Il rapinatore nei film non è mai stupido
Impara a riconoscere le motivazioni dietro un crimine
10min
Impara a riconoscere le motivazioni dietro un crimine
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Episodi di Sociologia Pop
Scienziati e scienziate della società bentornati a tutti ad un nuovo episodio 4books di sociologia Pop. Sempre Paolo Petrucci in arte Giovani Sociologi Crescono che parla. Nella scorsa puntata abbiamo toccato la sfera politica, oggi è il momento della puntata criminologica che almeno una a stagione bisogna farla, è un appuntamento fisso. La sacrosanta e affascinante sociologia della devianza, guai a chi ce la tocca. Oggi faccio un po’ tipo i podcast di criminologia che vanno molto oggi, in cui vengono raccontate le storie dei crimini, poi capirete perché. È inutile aggiungere tante chiacchere: il rapinatore nei film non è mai stupido, anzi. Parlo soprattutto dei rapinatori, quelli da colpi grossi. Pensa a Clive Owen in Inside Man, pensa Washington e Wahlberg in Cani Sciolti, pensa al capolavoro The Heat in cui il rapinatore è De Niro e così via. Ce ne sono tantissimi di esempi. È piuttosto raro trovare un film che dipinge come uno stupido un soggetto che fa tale lavoro, a meno che non sia fatto apposta. Perché ciò? Come mai? Prima di spiegarvelo però magari alcuni di voi a Sociologia Pop si staranno chiedendo cos’è questa sociologia della devianza, quindi vi spiego al volo la parte di sociologia che vi racconto oggi. Che cos’è la sociologia della devianza? Possiamo definirla come quella branca della sociologia che studia l’insieme di comportamenti che violano le norme riconosciute come valide in una società. Quindi si chiede: “quali sono quelle norme che sono considerate accettate, giuste, che ti portano ad essere giudicato se le infrangi?”. E dopo essersi chiesta ciò, studia quali sono i comportamenti di chi le infrange, e tutto ciò che c’è intorno: come le infrange, perché, le cause e così via. Attenzione: con il termine “norme” la sociologia della devianza non intende solo le norme giuridiche ma anche quelle sociali. Se io ti dico “norme” a te che non studi sociologia, tu penserai a quelle norme tipo la legge, la costituzione, ma non si intendono soltanto le norme giuridiche. Si intendono anche quelle sociali, cioè quei comportamenti considerati giusti da perseguire, che non sono disciplinati dalla legge. Tipo rispettare la fila alle poste, non emettere suoni strani con la bocca a tavola. Se le infrangi, vieni sanzionato solo socialmente, cioè “guarda questo che maleducato che è". Non è che vieni sanzionato anche giuridicamente, tipo che ti scatta una multa o il carcere. Dall’altra parte le norme giuridiche sono quelle in cui vieni sanzionato anche giuridicamente da un'istituzione ufficiale, fissa, formale, tipo lo stato nella maggior parte dei casi. Se aggredisci uno sconosciuto, non hai come nel primo caso solo la condanna sociale cioè “guarda questo che violento!” e basta. No, hai anche la condanna giuridica: arriva la polizia, paghi una multa o vai in galera probabilmente. Questa è una distinzione molto interessante che ci insegna la sociologia della devianza. Poi c’è anche un’altra cosa, che il concetto di devianza, si è molto sociologico si può dire, ma è anche stato studiato da un sacco di altre discipline tipo filosofia, medicina, psichiatria e psicologia. Comunque, la sociologia della devianza ha due obiettivi principali. Il primo è quello di descrivere: cosa e come. Descrive i fenomeni, i comportamenti, le caratteristiche dei protagonisti che violano le norme. Così come le reazioni degli attori non devianti, tipo le istituzioni. Poi arriva al secondo obiettivo, che è quello di spiegarla la devianza: quindi indaga quali sono quei fattori sociali, quelle motivazioni individuali che contribuiscono a creare la devianza. Ora che ci siamo inquadrati, possiamo addentrarci nella puntata vera e propria. E lo faccio raccontandovi una storia inventata, anzi due storie inventate, di due persone diverse. Partite con l’immaginazione. La prima è la storia di Filippo, 50enne italiano medio, sta divorziando, la moglie lo ha sbattuto fuori casa, e dorme in un seminterrato, vede i suoi figli una volta a settimana. Filippo arriva a lavoro e scopre anche che verrà licenziato per taglio del personale, il colmo. Potete immaginare lo stato psicologico di Filippo. Inizia a non avere i soldi nemmeno per comprarsi le uova e l’insalata, la situazione sta diventando grave. Quando risale in macchina dopo il lavoro e dopo la giornataccia che ha avuto, dopo la notizia di licenziamento, siccome ha la testa piena di pensieri, è stressato, in preda ad un attacco