Esiste una ricchezza “sociale”? Sì, ed è in calo
Approfondisci il legame tra tecnologia, lavoro e relazioni sociali
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Episodi di Sociologia Pop
Scienziati e scienziate della società bentornati ad un nuovo episodio 4books di Sociologia Pop. Sempre io, Paolo Petrucci di Giovani Sociologi Crescono che parla. Come procede la vostra avventura sociologica in questa terza stagione? Alla fine della scorsa puntata vi avevo accennato che avremmo parlato di ricchezza, ma un tipo di ricchezza differente. Una ricchezza sociale infatti.
Una cosa affascinante della sociologia consiste, come tutti sappiamo, nel farti vedere la società in un modo nuovo, più scientifico, cosa a cui non siamo molto abituati. Tra le varie cose, questo include anche l'inventare dei nuovi concetti per analizzare la società, quindi concetti che fungano da indicatori per misurare degli aspetti della società. è il caso della puntata di oggi. Quando io dico “in questa puntata parleremo di “ricchezza sociale” a cosa mi riferisco? Mi riferisco al concetto di Capitale Sociale. Come lo possiamo definire? Come l’insieme di relazioni di cui dispone una persona e che questa persona può usare, sfruttare per i suoi scopi. Quindi prendendo il capitale sociale di te che mi stai ascoltando, il tuo capitale sociale è formato da i tuoi genitori, dai i tuoi fratelli sorelle se li hai, i tuoi amici, il tuo partner, o i tuoi partner, gli altri parenti, i tuoi colleghi e così via. Quindi tutta quella valigia di legami sociali a prescindere da tipo e intensità, di cui un individuo dispone. È quella rete sociale di rapporti umani che aggiungono valore alla mia vita, mi fanno sentire meno solo. Inoltre, possiamo anche vederlo come quel collante sociale che fa sentire unite le persone della nostra società, e si manifesta attraverso le reti sociali, il sentirsi parte della stessa società. Quello del capitale sociale è un concetto molto famoso e ricorrente nella sociologia. Quindi per questa puntata invertiamo il trend, al titolo stavolta rispondo all’inizio: sì, esiste una ricchezza sociale, è quella che vi ho descritto fino ad ora, ed è data dal capitale sociale. I membri di una società possono avere più o meno capitale sociale, a seconda del tipo di società, se promuove più o meno l’individualismo o più o meno il collettivismo. Generalmente parlando, poi ovviamente c’è caso e caso. Quindi una ricchezza sociale esiste, il punto è che c’è un però, altrimenti la puntata finirebbe qui. Il però in questione è che questa ricchezza, questo capitale sociale, sta diminuendo, è in calo. Questo perlomeno è il pensiero di Robert Putnam, sociologo americano classe 1941. Lui ha prodotto uno studio empirico vero e proprio, veramente interessante sull’andamento del capitale sociale nella società americana. Ha individuato un periodo, che generalmente va dal secondo dopoguerra agli anni Novanta, e poi ha detto: “cerchiamo di misurare l’andamento del capitale sociale in questo periodo di circa mezzo secolo, e vediamo se e come è cambiato”. Qui siamo nella sociologia empirica vera e propria, quindi non quella teorica che di solito vi racconto. E per misurarlo effettivamente questo capitale sociale cosa ha fatto in questa ricerca? Ha creato vari indicatori con cui ha analizzato a sua volta vari aspetti che secondo lui potevano segnare capitale sociale: partecipazione politica e in generale alle associazioni, frequenza delle attività religiose, partecipazione ai sindacati, atti di socialità informale, quindi uscite, feste delle persone, tassi della fiducia tra le persone, filantropia anche, per esempio tassi di beneficenza e così via…Una sezione empirica bella grossa eh ragazzi, è una rosa ricca. Probabilmente vi stareste chiedendo: “ok Paolo questo è ciò che ha analizzato, ma come lo ha analizzato, questi dati come sono stati costruiti?”