Cosa significa "non c'è più religione" per un sociologo
"Non c'è più religione": solo un detto o una diagnosi della nostra epoca?
10min
"Non c'è più religione": solo un detto o una diagnosi della nostra epoca?
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Episodi di Sociologia Pop
Scienziati e scienziate della società, ben tornati ad un nuovo episodio 4books di Sociologia Pop, sono sempre io, Paolo Petrucci in arte Giovani Sociologi Crescono che parla. “Non c’è più religione” canta Vasco in una delle sue canzone più belle “Cosa succede in città”. “Non c’è più religione è anche il nome di un film commedia italiano di qualche anno fa. “Non c’è più religione” è un’ espressione che sentiamo sempre, in Italia è usatissima. È uno di quei detti che fanno parte del patrimonio linguistico Italiano. Mentre nella scorsa puntata abbiamo parlato di un tema abbastanza generico, astratto cioè relazione tra società ed economia, oggi vi provoco e faccio una puntata intera su un detto, su un tipico modo di dire Italiano. Oggi vi racconto cosa significa per un sociologo questa frase. Perché quando non hai niente a che fare con la sociologia e senti qualcuno che ti dice “non c'è più religione”, cosa ti arriva? Ti arriva un’espressione che comunica indignazione, stupore di fronte a episodi che vanno contro i costumi tradizionali, contro i tipici modi di fare o di dire di una società, i suoi valori, fine, basta. Ma se sei un sociologo o una sociologa, la cosa va oltre. Perché sei abituato a ragionare su ciò che è apparentemente scontato, tipo un modo di dire, quindi ti scatta nella testa un ragionamento ed è quello che vi racconto ora. Devo cacciare fuori un termine magico: allentamento dei vincoli istituzionali. Che cosa significa questa frase piena di parolacce. Vuol dire che gli individui nella società di oggi, tendono sempre meno ad essere vincolati ad essere influenzati dalle leggi morali della religione. Perché la religione ha perso importanza negli ultimi secoli, si è indebolita. A causa di che cosa? Principalmente del progresso, dell’avanzamento della razionalità a discapito del sentimentalismo religioso: la scienza e la tecnica hanno iniziato a guidare il mondo, a suggerire ai singoli cosa conveniva e cosa no. Fino al 1800 cosa era giusto e cosa no era suggerito dalla religione. Le leggi che seguivano gli individui sono iniziate ad essere leggi dello stato, fatte rispettare dallo stato, non più da un capo religioso. E secondo voi un fenomeno del genere potevano i sociologi lasciarselo sfuggire? Ma ovvio che no, ci si sono tuffati. Quello che farò ora infatti sarà raccontarvi delle riflessioni, degli studi di tre sociologi che hanno studiato questo fenomeno. Il primo è una riflessione di Bryan Wilson, un sociologo inglese, che ci spiega come la religione di oggi, abbia come dice lui “perso la plausibilità e la sua rilevanza sociale”. Il concetto ve l’ho parzialmente accennato poco fa, ma la sua analisi è ancora più affascinante perché lui ti parla della gradualità con cui la religione ha perso la plausibilità ed è stata sorpassata dalla scienza. Wilson ti dice fino al medioevo la religione ha sempre oppresso la scienza, durante il medioevo si sono iniziate ad affiancare, se ci pensate lo stato e la chiesa iniziano a competere in questo periodo, poi dal 1700 1800 in poi c’è il definitivo sorpasso della scienza sulla religione . Ma da dove gli è venuta l'ispirazione per fare questi ragionamenti? La risposta a questa domanda mi fa ridere ogni volta. I pub. Ma come i pub? Si i Pub. Wilson, che ripeto è inglese, nota quante ex chiese, ex cappelle siano convertite in pub nel regno unito tra gli anni ’60 e gli anni ’90. E osservando questo fenomeno si chiede: perché ciò è avvenuto? Questi fino a 2, 3 secoli fa erano posti sacri, oggi ci servono la birra dopo le partite. Da qui, da sociologo che è, scatta in lui una scintilla e inizia ad informarsi, a consultare le statistiche. Osserva che in vari sondaggi all'epoca si riscontrava un calo nel numero dei bambini battezzati, delle persone che fanno la comunione, e un aumento degli atei. Questi numeri uniti al suo ragionamento, lo fanno arrivare ad una conclusione: la religione ha perso la sua rilevanza a livello sociale. La sua capacità di dettare cosa è bene che cosa è sbagliato, la capacità di dare delle linee guida, ha perso veridicità. Questo potrebbe significare “non c'è più religione” per Wilson. Senza nemmeno farlo apposta il ragionamento ci porta alla seconda riflessione del secondo sociologo di oggi. Parliamo di Beck, il secondo sociologo polacco più famoso della sociologia, dopo ovviamente Bauman. Beck ci parla dell’individualizzazione. Ci siamo individualizzati, non c’è niente da fare, con l'indebolimento delle religioni, siamo tutti più egoisti. Perché? Partiamo da un presupposto: come ho detto tante volte nelle scorse puntate di questa serie podcast, un costrutto sociale, una