nostre cose.
Chi fa advertising non compete soltanto con chi si rivolge allo stesso target, ma compete per l’attenzione del pubblico con chiunque faccia advertising o pubblichi contenuti sulla stessa piattaforma. Ad esempio, chi fa pubblicità su Facebook non compete soltanto con le aziende del suo stesso settore, ma compete anche con la pagina che pubblica contenuti demenziali; oppure chi fa pubblicità in TV compete anche con i programmi di un altro canale, e così via.
Secondo Nielsen, l'attenzione rivolta alla pubblicità è strettamente correlata al ricordo dell'annuncio. Con il moltiplicarsi di dispositivi, schermi e piattaforme, la reach è diventata ormai una commodity per chi fa advertising. Ma avere un’ottima reach non serve a niente senza l'attenzione.
Guadagnare l’attenzione del pubblico target attraverso la rilevanza, la pertinenza e l’autorevolezza
Oggigiorno è difficile guadagnare una percentuale significativa dell’attenzione degli utenti: qualsiasi altro contenuto è a un tap di distanza e il video con quei gattini è così buffo!
Per questo motivo mai come oggi è importante che i messaggi pubblicitari (o più in generale i contenuti) siano rilevanti per il target, pertinenti ed autorevoli:
Oltre a questo, è importante che i messaggi pubblicitari siano caratterizzati da una certa dose di creatività ed originalità: come sostiene Ray Edwards nel suo libro ‘How to write copy that sells’, “a meno che la tua pubblicità non contenga una grande idea, passerà come una nave nella notte”.
Marketing e advertising non sono la stessa cosa, non sono sinonimi e non sono nemmeno termini confrontabili. Ora dovrebbe essere chiaro che non è possibile elencare le differenze tra i due concetti, tale è la distanza reciproca: sarebbe come elencare le differenze tra un libro e una stamperia.
Il marketing è un processo che coinvolge l’intera azienda, è una filosofia di gestione che mette il cliente al centro di tutta l’organizzazione, è un’insieme di attività volte a generare e mantenere nel tempo uno o più vantaggi competitivi nei confronti della concorrenza.
L’advertising è uno strumento di promozione e vendita tipicamente espresso attraverso i media, è uno dei principali metodi per ottenere l’attenzione dei potenziali clienti, è l’atto di comprare uno spazio di visibilità su piattaforme terze al fine di veicolare un dato messaggio.
Utilizzare i due termini in maniera succedanea è quindi un errore, farlo in ambito colloquiale è ormai prassi comune, ma occorre rimanere consci del fatto che si sta utilizzando una figura retorica e non la giusta terminologia.
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