. Seguitemi qui perché è veramente geniale il lavoro di Putnam e dei collaboratori ovviamente. Allora di base lui ovviamente come fonti standard utilizza una marea di sondaggi scientifici e commerciali, così come anche vari indicatori che sono accurati perché istituzionali. Cosa intendo dire? La frequenza di partecipazione alle associazioni, sono dati istituzionali registrati dai comuni, dallo Stato insomma quello che sia. Oppure i tassi elettorali: quante persone sono andate a votare e quante no, anche questo è registrato dalle istituzioni, sono tutti i dati registrati ufficialmente. Poi però, qui arriva la parte interessante, siccome non era facile misurare tutti questi aspetti all'indietro, perché per quello che riguarda gli anni 40-50-60 a lui ancora non era venuto in mente di misurare questi aspetti, per cui non è che poteva andare indietro nel tempo e trovare o condurre sondaggi nei decenni precedenti, così come non era facile misurare altri tipi di aspetti difficilmente misurabili con i sondaggi, allora lui è il suo team hanno dovuto cercare altri dati per poter misurare questi aspetti. Quindi oltre a quelle fonti standard che vi ho citato sono state utilizzate secondariamente in questa analisi fonti alternative. Per esempio gli andamenti delle vendite di quegli oggetti che sono associati a palesi forme di socialità. Vi faccio un esempio: le carte da gioco. Le carte da gioco abbiamo palesi motivi per ritenere che quando vendute molto indicano una società che nel tempo libero vuole giocare a carte, e giocare a carte lo fai in gruppo, è una forma di socialità. Ecco questo era un esempio solo. Quindi lui traccia gli andamenti delle vendite di quegli strumenti che sono utilizzati per le forme di socialità. Poi cerca anche i tassi e i dati fiscali relativi alle beneficenze che siano religiose oppure dei privati filantropi, e così via. Sono tutti dati sostitutivi, sostitutivi perché lui non poteva ripeto tornare indietro nel tempo e condurre o trovare sondaggi sulla società americana dei decenni precedenti. Quindi sostitutivi però tutto sommato affidabili. Vedete che ingegno? Dopo questo è il bello della sociologia, siccome noi non misuriamo oggetti inanimati, cioè noi sociologi e sociologhe, non misuriamo oggetti inanimati, come per esempio fa un fisico o un ingegnere, ma studiamo esseri umani con una propria volontà, proprie idee, propri significati, allora di conseguenza in alcuni casi è richiesto di trovare dati alternativi, di essere un po' flessibili, quindi ci è anche richiesto un pochino di ingegno, di elasticità mentale. Tipo il caso di Robert Putnam e tutti i suoi collaboratori. Faccio un esempio: tu studi ingegneria, il tuo oggetto di studio non ha una coscienza, è inanimato. Il mio no, il mio è un casino: è animato, va in giro va cazzate, dichiara guerre, odia, poi ama, poi crea legami, poi crea la sua cultura, ogni cultura ha i suoi valori diversi, costruisce dei costrutti sociali e poi se ne fa influenzare, è un casino. Quindi certe volte è richiesta flessibilità.