religione o un valore da rispettare, è una specie di arma a doppio taglio. Da un lato limita, perché se tu non ti adegui alla religione di turno, puoi subire una sanzione dalla società in cui vivi. Provate a dire: “mi sento ateo” nella società medievale, e probabilmente verrete perseguitati. Quindi certo li può limitare gli individui, però attenzione, se da un lato li limita, dall'altro lato è anche vero che li guida. Perché una religione dà anche delle linee guida: il cristianesimo ha dato per secoli linee guida che hanno portato ordine alla società. Pensate ai 10 comandamenti: “non uccidere, non rubare…”, sono degli strumenti con cui la religione ti spingeva a sentire e rispettare la collettività. Se però la religione, che fino a pochi secoli fa ha sempre fatto questo, ora inizia a diminuire la sua influenza, ti dice Beck, di conseguenza le vite degli individui sono sempre più scollegate da queste leggi generali della morale, da questi vincoli. Gli individui sperimentano sempre più libertà, sempre di più, perché quel peso morale che c'era prima che faceva da controllore e ora non c'è più. Quindi gli individui sono diventati tutti più emancipati ed indipendenti, ma anche più individualisti ed egoisti. Ovviamente come sempre questa è una riflessione oggettiva Beck ti vuole solo far fare un ragionamento a riguardo. E che ragionamento devo dire, io per esempio personalmente sono ateo sono laico, non ho una considerazione estremamente positiva della religione, ma questo ragionamento devo riconoscere è piuttosto interessante. Quando l’ho letto mi ha fatto riflettere. Questo potrebbe essere il “non c'è più religione per Beck”. Tutto ciò ci porta al terzo e ultimo sociologo della puntata, è il mio preferito me lo sono tenuto per ultimo apposta: Anthony Giddens. Anthony Giddens ci parla di una trasformazione nel nostro modo di amare, nella nostra concezione di amore. Capito che intendo quando dico che la sociologia va nel pratico? Ecco addirittura adesso si parla di amore, proprio lui l'amore. Perché dico “trasformazione nel modo di amare”? Perché Giddens, chi dice che il nostro modo di amare è solo in parte determinato da noi stessi dalle nostre stesse persone, perché ognuno di noi, quindi sto parlando individualmente, ha un proprio modo di rapportarsi con le persone: un proprio carattere, una propria personalità fin qui nessun problema. Però non è solo deciso da questi elementi, è anche deciso dalla concezione di amore che la società ti impianta nella testa quando cresci. La concezione di amore della società perlomeno occidentale è cambiata negli ultimi decenni: con l'indebolimento della religione, dei sentimenti classici della tradizione dei secoli scorsi, si è passati dall'amore romantico a quello convergente. E di conseguenza nuove generazioni sono cresciute con un nuovo tipo di amore e di conseguenza con un nuovo e diverso modo di amare. Giddens ci spiega che una volta c'era l'amore romantico. L’amore romantico è quella visione di amore che oggi pian piano molte persone stanno lasciando, quell’idea secondo la quale il nostro scopo è quello di trovare l'anima gemella che ci completa con cui staremo bene per il resto della nostra vita. Indovinate un po’ che cosa vi sto per dire? È una concezione che ci siamo inventati noi, torniamo sempre lì come sempre. Perché la biologia non vuole ciò a tutti i costi, è una questione di cultura, che un certo punto dobbiamo sistemarci con una persona per sempre. Col tempo e la perdita di forza della religione questa visione ha lasciato spazio all’amore convergente, concezione molto differente: è un tipo di amore molto più libero dal vincolo dell’anima gemella, perché non si basa sul trovare la persona speciale, ma sul vivere una relazione speciale. Poi quanto quella relazione durerà, in modo, in che modalità, non è importante. Oltre a essere un amore più libero, mi permetterei di dire che è anche un amore più realistico, perché io seguo i miei sentimenti senza farmi vincolare dal fatto che mi devo mettere con una persona e rimanerci tutta la vita, ci devo fare una famiglia, dei figli e ci devo morire insieme. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un aumento di casi di amore convergente. Se Giddens ascoltasse la frase “non c'è più religione”, ti potrebbe fare questo discorso. Questo amore, il dannato amore fa passare il tempo e infatti siamo arrivati alla fine dell'episodio anche stavolta. E siccome ormai avrete capito che a me piace alternarne le tematiche, nel prossimo episodio, parliamo di una tematica opposta all'amore: parliamo di nazismo. E voi penserete “ma ne abbiamo sentito parlare 1000 volte”. Si ma stavolta ve lo racconterò dalla prospettiva sociologica, quindi attraverso riflessioni a cui probabilmente non avrete pensato. Lo faremo nella prossima puntata come sempre grazie per avermi ascoltato io sono Paolo Petrucci di Giovani Sociologi Crescono e questa è Sociologia Pop.