di nervosismo, non si accorge che ha superato il limite di velocità. La polizia lo ferma e lo multa, ciliegina sulla torta. Filippo esplode. Esplode, non ce la fa più. Inizia ad urlare, lì è quando non sei in te, non sei lucido, aggredisce il poliziotto lo prende per il colletto scuotendolo, lo sbatte sulla macchina e lo getta a terra. Filippo commette un crimine, aggressione a pubblico ufficiale in questo caso. Bloccate questa storia. L’altra storia invece è quella di Michele. Michele, sulla carta è un rappresentante d’azienda, però sotto sotto ha un'altra identità: è un rapinatore. Ma un rapinatore, come dicevo prima a livelli alti, non è quello che va in giro e ruba i 400 euro dal negozietto sotto casa. Lui fa proprio colpi grossi a livelli alti, alle banche, ai depositi. E questo fine settimana ha l’ennesimo colpo da fare, sono decenni ormai che è sul campo. Arriva il giorno fatidico e scatta l’operazione, la sua banda è quella da anni, e tutto va come deve andare. Le tempistiche sono rispettate, ogni membro della banda ha il suo ruolo, chi fa il palo, chi tiene a bada i clienti e il personale della banca facendoli rimanere a terra, quello che fa finto cittadino qualunque perso nel pubblico che in realtà è complice della banda ed uscirà nel momento del bisogno, ed ovviamente Michele che nel frattempo sta svuotando tutte le casse della banca. Il colpo riesce, tornano tutti a casa con una barca di soldi. Poi se in futuro Michele verrà individuato e arrestato adesso a noi non importa. Era un po' americaneggiante come esempio, c’erano quegli stereotipi dei film però mi serviva per farvi capire. Ora: entrambi Filippo e Michele hanno commesso un crimine, ma hanno commesso due tipi di crimini molto diversi tra loro. Che differenza c'è secondo voi tra Filippo e Michele? Rifletteteci un attimo. Sì di certo la vita di Filippo è più noiosa di quella di Michele, questo è poco ma sicuro, ma a parte questo. La differenza tra ciò che ha commesso Filippo e ciò che ha commesso Michele. Filippo ha commesso un reato espressivo, Michele ha commesso un reato strumentale. Attenzione qui: i primi sono quelli che tu fai spinto da un emozione, aggredisci un poliziotto, tipo il caso di Filippo, perché è un periodo della tua vita carico di stress e non ce la fai più. È istintivo, ci fate caso? Non è ragionato. I reati strumentali invece sono quelli in cui l’obiettivo è ottenere un bene materiale, perseguendo quell’obiettivo in modo lucido, standoci con la testa, razionale. Rapinare una banca non lo fai in preda ad un attacco di frustrazione, o perché è una brutta giornata. Deve essere ultra organizzata, lucidamente organizzata. Sei tutto meno che stupido o istintivo se riesci a rapinare una banca. Ecco perché il rapinatore nei film non è mai stupido, perché semplicemente non lo è. I reati che commette sono strumentali: hanno il fine di ottenere un bene materiale, e quindi devono essere lucidi, devono essere fatti apposta e organizzati. Non sarà mai istintivo e poco lucido uno che rapina un negozio, e se lo è finisce male nel caso, tipo la coppia in Pulp Fiction che infatti viene poi fermata da Samuel L. Jackson. Appunto. Tenere in considerazione questa differenza è molto importante perché ci permette di guardare sociologicamente al mondo del crimine e della devianza con uno strumento di classificazione molto comodo. La differenza tra reati espressivi e strumentali è basata sullo scopo, sul significato che tu dai o non dai a quel reato, e i processi di attribuzione del significato alle azioni così come lo scopo attribuito ad un'azione, sono una parte fondamentale dello studio sociologico. La cosa interessante è che qui è usata in chiave di sociologia della devianza. Poi ovviamente ci sono sfumature del discorso, io se ci fate caso vi ho riportato due esempi estremi e chiari per farvi capire, poi la realtà dei fatti è più particolare e sfumata. Però è ultra interessante quando si toccano due argomenti che sono i reati da un lato, e i significati attribuiti alle azioni dall’altro. La prossima volta che vedrete un film poliziesco pensateci. Pensate a questa puntata. Soprattutto visto che siamo arrivati alla fine dell’episodio. Grazie a tutti e tutte come sempre per l’ascolto di questo nuovo episodio miei cari rapinatori, no scherzo, non rapinate. Nella prossima puntata tocchiamo anche un po’ la storia: infatti vi parlo di una cosa che Roosevelt, Hitler e Lenin avevano in comune, anche se può sembrare assurdo, ma secondo una certa lettura avevano in comune. Ma non vi anticipo nulla. Intanto per questa puntata vi saluto. Io sono Paolo Petrucci di Giovani Sociologi Crescono e questa è Sociologia Pop.