E insomma dopo tutto questo, Putnam arriva alla conclusione che il capitale sociale della società americana dal dopoguerra agli anni ‘90 fa una curva ad U invertita: vuol dire che fino agli anni ‘70 aumenta, poi diminuisce, e scende, scende, scende. La ricchezza sociale quindi è in calo. Tutta questa rete descritta fino ad ora sta scendendo, sta calando. E a questo punto ci chiediamo a causa di che cosa. Putnam identifica varie cause. Il motivo riguarda la società in generale ovviamente per il sociologo, ma ci sono cause specifiche, e ne sono più di una. La televisione è una di queste: l’aumento del tempo passato a guardare la televisione spiega molto del declino della partecipazione sociale per Putnam. Uno strumento apparentemente poco determinante in realtà lo è, soprattutto considerando che parliamo del periodo in cui si sviluppa e si diffonde a manetta, e cambia la società. È difficile immaginarla così determinante oggi la televisione perché ci siamo nati e cresciuti, e la diamo per scontata, ma ai tempi è stato così. E per quale motivo è una causa del declino del capitale sociale? Tre cause individua. Per prima cosa occupa tempo: più o meno 4 ore al giorno in media, Putnam nota che corrisponde quasi alla metà del tempo libero dell’americano medio. Le persone stanno davanti alla televisione circa quattro ore al giorno e quindi tolgono tempo a quelle attività sociali che prima della televisione erano soliti fare. Secondo, per il nostro produce nelle persone un umore non particolarmente soddisfatto e rilassato, un umore quindi che non stimola molto la vita sociale. Ed è molto curioso come questo sia un sacco simile a quanto i social oggi causino lo stesso problema: un umore non particolarmente soddisfatto, ma questo è un altro discorso. Terzo motivo è che i contenuti della televisione stimolano comportamenti anti-sociali, è collegato al secondo. Un’altra causa oltre la televisione del declino del capitale sociale, consiste nelle trasformazioni del mondo del lavoro. Per esempio maggiore ansia nei confronti del mondo lavorativo, probabilmente dovuta a industrializzazione, concorrenza. è una maggiore ansia che non stimola comportamenti pro sociali nella società americana. Una terza causa è l’aumento dei residenti nelle aree suburbane, questa è interessante. Perché la densità di popolazione è palesemente minore rispetto a quella o dei centri di quelle città, oppure direttamente dei paesi. Sarebbero i famosi quartieri residenziali dei film delle città americane. C’è una densità di popolazione minore, quindi rende la socialità meno frequente rispetto agli altri centri ecco. Avete presente quei film americani in cui le case sono a 20, 30 metri di distanza l'una dall’altra? Ecco. Quarto motivo del calo di capitale sociale per Putnam: il cambio generazionale. Dalla ricerca il sociologo nota che quella parte di americani nata tra il 1900 e il 1935 ha valori di reti sociali e socialità ben più elevati delle successive. La parte di popolazione più recente invece analizzata sempre nello studio li ha più bassi. Questo punto è interessante perché Putnam ci spiega come questo punto si ricolleghi a quello della televisione: la parte più giovane di popolazione è cresciuta in un mondo in cui quelle famose quattro ore circa di media al giorno erano dedicate alla televisione e non al socializzare, all'uscire allo stare con i propri simili. Adesso parlo due secondi soltanto a quelli come me nati nel 2000 o dopo: avete presente quando i nostri genitori ci dicevano “ai miei tempi io non stavo così tanto davanti alla televisione, ero a giocare a calcetto vivevo la strada, e tornavo a casa col ginocchio sbucciato però felice” il ritornello del padre Italico. C'è anche un'altra cosa, la generazione più vecchia ha vissuto l'esperienza per forza collettivizzante della Seconda Guerra Mondiale. Che intendo dire con “per forza collettivizzante"? Che era una generazione che era stata forzata all'impegnarsi, al resistere insieme, a prendere parte al conflitto, che fosse in modo diretto indiretto, per cui era unita. Queste erano le principali motivazioni che hanno portato secondo Robert Putnam in questa ricerca a studiare il calo della ricchezza sociale, il calo del capitale sociale. Secondo me è veramente interessante come riflessione secondo me. Voi che cosa ne pensate? Avete riflessioni a riguardo? Vi identificate in quello che raccontava Putnam? Ve lo chiedo perché mentre ci riflettete, siamo arrivati alla fine di questa puntata più empirica e più pratica rispetto alle altre. Grazie per l’ascolto, vi saluto e vi dò appuntamento alla prossima puntata. Io sono Paolo Petrucci di Giovani Sociologi Crescono e questa è Sociologia Pop.